Attraversare la Storia
Se la Storia è in gran parte una questione di formule e di narrazioni, alle quali contribuiscono — in maniera decisiva — considerazioni di carattere politico, culturale e morale, si potrà ben intuire in quale maniera il mondo occidentale abbia provveduto a individuare (nel percorso di evoluzione cronologica dell’uomo) epoche di progresso e di arretramento, di splendore e di panico, di fioritura artistica e di imbarbarimento e per quali ragioni una visione a tal punto manichea della realtà possa essere stata assunta nell’opinione comune, spesso, in maniera quasi completamente acritica. La volontà e, specialmente, il bisogno di credere in una società in grado di raggiungere lo stato più elevato della perfezione (secondo una visione costantemente autoreferenziale dell’esistere e dell’accadere) hanno indotto l’uomo contemporaneo a esaltare, oltre misura, la carica progressistica di quei periodi storici segnati da uno sviluppo sensibile della cultura e delle scienze, occultandone i caratteri deteriori (o, in questo caso, quelli maggiormente reazionari). Sebbene l’immagine stereotipa che ne è stata prodotta riassuma diversamente lo spirito del tempo, è proprio nel corso del Rinascimento, così come durante il Secolo dei Lumi, che la società sembra essere investita da angosce e da profondi timori, come mette in luce Pierfranco Pellizzetti in Storia della paura: gli inconfessabili retropensieri collettivi dell’Occidente (Mimesis, pp. 206, euro 18). A prendere campo, in questi casi, è «quell’involuzione nella rivoluzione che avviene tutte le volte in cui la rimessa in moto di fattori materiali e spirituali rompe le nicchie rassicuranti delle certezze consolidate in tradizione (e) la mente si libera delle gabbie protettive/ossessive create dal pensiero magico/religioso. Si inizia ad avanzare nell’ignoto. Una situazione che atterrisce, che determina paura del futuro».
Un dialogo tra le fonti
Dando vita a un eccellente dialogo tra le fonti, Pellizzetti realizza (in modo particolare all’interno dei capitoli iniziali) una analisi di grande interesse, che riesce efficacemente a inquadrare l’argomento da un punto di vista teorico. L’autore si rivela in grado, soprattutto, di stimolare una riflessione per nulla scontata sugli elementi di maggior rilievo politico e culturale, descrivendo — anche grazie alla grande varietà di riferimenti storico-letterari — una traiettoria dal grande respiro storico. Tuttavia, nel procedere del discorso sembra disperdersi la compattezza del pensiero, impegnato in analisi progressivamente più specifiche e meno brillanti. Sebbene attentamente compilate, la sezione centrale del libro e quella conclusiva appaiono (fatta eccezione per brevi passaggi) prevedibili nella loro articolazione e nei contenuti, quando non visibilmente inficiate dalle antipatie teoriche e politiche dell’autore stesso.
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