Risvolto
Die Tragik, pflichtbewusst und mit vollem
Einsatz für die falsche Sache gekämpft zu haben, begleitet Helmut
Schmidt noch heute. Doch auch wenn er immer vom »Scheißkrieg« spricht,
so blieb er sein Leben lang vom Soldatischen
fasziniert, waren Pflichterfüllung und Disziplin für
ihn prägend. Aber was hat Helmut Schmidt wirklich gesehen und gewusst?
Der Altkanzler selber gab der Autorin die Erlaubnis, seine
Wehrmachtsakte und seine persönlichen
Unterlagen auszuwerten. So erforscht Sabine
Pamperrien Details, die bislang im Verborgenen blieben, sie erzählt, wie
die Nazis nach dem Jungen aus der progressiven, demokratischen
Lichtwark-Schule griffen oder wie der Abiturient zum vorzüglichen
Soldaten und dekorierten Offizier in Hitlers Wehrmacht wurde. Ein
unverzichtbares Buch für alle, die verstehen wollen, wie aus dem
bedeutenden Politiker derjenige wurde, der er heute ist.
“Era nazista” Una biografia smentisce Helmut Schmidt
di Tonia Mastrobuoni La Stampa 1.12.14
Possono tre attestazioni di fedeltà all’ideologia nazionalsocialista,
formulate con frasi di rito da ufficiali della Wehrmacht, fornire una
prova certa sull’adesione al culto di Hitler? Non in maniera definitiva,
probabilmente. Ma sono imbarazzanti perché riguardano un personaggio
amatissimo e simbolo della rinascita democratica postbellica tedesca
come Helmut Schmidt. Il problema, oltretutto, è che l’ex cancelliere
socialdemocratico, di cui era noto il passato nell’esercito nazista, ha
sempre sostenuto di aver preso però le distanze molto presto dalla
dittatura.
Invece, a febbraio del 1942 il suo capo gli attestò «talento
organizzativo», «capacità di imporsi in situazioni difficili»,
soprattutto una «visione del mondo nazionalsocialista, che è in grado
anche di trasmettere al prossimo». Un anno più tardi, a settembre del
1943, un altro ufficiale gli riconobbe «un atteggiamento
nazionalsocialista impeccabile» e l’anno dopo ancora, nel 1944, i
superiori di Schmidt scrissero di lui che la sua fedeltà all’ideologia
del Führer era «priva di macchie».
Tre giudizi inediti, nascosti negli archivi militari di Friburgo, che la
biografa Sabine Pamperrien ha trovato assieme ad altre prove che
mettono in discussione la versione dei fatti raccontata sinora dal
politico novantaseienne. Ma che l’autrice stessa, in una biografia sugli
anni giovanili dell’ex cancelliere che sta per uscire ed è stata
anticipata dallo «Spiegel», non attribuisce alla malafede, piuttosto
alla sua cattiva memoria e a una ricostruzione, a tratti,
approssimativa.
Le ricerche di Pamperrien smentiscono ad esempio la vulgata - diffusa da
Schmidt stesso - che vuole che da ragazzo non si fosse lasciato
ammaliare dal Führer: nel 1933 aderì tra i primi studenti della sua
scuola alla Gioventù hitleriana. E la sua insegnante di tedesco, Erna
Stahl, che si unì più tardi al movimento di resistenza della Rosa
bianca, dopo la liberazione lo collocò tra coloro che stavano «nella
fazione opposta». Nel 1979 Schmidt stesso, che aveva un nonno ebreo,
ammise in una lettera ad un compagno di partito che mentre i genitori
erano stati «chiari oppositori di Hitler e nel partito», nei primi anni
della dittatura lui era stato «sotto l’influenza» dei nazisti.
Anche il suo biografo più accreditato, Hartmut Soell, ammette che non è
chiaro quando l’ex cancelliere si sia davvero distaccato da Hitler. Nel
1937 cominciò il servizio militare e già nell’anno successivo si trovano
degli appunti in cui, dopo il pogrom, Schmidt sostenne di vergognarsi
della persecuzione degli ebrei. Ma «Hitler personalmente», notò, «è
ancora escluso da questo giudizio». Solo nel 1941, dal fronte orientale,
la sua fede nel Führer crollò. Ma fino alla fine della guerra nascose
bene questa delusione, a giudicare dalle rivelazioni di Pamperrien.
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