Franco Cardini: Il grande blu. Il Mediterraneo, mare di tesori: avventure, sogni, commerci, battaglie, prefazione di Gianni Bonini, Nuova editoriale Florence Press 2014, pagine 207, € 15
Risvolto
Franco Cardini, lo storico principe delle
crociate, si cimenta in una rilettura storica e civile del Mediterraneo,
il continente liquido di Braudel, le sue vicende umane, i conflitti
etnici e religiosi, l'eterna lotta per il predominio, insomma una
sintesi storica che si dipana tra i mille capitoli della sua
rottura-unità che non conosce tregua da oltre seimila anni, fin dai
tempi in cui i primi fragili vascelli piatti senza chiglia cominciarono a
solcarlo. E lo fa con la consueta capacità di andare oltre la
contrapposizione di Europa ed Asia fissata per la prima volta da Eschilo
nei Persiani, per narrare un racconto di avventure, sogni, commerci e
battaglie, da Sargon il Grande alle cosiddette primavere arabe: un mare
di tesori dall'identità più meticcia e interdipendente di quanto
comunemente si pensi.
Risvolto
Il Mediterraneo è davvero un “continente liquido”,
un luogo di millenari scambi, o un mare che al contrario tiene
reciprocamente lontane le genti che su di esso si affacciano? È il mare
dei confronti o il mare degli scontri di civiltà? Partendo da un esame
della letteratura specialistica recente, questo libro propone alcune
risposte in una direzione destinata per sua natura a rimanere aperta, in
un affascinante affresco esteso dalla più remota antichità ai nostri
giorni.
Fedi, culture e conflitti del Mediterraneo sotto la lente di Franco Cardini
Quelle guerre sante di Cardini sulla scia di Omero e Sciascia 16 nov 2014 Libero
Il Grande Blu, come lo chiamano i francesi, il mare color di porpora come lo definiva Omero, il mare color del vino per dirla con Leonardo Sciascia, ha cominciato a perdere centralità da quando è diventato del colore verde dell'Islam.
Dopo il dominio africano di Egizi e Cartaginesi, e quello europeo di Greci e Romani, il Mediterraneo ha smarrito il privilegio di essere culla della civiltà per via del dominio asiatico di Arabi e Turchi. È la tesi classica dello storico belga Henri Pirenne che Franco Cardini in parte riprende e in parte contesta nel suo ultimo saggio Il grande blu ( Florence Press, pp 208, euro 15), di cui ha parlato durante l'evento di Bookcity Guerre sante: ieri e oggi. L'autore, da un lato, riconosce la forza distruttiva di scorrerie e attacchi saraceni, capaci di trasformare una fonte di ricchezza quale il mare in strumento di devastazione e impoverimento, con conseguenti «drastica flessione delle attività nautiche, impicciolirsi o addirittura scomparire di porti e centri costieri cristiani, contrarsi e rarefarsi dell'economia monetaria, ansia e paura diffuse»; dall'altro, tuttavia, sostiene che il ridimensionamento del Mediterraneo sia da attribuire a una serie di concause, non riducibili alla semplice pressione dei corsari musulmani. Quattro date indicano comunque quanto nell'antichità si sia realizzata un'idea di koiné, cioè di spazio comune mediterraneo, mai più ricreatasi nel Medioevo con l'affermazione dell'Islam. Nel 480 a.C., ad esempio, le città greche, dopo le storiche battaglie di Imera e Salamina, poterono disseminare il mare di colonie, dando vita a una rete commerciale e linguistica piuttosto omogenea nel Mediterraneo. Nel 212 d.C. Roma seppe far di meglio, concretizzando a livello politico il sogno di unità mediterranea: con la Constitutio Antoniniana di Caracalla tutti gli abitanti delle regioni aggettanti sul mare nostrum poterono godere dello status di cittadini romani. A ciò si aggiunse presto anche l'unificazione religiosa, grazie al riconoscimento del cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero e quindi del Mediterraneo. Quella comune appartenenza istituzionale e culturale non si sarebbe mai più ripetuta nella storia. Ci provarono gli arabi, con le armi, tra VII e VIII secolo, ma la sconfitta di Poitiers del 732 segnò la fine delle aspirazioni musulmane all'unificazione del Mediterraneo.
E ci riprovarono i Turchi Ottomani nel 1453, quando la caduta di Costantinopoli parve avviare la conquista dell' Europa da parte dell'Islam; ma prima l'albanese Skanderbeg e il valacco Vlad III e poi la flotta veneziana a Lepanto fecero tramontare l'idea di piantare dovunque, nelle città mediterranee, la bandiera con la mezzaluna. Scongiurando il rischio di trasformare il nostro continente in un'appendice delle terre del Sultano.
Quelle guerre sante di Cardini sulla scia di Omero e Sciascia 16 nov 2014 Libero
Il Grande Blu, come lo chiamano i francesi, il mare color di porpora come lo definiva Omero, il mare color del vino per dirla con Leonardo Sciascia, ha cominciato a perdere centralità da quando è diventato del colore verde dell'Islam.
Dopo il dominio africano di Egizi e Cartaginesi, e quello europeo di Greci e Romani, il Mediterraneo ha smarrito il privilegio di essere culla della civiltà per via del dominio asiatico di Arabi e Turchi. È la tesi classica dello storico belga Henri Pirenne che Franco Cardini in parte riprende e in parte contesta nel suo ultimo saggio Il grande blu ( Florence Press, pp 208, euro 15), di cui ha parlato durante l'evento di Bookcity Guerre sante: ieri e oggi. L'autore, da un lato, riconosce la forza distruttiva di scorrerie e attacchi saraceni, capaci di trasformare una fonte di ricchezza quale il mare in strumento di devastazione e impoverimento, con conseguenti «drastica flessione delle attività nautiche, impicciolirsi o addirittura scomparire di porti e centri costieri cristiani, contrarsi e rarefarsi dell'economia monetaria, ansia e paura diffuse»; dall'altro, tuttavia, sostiene che il ridimensionamento del Mediterraneo sia da attribuire a una serie di concause, non riducibili alla semplice pressione dei corsari musulmani. Quattro date indicano comunque quanto nell'antichità si sia realizzata un'idea di koiné, cioè di spazio comune mediterraneo, mai più ricreatasi nel Medioevo con l'affermazione dell'Islam. Nel 480 a.C., ad esempio, le città greche, dopo le storiche battaglie di Imera e Salamina, poterono disseminare il mare di colonie, dando vita a una rete commerciale e linguistica piuttosto omogenea nel Mediterraneo. Nel 212 d.C. Roma seppe far di meglio, concretizzando a livello politico il sogno di unità mediterranea: con la Constitutio Antoniniana di Caracalla tutti gli abitanti delle regioni aggettanti sul mare nostrum poterono godere dello status di cittadini romani. A ciò si aggiunse presto anche l'unificazione religiosa, grazie al riconoscimento del cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero e quindi del Mediterraneo. Quella comune appartenenza istituzionale e culturale non si sarebbe mai più ripetuta nella storia. Ci provarono gli arabi, con le armi, tra VII e VIII secolo, ma la sconfitta di Poitiers del 732 segnò la fine delle aspirazioni musulmane all'unificazione del Mediterraneo.
E ci riprovarono i Turchi Ottomani nel 1453, quando la caduta di Costantinopoli parve avviare la conquista dell' Europa da parte dell'Islam; ma prima l'albanese Skanderbeg e il valacco Vlad III e poi la flotta veneziana a Lepanto fecero tramontare l'idea di piantare dovunque, nelle città mediterranee, la bandiera con la mezzaluna. Scongiurando il rischio di trasformare il nostro continente in un'appendice delle terre del Sultano.
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