domenica 16 novembre 2014

Anche Hegel in mano agli analitici diventa una noia mortale

Danielle Macbeth: Realizing Reason: A Narrative of Truth and Knowing, Oxford, Oxford University Press, pagg. xii+494, $ 60,00

Risvolto
Realizing Reason pursues three interrelated themes. First, it traces the essential moments in the historical unfolding--from the ancient Greeks, through Descartes, Kant, and developments in the nineteenth century, to the present--that culminates in the realization of pure reason as a power of knowing. Second, it provides a cogent account of mathematical practice as a mode of inquiry into objective truth. And finally, it develops and defends a new conception of our being in the world, one that builds on and transforms the now standard conception according to which our experience of reality arises out of brain activity due, in part, to merely causal impacts on our sense organs. Danielle Macbeth shows that to achieve an adequate understanding of the striving for truth in the exact sciences we must overcome this standard conception and that the way to do that is through a more adequate understanding of the nature of mathematical practice and the profound transformations it has undergone over the course of its history, the history through which reason is first realized as a power of knowing. Because we can understand mathematical practice only if we attend to the systems of written signs within which to do mathematics, Macbeth provides an account of the nature and role of written notations, specifically, of the principal systems that have been developed within which to reason in mathematics: Euclidean diagrams, the symbolic language of arithmetic and algebra, and Frege's concept-script, Begriffsschrift.


Pensare razionalmente
Danielle Macbeth, studiosa di Frege, parte anche stavolta dal grande matematico per riprendere la teoria della logica e Hegel

di Ermanno Bencivenga Il Sole Domenica 16.11.14

Il confronto fra Hegel e la tradizione si svolge sul piano della logica: la dottrina del logos, del discorso significante. Da un lato la logica aristotelica, analitica, per cui il significato è un insieme di tratti, stabilito una volta per sempre (il significato di «umano» è «animale razionale») e in rapporto di irriducibile opposizione con tutto quanto ne viene escluso (un malato terminale di Alzheimer non è umano); dall'altro la logica dialettica hegeliana, per cui il significato è un processo narrativo che ripetutamente affronta crisi e contraddizioni e le supera, trascendendo sue fasi precedenti in una versione più matura (e un malato terminale di Alzheimer potrebbe rivelare una più elevata umanità).
Ove si escludano l'ingombrante presenza del pensiero marxiano e fenomeni periferici come il neoidealismo italiano di Croce e Gentile, la filosofia dell'ultimo secolo è vissuta nell'oblio, quando non nell'esplicita contestazione, di Hegel. Ciò nonostante, versioni e frammenti di logica dialettica sono emersi per ogni dove: negli spostamenti di Freud, nelle somiglianze di famiglia di Wittgenstein, nelle genealogie di Nietzsche e Foucault, nelle derive decostruzioniste. A rimanere indenne da questo contagio, finora, era stata la logica formale di matrice prima tedesca (Frege, Hilbert, Carnap) e poi angloamericana (Russell, Church, Kripke), governata da un aristotelico orrore per la contraddizione e quindi dolorosamente turbata dalla prova gödeliana che non sarà mai possibile, per nessuna teoria significativa, assicurarsi che la contraddizione non la infetti. In tempi recenti si è cominciato ad avvertire in proposito qualche cambiamento: logici formali come Robert Brandom e Graham Priest hanno preso ad analizzare testi hegeliani; si moltiplicano convegni sui rapporti fra logica dialettica e logica formale; ed escono libri, come Realizing Reason di Danielle Macbeth, che occhieggiano a un incontro fra Hegel e la logica contemporanea.
Macbeth è una studiosa di Frege, sul quale ha già pubblicato (nel 2005) Frege's Logic. E anche qui il suo lavoro è centrato su Frege, più precisamente su una dimostrazione contenuta in Begriffsschrift (Scrittura per concetti, 1879) che, sostiene Macbeth, per quanto condotta in modo rigoroso a partire da assiomi e definizioni, risulta estensiva della nostra conoscenza, nel modo in cui erano intesi essere i giudizi sintetici a priori di Kant (ma non quelli analitici, di cui dovrebbe essere costituito il sistema fregeano). Raccogliendo e articolando così la metafora dello stesso Frege che le sue conclusioni sono contenute nelle definizioni non come delle travi sono contenute in una casa, ma come delle piante sono contenute nei loro semi.
La metafora di Frege ha un ovvio sapore hegeliano e allude a uno dei punti forti della logica dialettica: Aristotele ha gravi difficoltà a dar conto dell'identità, diciamo, di Socrate a cinque anni con Socrate a settanta, perché ben pochi tratti rimangono in comune fra i due (e non abbastanza da distinguerli, diciamo, da Callia); per Hegel invece esempi del genere sono i benvenuti, perché quello che porta dal bambino all'adulto (o dal seme alla pianta) è un chiaro esempio di processo dialettico che afferma l'identità nella differenza (e nella crisi, e nella contraddizione). Non è un caso dunque che intorno a questa metafora Macbeth organizzi un testo che, pur citando una sola volta la sua (implicita?) fonte ispiratrice, è diviso in tre parti intitolate Percezione, Intelletto e Ragione a loro volta suddivise in tre capitoli; sostiene l'indispensabilità di una prospettiva storica per una comprensione dell'attività scientifica; e arriva a formulare iperboli sui risultati conseguiti mediante il processo storico che non sarebbero apparsi fuori posto nelle opere del maestro di Stoccarda: «solo con la realizzazione della ragione come potere di conoscenza possiamo considerarci conoscitori di cose in sé, le stesse per tutti gli esseri razionali».
Nei riguardi di tanto trionfalismo, però, Hegel sarebbe stato severamente critico: lo avrebbe considerato espressione di un'intenzione ancora (con buona pace di Macbeth) non realizzata. Il sistema logico di Frege, infatti (già vi accennavo), è governato dallo stesso rifiuto della contraddizione di quello aristotelico; ed è per questo motivo che la scoperta del paradosso di Russell (l'insieme di tutti gli insiemi che non si appartengono si appartiene e non si appartiene) ha sancito la bancarotta del programma logicista che su tale sistema era fondato. Perché si arrivi a un autentico incontro fra logica formale e dialettica, sarebbe necessario vedere quel paradosso (e ogni altro) con la stessa gioia con cui Hegel guardava all'insorgere di una contraddizione: non come a un malaugurato incidente di percorso ma come a una benefica sfida da affrontare e superare per passare a una fase più avanzata e consapevole del concetto.

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