di Giampaolo Visetti Repubblica 8.11.14
PECHINO
L’ANATRA zoppa di Washington spicca il primo volo post Midterm verso
Pechino: il luogo perfetto per completare la cottura, commentano i media
cinesi. Nella capitale del Dragone sono maestri nel laccare a fuoco
lento e attendono a braccia aperte un Barack Obama indebolito per
staccare gli Usa nella corsa per il dominio dell’area Asia-Pacifico. Xi
Jinping riceverà Obama nel palazzo davanti alla Città Proibita, ma i
rapporti di forza tra i leader delle due super-potenze sono ben diversi
da quelli dell’ultimo incontro in California, estate di un anno fa. La
Cina sta per consumare il sorpasso economico sugli Stati Uniti e mentre
Obama è un presidente sconfitto e in scadenza, Xi Jinping si presenta
come il leader cinese più potente dai tempi di Mao, con ancora quasi un
decennio al comando. Pechino sente che è la grande occasione per
ridisegnare la mappa del secolo e in poche ore toni e obbiettivi del
vertice Apec sono cambiati. I 21 Grandi del “mondo con il segno più”, in
vista del G20 di Brisbane, avrebbero dovuto coordinare le agende su
crescita, cooperazione, hi-tech e lotta alla corruzione. Dopo il voto
Usa, Pechino ha invece deciso di sfruttare il 25° summit economico per
accelerare il varo di una maxi zona di libero scambio, trainata da Cina e
Russia, in alternativa all’americana Partnership trans-pacifica (Tpp),
guidata da Usa e Giappone.
Pur di stimolare tra gli ospiti una
distensione almeno apparente, Xi Jinping non ha badato a spese e ha
riesumato l’olimpica “diplomazia dello smog”. I capi di Stato e di
governo alloggiano in ville di lusso sul lago Yanki, sede del summit
un’ora a nord della capitale.
Per ricostruire due giorni di idillio
da antico villaggio rurale, con annessi campo da golf e pagoda, sono
stati spesi 1,6 miliardi di euro. La scommessa cinese, dopo settimane di
inquinamento record, è però il cielo azzurro. Ai leader stranieri
Pechino, umiliata dalla maratona con mascherine collettive e stop
anticipato causa biossido di carbonio, vuole garantire aria respirabile.
Cinque regioni attorno alla capitale sono così in ferie forzate per una
settimana. Chiuse scuole, fabbriche, centrali a carbone, uffici. Auto a
targhe alterne e riscaldamenti spenti. Contro le polveri sottili il
governo non teme di sfidare nemmeno il ridicolo: vietato fare barbecue
all’aperto e cremare i defunti, se prima non sono stati spogliati degli
indumenti. Scienziati occidentali hanno denunciato il pericolo di «un
uso politico del sole a comando », capace di «distrarre l’attenzione
dall’emergenza ambientale in Cina». I pechinesi sono invece furibondi
per «lo sfruttamento classista della lotta all’inquinamento, che
rispetta i potenti e condanna tutti gli altri». I leader saranno nella
capitale da domani a martedì e Pechino ha già anticipato che, al di là
dell’ossigeno in omaggio, l’obbiettivo del vertice è definire l’area
Asia-Pacifico come «il nuovo epicentro della crescita globale », forte
di una liberalizzazione totale del commercio. È una spallata al
protezionismo occidentale, subita da Washington e tesa a ridimensionare
l’influenza euroatlantica in Oriente. In uno snodo tanto decisivo, la
fragilità di Obama è evidente ai cinesi. Il Quotidiano del popolo ,
organo del partito comunista, si è spinto a definirlo «un leader banale
che ha compiuto un lavoro insulso e incapace di affrontare questioni
complicate». Usando la leva dell’Apec, 57% del Pil mondiale e 46% del
commercio internazionale per una crescita 2014 del 3,9%, Pechino punta
così a sfruttare lo stallo Usa e le divisioni Ue per assumere la
rappresentanza, oltre che dei Brics, di tutte le economie in espansione e
dei sempre più ricchi mercati asiatici.
Il problema è che nemmeno il
Pacifico è un mare calmo e che i leader Apec si presentano da separati
in casa. Il russo Putin, causa Ucraina, eviterà di incrociare Obama:
oggi solo un incontro tra Kerry e Lavrov, che ha fatto sapere che la
Russia diserterà il vertice sulla sicurezza nucleare del 2016 negli Usa.
Xi Jinping si limiterà ad accogliere l’inquilino della Casa Bianca «con
educazione e diffidenza», mentre solo in extremis ha concesso una
stretta di mano al giapponese Shinzo Abe, rinviata per due anni causa
dispute territoriali, storiche ed economiche.
Il disgelo
Cina-Giappone, i due giganti industriali dell’Asia, è il pragmatico
colpo di scena tenuto in serbo da Xi Jinping, che mira ad anticipare le
liberalizzazioni con Tokyo e Seul per sfilare agli Usa i due alleati
storici. Per questo Pechino ha invitato i 21 dell’Apec a «non permettere
che problemi e differenze bilaterali danneggino integrazione e crescita
regionale». L’azzoppamento di Obama però in Asia pesa, rafforza il
nuovo asse energetico Pechino-Mosca contro il vecchio patto post-bellico
Washington-Tokyo e insinua incertezze inedite tra i Paesi dell’unica
zona economica in crescita. È una partita che la Cina sente ora di poter
giocare da favorita: per calmare il Pacifico ci vorrà tempo, ma anche
questo sarà sempre più un mare cinese.
Pechino sfoggia la sua grandeur a Obama-Putin
di Guido Santevecchi Corriere 9.11.14
Una foresta di sigle e un allestimento da Olimpiadi. A prima vista si potrebbe riassumere così il vertice Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) che porta domani per due giorni a Pechino i leader di 21 Paesi, da Obama a Putin al giapponese Abe. Ricevimento in grande stile, degno dei Giochi del 2008: costruito dal niente un quartiere tra le montagne, in riva a un lago, a un’ora d’auto dalla capitale: 12 ville presidenziali, un centro conferenze, un grand hotel Kempinski di 21 piani, a forma di uovo. E poi un campo da golf di 18 buche, anche se in Cina è in vigore (dovrebbe) una legge che vieta di costruire percorsi per il gioco borghese che consuma terra e acqua.
Primo obiettivo: presentare agli ospiti un cielo pulito, rarità a Pechino. E siccome il partito non sa ancora comandare il vento, per ridurre l’inquinamento sono stati chiusi 2.445 cantieri e 2.386 fabbriche alimentate a carbone nel raggio di 200 chilometri. L’agenda del vertice racchiude una sfida Usa-Cina, tra le sigle Tpp e Ftaap. Gli americani lavorano alla Trans Pacific Partnership, accordo sui commerci che include 12 Paesi ma non la Cina. I cinesi rispondono con la Free Trade Area Asia-Pacific, frenata da Washington. Nessuna delle due iniziative andrà in porto al vertice Apec. Pechino ha ottenuto solo un impegno ad avviare uno studio di fattibilità che dopo due anni produrrà raccomandazioni.
Il vertice è disegnato come grande palcoscenico per il presidente Xi Jinping e le nuove ambizioni geopolitiche della Cina.
Xi si può permettere di guardare dall’alto in basso Obama, reduce dal disastro elettorale. E per concedere un colloquio ad Abe ha incassato una dichiarazione in cui il Giappone ammette che c’è una pretesa territoriale cinese sulle isole Senkaku/Diaoyu. È pronto un documento che istituisce una rete anti-corruzione globalizzata, reclamata dalla Cina, impegnata in una caccia ai corrotti rifugiati all’estero con centinaia di miliardi sporchi. Quartier generale? A Pechino, naturalmente.
Pechino sfoggia la sua grandeur a Obama-Putin
di Guido Santevecchi Corriere 9.11.14
Una foresta di sigle e un allestimento da Olimpiadi. A prima vista si potrebbe riassumere così il vertice Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) che porta domani per due giorni a Pechino i leader di 21 Paesi, da Obama a Putin al giapponese Abe. Ricevimento in grande stile, degno dei Giochi del 2008: costruito dal niente un quartiere tra le montagne, in riva a un lago, a un’ora d’auto dalla capitale: 12 ville presidenziali, un centro conferenze, un grand hotel Kempinski di 21 piani, a forma di uovo. E poi un campo da golf di 18 buche, anche se in Cina è in vigore (dovrebbe) una legge che vieta di costruire percorsi per il gioco borghese che consuma terra e acqua.
Primo obiettivo: presentare agli ospiti un cielo pulito, rarità a Pechino. E siccome il partito non sa ancora comandare il vento, per ridurre l’inquinamento sono stati chiusi 2.445 cantieri e 2.386 fabbriche alimentate a carbone nel raggio di 200 chilometri. L’agenda del vertice racchiude una sfida Usa-Cina, tra le sigle Tpp e Ftaap. Gli americani lavorano alla Trans Pacific Partnership, accordo sui commerci che include 12 Paesi ma non la Cina. I cinesi rispondono con la Free Trade Area Asia-Pacific, frenata da Washington. Nessuna delle due iniziative andrà in porto al vertice Apec. Pechino ha ottenuto solo un impegno ad avviare uno studio di fattibilità che dopo due anni produrrà raccomandazioni.
Il vertice è disegnato come grande palcoscenico per il presidente Xi Jinping e le nuove ambizioni geopolitiche della Cina.
Xi si può permettere di guardare dall’alto in basso Obama, reduce dal disastro elettorale. E per concedere un colloquio ad Abe ha incassato una dichiarazione in cui il Giappone ammette che c’è una pretesa territoriale cinese sulle isole Senkaku/Diaoyu. È pronto un documento che istituisce una rete anti-corruzione globalizzata, reclamata dalla Cina, impegnata in una caccia ai corrotti rifugiati all’estero con centinaia di miliardi sporchi. Quartier generale? A Pechino, naturalmente.
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