Allarme democrazia, ha un «disturbo bipolare»
Leader plebiscitari per Stati ormai impotenti. L’analisi pessimista di Francesco Tuccari sul «Mulino»
di Antonio Carioti Corriere 11.12.14
La
democrazia è gravemente malata, soffre «di un inedito disturbo
bipolare» che la sta privando della sua stessa ragione d’essere. Del
«Mulino» non si può certo dire che sia una pubblicazione sensazionalista
o allarmista. Ma proprio per questo colpisce la gravità della diagnosi
contenuta nell’articolo del politologo Francesco Tuccari che apre il
nuovo fascicolo della rivista diretta da Michele Salvati.
In che
cosa consiste la malattia che mina i sistemi rappresentativi? Tuccari la
definisce «bipolare» perché presenta due aspetti in apparenza
contraddittori. Da una parte c’è il crescente successo di leadership
personalistiche e carismatiche, dal forte impatto sui media vecchi e
nuovi, che hanno conferito all’attività politica un’impronta sempre più
spettacolarizzante, con vistose venature populiste. Ma dall’altra i
meccanismi della finanza globale hanno sottratto allo Stato nazionale
gran parte del suo «potere di decidere», ponendolo in una condizione
subalterna rispetto ai verdetti inappellabili dei mercati.
Il
risultato è una patologica democrazia «plebiscitaria, ma soprattutto
acefala», perché governanti apparentemente forti spesso di fatto
risultano impotenti, quando non si tratta addirittura di «marionette»,
espressione dei potenti «comitati d’affari» che pagano le loro
dispendiosissime campagne elettorali.
Un quadro buio, come si vede:
Tuccari scrive apertamente che la democrazia «si sta volatilizzando». Ma
non tutti la pensano così, tra gli animatori del «Mulino». Proprio il
direttore Salvati, che analizza in un altro articolo le innovazioni
introdotte da Matteo Renzi nella vita del Partito democratico, si mostra
più in linea con la teoria del politologo francese Bernard Manin
(autore del libro Principi del governo rappresentativo ), secondo cui
avrebbe preso piede una «democrazia del pubblico», non più fondata sul
ruolo centrale delle macchine di partito, ma sulla comunicazione diretta
tra leadership e cittadini, con un comportamento nel complesso più
fluido e consapevole degli elettori. Un’analisi che, secondo Tuccari,
«non convince affatto».
Si delinea dunque nella prestigiosa rivista
bolognese una dialettica tra «apocalittici e integrati», per usare la
famosa formula lanciata mezzo secolo fa da Umberto Eco? Un altro
indizio, sempre in questo numero, sembra emergere dal confronto tra un
intervento di Nicola Melloni e Anna Soci sulla diseguaglianza, in cui
gli autori prospettano per le economie capitaliste un futuro di sempre
maggiore iniquità, e il testo della «Lettura del Mulino», tenuta il 18
ottobre dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, nella quale i
cambiamenti in corso vengono piuttosto presentati come una sfida,
certamente non facile, che presenta tuttavia anche opportunità positive
da cogliere. Ma forse si tratta soltanto di fisiologiche manifestazioni
del sano pluralismo che al «Mulino», per la verità, non è mai mancato. @A_Carioti
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