mercoledì 19 novembre 2014

Echi di Dilthey nel dibattito culturale tedesco della prima parte del Novecento

Ninfe ed ellissi. Frammenti di storia della cultura tra Dilthey, Usener, Warburg e CassirerGiancarlo Magnano San Lio: Ninfe ed ellissi. Frammenti di storia della cultura tra Dilthey, Usener, Warburg e Cassirer, Liguori 

Risvolto
Il volume individua e ripercorre alcuni complessi itinerari speculativi all'interno della storia della cultura tedesca, mettendo in rilievo la fitta trama di interferenze tra ambiti disciplinari formalmente diversi ma significativamente segnati da istanze e suggestioni in qualche modo comuni. Emergono, così, alcuni evidenti e rilevanti punti di contatto tra le ricerche filologiche, storico-filosofiche ed iconografiche di Dilthey, Usener, Cassirer e Warburg, a vario titolo protagonisti di primo piano del dibattito storico-culturale contemporaneo. 


Il dinamismo magico del sapere 
Saggi. «Ninfe ed ellissi. Frammenti di storia della cultura tra Dilthey, Usener, Warburg e Cassirer», il libro di Giancarlo Magnano San Lio, per Liguori editore. Come si scardinano le polarità di apollineo e dionisiaco, caos e razionalità, conscio e inconscio

Alberto Giovanni Biuso, il Manifesto 19.11.2014 

«La Biblio­teca per­du­rerà: illu­mi­nata, soli­ta­ria, infi­nita, per­fet­ta­mente immo­bile, armata di volumi pre­ziosi, inu­tile, incor­rut­ti­bile, segreta». Le parole con le quali Bor­ges descrive la Biblio­teca di Babele potreb­bero ben sin­te­tiz­zare il pro­getto tena­ce­mente per­se­guito da Aby War­burg, la sua razio­nale osses­sione di una Biblio­teca che «doveva rispon­dere, nell’organizzazione del mate­riale, al cri­te­rio del ’buon vici­nato’, e que­sto sem­pre nell’ottica dell’ineludibile con­nes­sione tra le diverse forme di cul­tura che stava alla base delle sue con­vin­zioni teo­ri­che». Così scrive Gian­carlo Magnano San Lio nel suo Ninfe ed ellissi. Fram­menti di sto­ria della cul­tura tra Dil­they, Use­ner, War­burg e Cas­si­rer (Liguori, pp. 244, euro 24,99). 
Il muo­versi esi­sten­ziale di War­burg tra malat­tia e salute è stato anche il riflesso bio­gra­fico di una posi­zione teo­re­tica di fondo, per la quale i con­fini isti­tuiti tra le scienze, le arti, i saperi, sono con­fini a volte fun­zio­nali e però mai costi­tui­tivi della vicenda umana nel tempo. La quale è, invece, fatta di una con­ti­nua ten­sione, non con­flit­tuale e insieme mai uni­voca, «tra razio­na­lità ed irra­zio­na­lità, tra logica e magia, tra sano e pato­lo­gico, dove ad essere deci­sa­mente rifiu­tati erano tanto i metodi erme­neu­tici in qua­lun­que modo esclu­sivi e dico­to­mici quanto ogni impro­ba­bile, asso­luta pre­mi­nenza dell’uno o dell’altro aspetto». 
Attento ai signi­fi­cati uni­ver­sali e antro­po­lo­gici dell’arte, War­burg ne respinse sem­pre la ridu­zione alla sem­plice este­tica e cercò invece di fare dell’arte e della sua sto­ria una stru­mento di rac­cordo dei saperi, delle civiltà, delle cul­ture sparse nel tempo e nello spa­zio: «Ordine e disor­dine, allo stesso modo di scienza e magia, di razio­na­lità e caos, di con­scio e incon­scio, hanno sem­pre rap­pre­sen­tato le pola­rità costi­tu­tive lungo le quali si è arti­co­lato il per­corso di War­burg e che ne hanno in qual­che modo deter­mi­nato uno dei tratti più ori­gi­nali e signi­fi­ca­tivi; si capi­sce, quindi, per­ché egli abbia rifiu­tato l’idea di una sto­ria dell’arte con­ce­pita in modo mera­mente este­tiz­zante, per rifon­derla, invece, nell’ambito della più com­plessa dina­mica della sto­ria cul­tu­rale e, in defi­ni­tiva, della vita stessa». 
La sto­ria dell’Europa è una dina­mica senza fine tra le oppo­ste pola­rità che Nie­tzsche — dal quale War­burg fu cer­ta­mente influen­zato — ha defi­nito con i ter­mini di apol­li­neo e dio­ni­siaco. Ma lo sguardo si allarga oltre il nostro con­ti­nente e coglie nel rap­porto tra le cul­ture euro­pee ed extraeu­ro­pee non una rela­zione gerar­chica ma una dina­mica di iden­tità e dif­fe­renza. Dina­mica che War­burg assi­mila anche da Use­ner, il filo­logo clas­sico che nella seconda metà dell’Ottocento aveva susci­tato scan­dalo tra i suoi col­le­ghi benpensanti. 
Use­ner affer­mava infatti che la filo­lo­gia dovesse andare ben oltre la «rigo­rosa ana­lisi del dato par­ti­co­lare» e giun­gere invece «ad una più vasta com­pren­sione del mondo storico-spirituale, così da sot­trarla ad ogni limi­ta­zione deri­vante dal sem­plice rife­ri­mento, per così dire, tecnico-operativo alla rico­gni­zione let­te­rale di testi scritti»; a que­sta con­vin­zione si aggiun­geva una visione dell’umanità come una strut­tura in con­ti­nua «con­nes­sione dina­mica entro la quale, sol­tanto, ha più senso leg­gere i sin­goli tratti (…), il che signi­fica, in altri ter­mini, che non esi­ste alcun indi­vi­duo o popolo che possa essere con­si­de­rato nel suo assai impro­ba­bile isolamento». 
Seguendo l’insegnamento di Use­ner, anche War­burg era dun­que con­vinto della neces­sità di «muo­vere ad una com­pa­ra­zione tra le più diverse forme di cul­tura scar­di­nando gli stec­cati disci­pli­nari tra­di­zio­nali e pro­ce­dendo per via com­pa­ra­tiva all’interno di un ambito spazio-temporale e tema­tico assai più ampio rispetto a quello tra­di­zio­nal­mente indagato». 
Le «forme sim­bo­li­che» stu­diate da Cas­si­rer — amico di War­burg — costi­tui­scono anch’esse un modo di attuare que­sto pro­gramma di libe­ra­zione del sapere da ogni con­fine disci­pli­nare troppo rigido, da ogni pre­giu­di­ziale pri­mato di un ambito sull’altro, da ogni gerar­chia etno­lo­gica tra le diverse terre in cui gli umani hanno vis­suto e vivono. 
L’importanza di que­sto denso libro di Gian­carlo Magnano San Lio sta anche nell’aver iden­ti­fi­cato in Dil­they l’elemento che acco­muna Use­ner, Cas­si­rer e War­burg. Il pen­siero di Dil­they è infatti rivolto all’’uomo intero’», a quella «con­di­zione uni­ver­sale all’interno della quale, sol­tanto, le sin­gole deter­mi­na­zioni assu­mono valenza autentica». 
Prima di essere un set­tore della ricerca filo­so­fica, la Sto­ria della cul­tura è dun­que un atteg­gia­mento per il quale «i con­te­nuti par­ti­co­lari delle sin­gole disci­pline» acqui­stano senso e si inten­dono sol­tanto «entro il qua­dro di rife­ri­mento com­ples­sivo».
Il modo in cui Magnano San Lio con­duce la sua ana­lisi su que­sti temi è esso stesso un’applicazione e una con­se­guenza di quanto sinora detto. Si tratta infatti di un metodo che coniuga l’analisi rigo­rosa del dato con la sua inter­pre­ta­zione all’interno di un con­te­sto di sto­ria delle idee assai più ampio. Il cir­colo erme­neu­tico che ne sca­tu­ri­sce diventa un cir­colo vir­tuoso «nel senso che ad ogni ulte­riore momento del pro­ce­dere lungo tale per­corso cir­co­lare si per­viene, comun­que, ad un livello di com­pren­sione ulteriore». 
L’elemento più fecondo che sca­tu­ri­sce da que­ste pagine, eru­dite ma anche sin­go­lar­mente lievi nella loro espres­sione, è la neces­sità ormai di andare oltre la stessa distin­zione tra Scienze della Natura e Scienze dello Spi­rito, per cogliere invece l’unità mol­te­plice del sapere umano, neces­sa­rio riflesso del legame che acco­muna e distin­gue ogni ente, evento e pro­cesso. Le ninfe degli affre­schi di Ghir­lan­daio a Firenze e l’ellisse con la quale Keplero aprì il cosmo a regole e armo­nie più dina­mi­che, costi­tui­scono ambiti dif­fe­renti della sto­ria della cul­tura ma con­ver­genti verso un nuovo modo di inten­dere la vita e la mate­ria nel tempo.

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