domenica 23 novembre 2014

Complotti russo-caetani

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Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca: La storia di Igor Markevic, Chiarelettere

Risvolto

Il caso Moro continua a far parlare di sé perché ancora troppe verità sono state negate. Oggi nel backstage di Chiarelettere il nuovo libro di Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca, LA STORIA DI IGOR MARKEVIC. Un libro che prova a offrire una pista inedita eppure ampiamente verificata attraverso le storie di personaggi in apparenza lontani, in realtà collegati dalla medesima catena di eventi.
Dopo Firenze, e dopo una piccola stasi di due anni, la carriera di Igor si avvia molto bene e dal 1949 al 1955 è un vortice ininterrotto di impegni artistici, spesso molto prestigiosi. È direttore stabile all'Avana precastrista, dirige a Stoccolma, Parigi, Montréal, Madrid, Strasburgo, Salisburgo, Colonia, Vienna; per la Rai esegue, a Roma, Icaro nella versione definitiva di poema sinfonico e non più di balletto. Nel 1956 gli viene affidata l'orchestra dei Concerti Lamoureux, che tiene stabilmente fino al 1962. A quella formazione dà una vita nuova e una più smagliante efficienza, con esecuzioni che vengono anche registrate. Ha infatti iniziato anche una proficua attività discografica prima per la Cetra, poi per la Emi diretta da Walther Legge. Per la Deutsche Grammophon incide molti dischi con i Berliner Philharmoniker. Costanti, poi, anche se non continuativi, gli inviti da Londra, città che dopo tutto l'ha tenuto a battesimo. Ai Lamoureux ospita direttori come Leonard Bernstein, che lo ringrazia eseguendo Icaro a New York nel 1958. Con gli Stati Uniti si era già aperto un canale negli anni Trenta, con l'esecuzione bostoniana di Rebus. Ora i contatti si fanno più stretti e vi porta la sua formazione in una tournée finanziata in parte da Gianni Agnelli. [...]
A volte, invece, erano potenti uomini d'affari legati al mondo anglosassone a cercare il contatto diretto con esponenti della lotta armata. Si racconta che il potentissimo Avvocato della Fiat, Gianni Agnelli, nel 1974 avesse espresso il desiderio di conoscere il brigatista romano Valerio Morucci. Solo curiosità intellettuale, il vezzo trasgressivo di un uomo di mondo eternamente annoiato e alla ricerca di emozioni forti? Difficile dirlo. Di sicuro Agnelli, amico di Igor Markevic e della famiglia Caetani, come si è visto, era uno dei personaggi più influenti dell'establishment italiano, il più cosmopolita e il meglio introdotto nei grandi salotti, anche i più esclusivi e ovattati, del potere internazionale. Morucci allora non era ancora entrato nelle Br: in base alle informazioni note, la sua militanza terroristica sarebbe iniziata solo due anni dopo, nel 1976. Tuttavia aveva già un lungo passato violento. Esponente di spicco di Potere operaio, ne aveva diretto la struttura militare e nel 1974 stava organizzando i primi nuclei clandestini armati, che poi avrebbero costituito l'ossatura della colonna romana delle Brigate rosse. Forse Agnelli non lo sapeva. O forse sì. Chi può dirlo? Il risultato, comunque, non cambia ed è, in un caso o nell'altro, altrettanto imbarazzante. Se non lo sapeva, infatti, perché voleva incontrarlo? E perché voleva incontrarlo, se lo sapeva? Quel che sembra certo è che l'Avvocato e il futuro brigatista si incontrarono, stando sempre ai racconti, a Capri. Nella villa di uno dei principi del foro romano, l'avvocato Adolfo Gatti, legale del gruppo l'Espresso, un azionista la cui formazione intellettuale era avvenuta in uno dei circoli italiani più anglofili, quello de «Il Mondo» di Mario Pannunzio. La rivelazione è di un giornalista destinato a una fulgida carriera, Paolo Mieli, con il quale l'Avvocato amava intrattenersi in lunghe e approfondite conversazioni riservate sulle organizzazioni della lotta armata sorte negli anni Settanta. Fu lo stesso Mieli a fare da intermediario tra il presidente della Fiat e il dirigente di Potere operaio? Di sicuro il giornalista conosceva molto bene quel mondo e i suoi esponenti, avendoli in precedenza frequentati piuttosto assiduamente. All'epoca aveva appena venticinque anni, ma era già una firma de «l'Espresso». Conosceva Morucci dai tempi della comune militanza in Potere operaio. E di lui Agnelli si fidava, anche perché Paolo era il figlio di Renato, il raffinato intellettuale che durante la guerra aveva lavorato per il Psychological Warfare Branch con il grado di colonnello, e in seguito, dopo aver diretto l'edizione milanese de «l'Unità» e aver condiviso con Feltrinelli una stretta amicizia (e persino una moglie, Bianca Dalle Nogare), era diventato uno dei teorici del principio secondo il quale, per combattere con più efficacia i comunisti, occorreva conoscerli a fondo. Principio che nel 1965 illustrò anche in un intervento al convegno romano del Parco dei Principi, in cui vennero gettate le basi non solo teoriche della strategia della tensione.



Luigi Mascheroni - il Giornale Dom, 23/11/2014

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