mercoledì 26 novembre 2014
Il punto sulla conoscenza del funzionamento delle particelle elementari e dell'universo
di Gabriele Beccaria La Stampa TuttoScienze 26.11.14
A metà della
conferenza Riccardo Barbieri, fisico della Scuola Normale Superiore di
Pisa, mostra quanto di più vicino ci sia alla rappresentazione del
Tutto. Non è un disegno e non è un grafico. È la «slide» di una lunga
equazione.
È l’equazione che racchiude tutte le altre, in grado di
spiegare il comportamento delle particelle, i «mattoni» di cui
l’Universo è fatto e con cui si crea la realtà. «E’ un quadrante della
Natura, le cui leggi si possono scrivere in poche righe con precisione
assoluta»: la descrive così Barbieri, ricordando che al Cern di Ginevra
c’è chi l’ha fatta orgogliosamente stampare sulla t-shirt. Come un
manifesto della potenza della ricerca nel XXI secolo.
E allora si
arriva al titolo della sua conferenza, organizzata a Pisa il 12 novembre
scorso nell’ambito del programma «Virtual Immersions in Science»:
«Dall’elettrone al bosone di Higgs: una storia incompiuta?». Risposta.
Sì. La storia è ancora aperta. Moltissimo lavoro aspetta i fisici,
mentre si aspetta la riaccensione dell’acceleratore «Lhc». Da una parte
c’è il Modello Standard - la teoria che racchiude le particelle e le
loro interazioni - e dall’altra c’è la cascata delle scoperte delle
particelle stesse: dall’elettrone, individuato nel 1897, fino al bosone
di Higgs, rilevato nel 2012 proprio al Cern. Ma nel mezzo galleggiano
molti interrogativi senza risposta.
«Ci sono delle ragioni fattuali
per cui la storia non è affatto conclusa», ha spiegato Barbieri. E
queste hanno a che fare con la «torta cosmica»: oggi gli studiosi che
indagano l’Universo ne vedono e capiscono all’incirca il 5%. Appena. Il
resto è materia oscura ed energia oscura. Un 95% di realtà alternativa
che - almeno al momento - non rientra nelle armonie del Modello
Standard. Ed è in questo oceano misterioso che il bosone di Higgs si
prende il suo ruolo di protagonista, quello che l’ha reso una star sui
media del mondo da quando fu annunciata la prova della sua esistenza,
due anni fa.
Lo si capisce quando si comincia a descriverlo, seguendo
la logica controintuitiva della fisica dell’infinitamente piccolo.
Ricordando come nel mondo sub-atomico particelle e onde non siano
distinguibili, Barbieri ha spiegato che il bosone di Higgs rappresenta
«un campo», vale a dire «una zuppa, estesa in ogni punto dello spazio e
in ogni istante del tempo». E il suo «condensato» - così lo si definisce
in gergo - dà origine alla massa delle particelle. Il bosone, quindi, è
piccolo, piccolissimo, tanto da manifestarsi con una certa riluttanza
perfino nelle collisioni all’interno di «Lhc», ma allo stesso tempo è
decisivo per tenere insieme il cosmo nella sua vastità, stelle e
galassie comprese.
Il bosone di Higgs appare quindi come la colla
perfetta per mettere in comunicazione scale di grandezza opposte.
Peccato che «il rompicapo» - come lo chiama Barbieri - resti, eccome.
«Il valore di questo campo è stato definito nell’esperimento di “Lhc” .
Ma, se vogliamo capirlo, spingendoci oltre il Modello Standard, dai
calcoli si ottiene un altro valore, decisamente più grande». Il
rompicapo va sotto il nome di «Problema della naturalezza» o «della
gerarchia» e cerca di spiegare - senza riuscirci - perché la forza
gravitazionale sia tanto insignificante nel mondo microscopico rispetto
alle forze elettriche. Insomma: «C’è un evidente conflitto tra valori
misurati e valori calcolati». Altissimi nel primo caso, piccolissimi nel
secondo caso. «Due facce - osserva Barbieri - di una stessa realtà».
A
questo punto qual è la strada da imboccare? «Lhc» sta scaldando i suoi
iper-tecnologici motori: 27 km di magneti ad anello, che dal 2015
ospiteranno nuove collisioni di protoni. «Vedremo se scoprirà altre
particelle. Ogni volta che si aumenta il regime di energia c’è la
possibilità di vedere cose nuove. In produzione diretta». Barbieri è uno
dei fisici che lavora alla teoria della super-simmetria ed è questa una
possibile risposta al rompicapo dei valori troppo grandi e troppo
piccoli: se si trovassero altre particelle, «speculari» a quelle già
note, ma decisamente più pesanti, si potrebbe dire di aver messo fine al
mistero.
«Il meccanismo che ha nascosto fino a oggi le particelle
“super-simmetriche” potrebbe essere analogo a quello che spiega un
apparente paradosso: mentre nello spazio vuoto le leggi fisiche
prevedono che non ci sia distinzione tra elettroni e neutrini, in
presenza del campo di Higgs la “simmetria” tra elettroni e neutrini
svanisce e di conseguenza i primi e i secondi riprendono una spiccata
identità». Ridiventano particelle decisamente diverse. I primi molto
comuni e i secondi molto elusivi.
Mezzo secolo dopo, nella stessa
sala della Normale dove entrò per la prima volta, Barbieri ha tenuto la
sua lezione, spiegando che quando uno scienziato si trova davanti a un
pubblico di non specialisti riemerge sempre una domanda, quella finale:
«A cosa serve tutto questo?». E le risposte - ha concluso - «sono due.
La prima è classica: a molti follow-up, da Internet alla medicina. Ma io
preferisco la seconda: Non lo so!». Poi dopo una pausa termina così:
«E’ la curiosità per ciò che è superfluo a renderci pienamente umani».
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