mercoledì 26 novembre 2014
Gli interessi geopolitici in gioco nell'area del Mar Caspio
Risvolto
Dall’antichità sino ai giorni nostri, le principali potenze hanno
giocato complesse partite diplomatiche e militari per esercitare la loro
influenza sull’area caucasica e sul bacino del Caspio. Negli ultimi
vent’anni le dinamiche di potere della regione sono state rimesse in
discussione dal mutamento degli equilibri politici e militari seguito al
crollo dell’URSS e, più recentemente, dalla nuova fase di corsa alle
risorse energetiche che vede la Cina come protagonista. In questo
volume, nove tra i maggiori esperti internazionali della regione offrono
una panoramica completa della situazione odierna: le cause alla base
dei conflitti scoppiati durante gli anni Novanta e ancora irrisolti;
l’influenza degli Stati Uniti e della Russia; le ambiguità collegate al
regime giuridico del Mar Caspio; l’embrionale competizione navale tra
gli Stati rivieraschi; il ruolo degli idrocarburi e delle compagnie
petrolifere internazionali nello sviluppo economico dell’area e delle
sue relazioni con l’Europa e l’Asia.
Il Grande Gioco intorno al Caspio: c’è traffico sulle vie del petrolio
Una raccolta di saggi curata da Marco Valigi esplora confini contesi, regole mancate e appetiti che s’incrociano
C. Vulpio Mercoledì 26 Novembre, 2014 CORRIERE DELLA SERA © RIPRODUZIONE RISERVATA
Mare o lago, si ricomincia sempre da lì, quando si parla del Caspio. E anche quando si concorda sulla strana definizione di «mare chiuso» i problemi restano aperti.
Perché la disputa non è meramente geografica ma riguarda il diritto internazionale e la geopolitica, cioè i confini, la sovranità, le rotte commerciali, la pesca, lo sfruttamento delle risorse energetiche. Soprattutto del gas (e del petrolio), di cui il Caspio e i cinque Paesi rivieraschi (Russia, Azerbaigian, Iran, Turkmenistan e Kazakistan) sono ricchissimi. Convogliare quel gas a Ovest anziché a Est, infatti — magari lungo condotte che attraversino proprio il mar Caspio, avvicinando così il Caucaso e l’Asia centrale al Mediterraneo e all’Europa — significa cambiare i connotati del pianeta.
A quasi un quarto di secolo dal crollo dell’Urss, l’incertezza sulla regolazione dei confini delle acque del Caspio è ancora un grande problema. Solo Russia, Kazakistan e Azerbaigian hanno trovato un accordo, mentre per Iran e Turkmenistan la questione è tutta da definire.
Sulla terraferma le cose non vanno molto meglio, se si considera l’instabilità generata dai cosiddetti «conflitti congelati» (che in realtà sono veri e propri stati di guerra) in Abkhazia, in Ossezia del Sud e nel Nagorno Karabakh, la regione dell’Azerbaigian — pari al 15 per cento del territorio nazionale — occupata fin dal 1993 dall’Armenia.
Eppure, tutti gli Stati del Caucaso, anche quelli che non possono contare sulle ricchezze energetiche, sono accomunati dal medesimo interesse: assicurarsi uno sbocco al mare (il Mediterraneo) che quel «mare chiuso» che è il Caspio non può garantire loro. Per questa ragione, gli Stati caucasici sono vincolati a un’interdipendenza che potrà essere la loro carta vincente o, al contrario, diventare la loro condanna.
È questa la tesi di fondo del volume Il Caspio. Sicurezza, conflitti e risorse energetiche , curato da Marco Valigi (Laterza, pagine 203, euro 20), che, grazie ai contributi di otto ricercatori e analisti (Indra Overland, Maria Sangermano, Matteo Verda, Azad Garibov, Cristiana Carletti, Elnur Sultanov, Stephen Blank e R. Craig Nation), approfondisce tutti gli aspetti necessari a comprendere lo stato di salute e le fibrillazioni di un’area che oggi è tra le più interessanti del mondo.
Lo hanno ben capito i giganti della Terra — Stati Uniti, Cina e Russia — che proprio qui giocano le rispettive partite geopolitiche, consci che l’interdipendenza dei Paesi del Caucaso passa soprattutto attraverso quella rete di pipeline progettate e in costruzione. Condotte che sono necessarie non soltanto per chi ha gas e petrolio da vendere ma anche per chi può semplicemente garantirne il transito, affrancando così se stesso dalla dipendenza da fornitori o acquirenti unici. Come dimostra l’esempio più calzante, il gasdotto che collegherà il Caspio al mar Adriatico lungo il Corridoio meridionale euroasiatico.
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