Il Patto Ribbentrop–Molotov ha profondamente influenzato il corso della storia europea e mondiale del XX secolo. Ad esso sono stati dedicati numerosi studi che hanno cercato di indagare sia la natura di un trattato tra due potenze contrapposte dal punto di vista ideologico che le implicazioni di breve e lungo periodo per la politica internazionale in conseguenza dell’intesa sovietico-tedesca. Tuttavia, nonostante la grande messe di articoli e volumi finora pubblicati, si è sentita l’esigenza di approfondire lo studio di questioni che potrebbero sembrare minori rispetto al nucleo sostanziale del Patto ma che in realtà nel loro sviluppo politico e diplomatico hanno dato forma e sostanza all’evoluzione dello stesso. Infatti l’accordo nazi–sovietico dell’agosto del 1939 non si comprende completamente se non viene analizzato anche alla luce delle sue ricadute su ognuno degli attori che direttamente o indirettamente ne furono toccati. Questa è stata l’idea all’origine dell’organizzazione del convegno internazionale L’Italia e il Patto Ribbentrop–Molotov, 1939–1941, che si è svolto a Roma presso l’Istituto di Finlandia e l’Istituto italiano di Studi Germanici nel maggio–giugno del 2012 e di cui il presente volume raccoglie - a circa un anno di distanza - la totalità dei contributi allora presentati.
DAL TESTO – “All'inizio degli anni Trenta […] le relazioni tra 1'Italia fascista e la Russia sovietica non intendevano escludere la Germania, persuadendola a concepire i rapporti internazionali non in base alla contrapposizione ideologica, ma nella prospettiva della sicurezza nazionale e transnazionale, dell'interesse nazionale e dello scambio economico. L'Urss non voleva l'isolamento della Germania ed era orientata verso una riproposizione del modello di Rapallo; dal canto suo, l'Italia desiderava mostrare alla Germania i vantaggi di un rinnovato accordo con l'Urss, distogliendo l'attenzione tedesca dalla questione del Sud Tirolo. Il patto italo-sovietico mutuava quei principi di diritto internazionale formulati dal Comitato per la questione della sicurezza (presieduto da Nicolas Politis e istituito nell'ambito della conferenza per il disarmo) nell'Atto relativo alla definizione di aggressore e dalla Convenzione del 3 luglio 1933 (siglata da Lettonia, Estonia, Polonia, Romania, Turchia, Urss, Persia e Afghanistan) che avevano definito il concetto di aggressione. La definizione di aggressione, proposta dall'Urss e recepita dal diritto internazionale, era basata su un'idea centrale: aggressore è lo Stato che per primo impiega la forza armata contro il territorio o contro le forze armate di uno Stato straniero. Per essere definito aggressore uno Stato avrebbe dovuto compiere per primo uno dei seguenti atti di guerra: 1) dichiarazione di guerra a un altro Stato; 2) invasione armata del territorio di un altro Stato senza aver dichiarato guerra; 3) attacco con forze terrestri, marittime e aeree, senza dichiarazione di guerra, del territorio e delle forze armate di un altro Stato; 4) blocco navale delle coste o dei porti di un altro Stato; 5) sostegno, aiuto e protezione di bande armate da inviare sul territorio di un altro Stato.”
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