mercoledì 5 novembre 2014

Revelli riassorbito nel Novecento dopo aver contribuito a farlo a pezzi

“La lotta di classe esiste e l'hanno vinta i ricchi”. Vero!
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Marco Revelli: “La lotta di classe esiste e l'hanno vinta i ricchi”. Vero!, Laterza

Risvolto
  Per un certo mondo che conta le politiche egualitarie sono un grave handicap per l’economia e un pericoloso ‘azzardo morale’: un grado di diseguaglianza è necessario per garantire lo sviluppo economico. Nella stessa ottica, un elevato tasso di inquinamento iniziale, nella fase del decollo, sarebbe accettabile perché destinato a essere riassorbito con la crescita del benessere e il miglioramento delle tecnologie. A oggi, le diseguaglianze hanno continuato a crescere, la crisi economica globale è gravissima e lo stato ambientale del pianeta continua a peggiorare.
Marco Revelli smonta pezzo a pezzo l’hardware teorico dell’ideologia neoliberista.


Ideologia.Il tradimento di Laffer, Kuznets e la loro eredità

di Ste. Fel. il Fatto 5.11.14

Il libro di Marco Revelli sembra fuori tempo massimo: a che serve parlare oggi di mode ideologiche degli anni 80? È davvero necessario smentire per l’ennesima volta la teoria dello “sgocciolamento”, cioè che i poveri devono gioire delle fortune dei ricchi perché prima o poi qualche briciola arriverà anche a loro? Sembrano incrostazioni di un’altra era geologica, oggi siamo nell’epoca sobria dei tecnici, del “TINA” (There is no alternative), della politica del pragmatismo e delle scelte inevitabili e dunque da condividere. Invece il libretto dal titolo marxista di Revelli (che ne richiama uno quasi omonimo di grande successo di Luciano Gallino) è sorprendentemente utile. L’idea di Arthur Laffer, che forse non fu mai davvero abbozzata su un tovagliolo al ristorante, è che oltre una certa soglia il gettito fiscale diminuisce all’aumentare dell’imposizione. E quindi in Paesi con un fisco pesante tagliare le tasse farà aumentare le entrate. Simon Kuznets, invece , negli anni Cinquanta ci rassicurò sulla disuguaglianza: in una fase di sviluppo è normale che le distanze tra ricchi e poveri aumentino, ma raggiunto un certo livello di benessere diminuiranno (Thomas Piketty ha dedicato un decennio di ricerche e un tomo imponente per dimostrare che così non è). Revelli predica ai convertiti: tutti quelli che apriranno il suo libro non hanno bisogno di essere convinti che Laffer e Kuznets sono geni del male, quindi la sequenza di numeri (alcuni non contestabili, altri meno) è tutto sommato inutile. O almeno è inutile dopo che il verbo di PIketty è diventato mainstream. L’aspetto più interessante del pamphlet del politologo torinese Revelli (qualche mese fa tra gli animatori della dimenticabile lista Tsipras) è l’analisi della pervasività di questi dogmi liberisti, di come idee un po’ schematiche elaborate durante fasi di benessere negli Stati Uniti siano diventate un paradigma da applicare al mondo intero. Dall’economia dello sviluppo alle grandi questioni ambientali ai rapporti tra economia e finanza. Tutto per giustificare la sopraffazione di una oligarchia rapace che, a parte alcuni onestamente avidi come il Gordon Gekko di “Wal Street”, aveva bisogno di alibi morali. Per sostenere che perseguire il benessere individuale, anche la ricchezza più estrema, è soltanto un modo per garantire la felicità di tutti. Il libro di Revelli è una introduzione al tema, ma non esaustiva.

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