giovedì 13 novembre 2014
L'unilateralismo americano nel mondo che cambia: il discorso di Putin a Sochi nella lettura di Sergio Romano
risponde Sergio Romano Corriere 13.11.14
Il presidente Putin, il 24 ottobre, ha tenuto un interessante discorso
programmatico. Mi sembra che nessun giornale italiano ne abbia parlato.
Lei certamente lo ha letto. Perché non ce lo commenta?
Ettore Visca
Caro Visca,
Il discorso è stato pronunciato a Sochi in occasione di uno dei
periodici incontri del Club Valdai, un foro russo di analisi e
discussioni, simile per molti aspetti a quello svizzero di Davos e
creato per iniziativa di Vladimir Putin nel 2011. Hanno partecipato a
questo appuntamento alcuni uomini politici (fra cui un ex premier
francese, Dominique de Villepin, e un ex cancelliere austriaco, Wolfgang
Schüssel), giornalisti, direttori di istituzioni accademiche e di
centri di studio sulla politica internazionale.
Putin ha colto l’occasione per uno sguardo d’insieme al mondo dopo la
fine della Guerra fredda. È convinto che gli Stati Uniti,
autoproclamandosi vincitori, si siano altezzosamente sbarazzati di tutti
gli strumenti che erano stati costruiti nel corso degli anni per
garantire, nei limiti del possibile, l’equilibrio del potere e la
convivenza di sistemi politici diversi. L’America impone unilateralmente
le sue regole, fa un uso egemonico della propria moneta, sorveglia e
ricatta amici e nemici con una rete globale di ascolto e
intercettazione. I nemici contro cui deve battersi, come il fanatismo
islamico, sono spesso quelli creati dalla sua stessa politica.
All’origine di Al Qaeda vi sono i generosi finanziamenti garantiti
dall’America alla resistenza antisovietica in Afghanistan negli anni
Ottanta. Il vertiginoso aumento del commercio della droga sarebbe
collegato alla lunga guerra contro i talebani nello scorso decennio. Gli
Stati Uniti sostengono di essere i paladini della libertà dei mercati,
ma impongo sanzioni che contraddicono i loro presunti principi liberali.
L’America, secondo Putin, vuole un mondo unipolare, ma deve disporre,
per meglio giustificare il proprio potere e la propria leadership, di un
«centro del male». Oggi il nemico potrebbe essere la Cina, l’Iran o la
Russia. Nelle parole di Putin il processo all’America è molto severo, ma
l’analisi non è priva di passaggi interessanti e persuasivi. Il
discorso di Sochi merita di essere letto integralmente.
Putin unleashes fury at US ‘follies’
In one of his most anti-US speeches in 15 years as Russia’s most
powerful politician, Mr Putin insisted allegations that its annexation
of Crimea showed that it was trying to rebuild the Soviet empire were
“groundless”. Russia had no intention of encroaching on the sovereignty
of its neighbours, he insisted.
Instead, the Russian leader blamed the US for triggering both
Crimea’s breakaway from Ukraine and thousands of deaths in the war in
the east of the country, by backing what Mr Putin called an armed coup
against former president Viktor Yanukovich in February.
“We didn’t start this,” Mr Putin said. Citing a string of US-led
military interventions from Kosovo to Libya, he insisted the US had
declared itself victor when the Cold War ended and “decided to … reshape
the world to suit their own needs and interests”.
comedonchisciotte 30 ottobre
Repubblica 24 ottobre 2014
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