giovedì 11 dicembre 2014

Kelsen contro la teologia politica: tradotto "Religione secolare"

Religione secolareHans Kelsen: Religione secolare. Una polemica contro l'errata interpretazione della filosofia sociale, della scienza e della politica moderne come "nuove religioni", Cortina Editore

Risvolto

È legittimo interpretare la filosofia, la scienza e la politica moderne come “religioni secolari”, a dispetto della loro dichiarata tendenza anti-teologica? È legittimo interpretare la fiducia nel progresso come una fede religiosa? In questo suo ultimo libro, pubblicato postumo, Hans Kelsen muove una dura critica contro le teorie della cultura del XX secolo che tentano di individuare implicazioni religiose e teologiche nelle dottrine sociali e nelle ideologie politiche del nostro tempo, riconducendole sotto il dominio della teologia e della speculazione metafisica. Kelsen denuncia il carattere contraddittorio del concetto stesso di religione secolare (di religione senza Dio) e costruisce un’appassionata difesa dello spirito scientifico della modernità attraverso la rilettura di alcune tra le principali opere del pensiero occidentale, da Hobbes ai filosofi dell’Illuminismo fino a Marx e a Nietzsche.

Hans Kelsen e la teologia della sfera pubblica 
Hans Kelsen. Tradotto da Raffaele Cortina Editore «Religione secolare», il volume che uno dei più importanti giuristi del Novecento scrisse per rispondere alle tesi filosofiche di chi vedeva nella secolarizzazione della società l'anticamera del pensiero politico autoritario
Papi Bronzini, il Manifesto 10.12.2014
Dopo cinquant’anni dal ritiro dell’opera da parte del suo stesso autore, nel 2012 veniva pub­bli­cata la prima ver­sione in lin­gua inglese dell’ultimo scritto del grande giu­ri­sta pra­ghese Hans Kel­sen, pre­via, sof­ferta, auto­riz­za­zione dell’Istituto Hans Kel­sen di Vienna con il titolo Secu­lar reli­gion ( Springer-Verlag, Vienna). La tem­pe­stiva tra­du­zione ita­liana (Reli­gione seco­lare, Raf­faello Cor­tina Edi­tore, pp. 392, euro 36) con­serva il lungo ed espli­ca­tivo sot­to­ti­tolo della prima edi­zione: Una pole­mica con­tro l’errata inter­pre­ta­zione della filo­so­fia sociale, della scienza e della poli­tica moderne come «nuove reli­gioni». I tanti, appas­sio­nati, let­tori ita­liani del giu­ri­sta che forse più di ogni altro ha influen­zato la teo­ria del diritto del Nove­cento ed anche le sue isti­tu­zioni e che con­ti­nua ad essere un punto di rife­ri­mento impre­scin­di­bile per gli studi sulla demo­cra­zia e sui sistemi giu­ri­dici rimar­ranno però piut­to­sto delusi per que­sto cor­poso volume che non tratta nes­suno dei temi che hanno reso cele­bre l’Autore. Si tratta in sostanza di un lavoro critico-ricostruttivo di una cor­rente di pen­siero del primo Nove­cento, varie­gata al suo interno ed in genere di ispi­ra­zione cri­stiana, che — avverte lo stesso Kel­sen nella intro­du­zione — «tende a vedere nelle dot­trine filo­so­fi­che e socio­lo­gi­che e nei movi­menti poli­tici più carat­te­ri­stici del nostro tempo, alcune ana­lo­gie con le spe­cu­la­zioni teo­lo­gi­che e con i movi­menti reli­giosi della tarda anti­chità e del medioevo, spe­cial­mente con il mil­le­na­ri­smo mes­sia­nico, con la Gnosi, l’interpretazione della sto­ria pro­po­sta da Gioac­chino da Fiore». Si trat­te­rebbe per que­sto orien­ta­mento di «reli­gioni seco­lari» che, nono­stante la loro ispi­ra­zione rigo­ro­sa­mente intra­mon­dana e la loro dichia­rata ten­denza anti­teo­lo­gica, ripro­pon­gono temi esca­to­lo­gici in una veste laica e tal­volta addi­rit­tura atea. 

Cadono nel gran con­te­ni­tore di una pre­tesa «seco­la­riz­za­zione del modello esca­to­lo­gico giudaico-cristiano» ( Karl Löwith): Hob­bes, gli illu­mi­ni­sti, Hume, Saint-Simon, Prou­d­hon, Comte, natu­ral­mente Marx, per­sino Nie­tzsche, non­ché la scienza moderna e la stessa poli­tica moderna che non sareb­bero riu­scite in realtà a libe­rarsi dav­vero di motivi teo­lo­gici, a comin­ciare da quella teo­ria del pro­gresso che rap­pre­senta una mon­da­niz­za­zione dei motivi della reden­zione cristiana. 

Germi del totalitarismo 
Il volume kel­se­niano si pre­senta come uno svi­luppo decen­nale di una lun­ghis­sima recen­sione all’opera del 1952 del suo allievo ed assi­stente Eric Voe­ge­lin The New science of Poli­tics. An intro­duc­tion nella quale — ricorda Kel­sen — si paventa il peri­colo del «rela­ti­vi­smo posi­ti­vi­stico». Allo stesso tempo, nel volume del suo allievo è messo in evi­den­zia il fatto che c’è una ten­denza che punta a resti­tuire il domi­nio della teo­lo­gia e della spe­cu­la­zione meta­fi­sica sulla scienza poli­tica, indi­vi­duando nella Gnosi e nell’opera di Gioac­chino da Fiore i primi germi ere­tici dei suc­ces­sivi moderni movi­menti tota­li­tari che avreb­bero reciso il nesso con un ordine tra­scen­den­tale, con la spe­cu­la­zione meta­fi­sica e con la stessa media­zione delle Chiese per riven­di­care un futuro di sal­vezza ter­rena. L’originaria ten­sione mes­sia­nica sarebbe tra­pas­sata in dot­trine che si pre­sen­tano come lai­che o comun­que libere dai con­di­zio­na­menti teo­lo­gici che, essen­dosi libe­rate dagli anco­raggi delle vera fede, assu­mono ine­vi­ta­bil­mente tratti tota­li­tari, intol­le­ranti e spesso violenti. 
Il ter­mine «reli­gioni seco­lari» in realtà fu coniato per primo da Ray­mond Aron per «quelle dot­trine che nello spi­rito dei nostri con­tem­po­ra­nei pren­dono il posto della fede che è sva­nita, e che tra­sfe­ri­scono in que­sto mondo, in un futuro remoto, la sal­vezza del genere umano, nella forma di un ordine sociale che dovrà essere instau­rato». Ora all’iniziale con­fu­ta­zione di Voe­ge­lin viene aggiunta, nella ste­sura tor­men­tata del volume di Kel­sen che cam­bia più volte anche il titolo, l’analisi cri­tica di autori che riba­di­scono la per­ma­nenza di istanze teo­lo­gi­che in dot­trine che si vor­reb­bero scien­ti­fi­che. Si va dai più noti ed influenti, come Karl Löwith, Erst Cas­si­rer, il già citato Aron o Jacob Tau­bes sino a pen­sa­tori ormai dimen­ti­cati come Anto­nin Gil­bert Ser­til­la­ges, Fritz Ger­lich, Craine Brin­ton. In una nota Kel­sen ricorda che anche per Carl Sch­mitt «tutti i con­cetti più pre­gnanti della moderna teo­ria dello Stato sono con­cetti teo­lo­gici seco­la­riz­zati». Ne sca­tu­ri­sce uno strano libro com­po­sto in sostanza da lun­ghis­sime recen­sioni di quest’ultimi autori seguiti da sin­te­ti­che con­si­de­ra­zioni di Kel­sen che si limita a mostrare come non esi­sta pen­siero reli­gioso senza un anco­rag­gio tra­scen­dente ed ultra­mon­dano e che quindi le teo­rie cri­ti­cate ( in pri­mis il mar­xi­smo) hanno tutte le carte in regola per riven­di­care una libe­ra­zione meto­dica dalla teo­lo­gia. Dopo essere giunto, dopo revi­sioni pro­fonde, nel 1962 ad una forma defi­ni­tiva ormai in bozza Kel­sen ritirò il libro pagando una salata penale all’editore. Rimane il mistero su cosa lo abbia mosso ad una deci­sione così dra­stica.
Il bio­grafo ed amico di Kel­sen Rudolf Métall (cui era dedi­cato il volume) rife­ri­sce di dubbi teo­rici dell’autore; nella Pre­fa­zione si accenna all’ipotesi che sia stato lo stesso Voe­ge­lin a con­si­gliare Kel­sen sui peri­coli che cor­reva a pub­bli­care un testo di stre­nua difesa del mar­xi­smo in anni di mac­car­ti­smo (anche se nel 1962 il clima era indub­bia­mente cam­biato). L’intento del volume è cer­ta­mente anche quello di un’autodifesa; il ten­ta­tivo di riven­di­care la coe­renza e lo spa­zio della teo­ria pura del diritto (la dot­trina kel­se­niana) come scienza sociale, ava­lu­ta­tiva e libera da pre­sup­po­sti teo­lo­gici, senza incor­rere nell’accusa di rap­pre­sen­tare, tra i tanti, uno degli anco­raggi «rela­ti­vi­stici» che minac­ciano le demo­cra­zie e favo­ri­scono i tota­li­ta­ri­smi. La domanda è se que­sto volume abbia una sua attualità. 
Come si accenna nella nota intro­dut­tiva di Richard Potz oggi le tesi che recla­mano un peso mag­giore delle reli­gioni nella vita poli­tica e nella deter­mi­na­zione delle linee di svi­luppo della demo­cra­zia con­tem­po­ra­nea si pre­sen­tano con argo­menti meno radi­cali di quelli com­bat­tuti da Kel­sen che vede­vano per­sino nella fede nel metodo scien­ti­fico una tarda ere­sia gno­stica. Basterà pen­sare al grande con­fronto tra Char­les Tay­lor (autore del monu­men­tale L’ età seco­lare, Fel­tri­nelli, 2009) ed un cam­pione del lai­ci­smo come Jür­gen Haber­mas (il cui Tra scienza e fede, Laterza, 2006 è in larga parte dedi­cato alla reli­gione nella sfera pubblica). 
La pre­messa da cui parte oggi Tay­lor è la com­piuta seco­la­riz­za­zione, la defi­ni­tiva fon­da­zione su basi lai­che delle isti­tu­zioni della demo­cra­zia con­tem­po­ra­nea. Quella di Tay­lor si pre­senta, quindi, come una offerta di aiuto, un con­tri­buto alla sta­bi­liz­za­zione delle società con­tem­po­ra­nee nelle quali, comun­que, il feno­meno reli­gioso non si è, con­tra­ria­mente a quanto da molti pre­vi­sto, estinto, ma costi­tui­sce ancora una ine­li­mi­na­bile dif­fe­renza che andrebbe, invece messa a valore demo­cra­tico. Le risorse par­te­ci­pa­tive dei cit­ta­dini che hanno una fede reli­giosa (al pari di quelli che ad esem­pio sono atei o agno­stici) non andreb­bero neu­tra­liz­zate in un discorso pub­blico tal­mente neu­trale ed astratto da «lobo­to­miz­zare» le con­vin­zioni più pro­fonde delle per­sone, ma invece atti­vate per tro­vare un punto di espli­cita media­zione che non può che gio­vare all’integrazione (ed all’eguaglianza effet­tiva) di tutti. 
Aggiungi didascalia

Impe­ra­tivi sistemici 
Da parte di più stu­diosi è stato osser­vato che la replica haber­ma­siana alle tesi di Tay­lor forse avrebbe con­cesso troppo a que­sta visione di una società post-secolare in cui le opi­nioni dei cre­denti pos­sono tro­vare un loro spa­zio nella sfera pub­blica pur dovendo ricer­care una «tra­du­zione «dei loro argo­menti in un les­sico acces­si­bile ed accet­ta­bile da parte di tutti, fedeli o laici (su que­sto punto il rin­vio è al numero di Micro­mega alma­nacco di Filo­so­fia n. 1/2013 con inter­venti dello stesso Haber­mas e di Tay­lor). Haber­mas avrebbe finito con l’ammettere che le risorse morali e comu­ni­ca­tive dello stato seco­la­riz­zato sono troppo deboli per reg­gere la sfida che alle società demo­cra­ti­che por­tano i nuovi impe­ra­tivi siste­mici indotti dal pro­cesso di glo­ba­liz­za­zione e in que­sta pro­spet­tiva le reli­gioni (almeno alcune) sareb­bero alla fine un pun­tello con­tro lo sfal­da­mento della coe­sione sociale. Di qui una certa insi­stenza rico­strut­tiva su quanto le reli­gioni abbiano, in realtà, vei­co­lato norme morali, con­tri­buendo alla loro isti­tu­zio­na­liz­za­zione. Recen­te­mente Ales­san­dro Fer­rara nel suo Demo­cra­tic Hori­zon ( Cam­bridge Uni­ver­sity Press) ha pro­po­sto l’utilizzazione dell’ultimo volume di John Rawsl sul Libe­ra­li­smo poli­tico e del costi­tu­zio­na­li­smo alla Bruce Acker­man per cer­care di defi­nire que­sto rin­no­vato apporto delle dif­fe­renze reli­giose nel pro­getto di una demo­cra­zia più inclusiva. 
Ci sem­bra con­clu­si­va­mente che il volume di Kel­sen atte­sti, comun­que, ai let­tori di oggi, in un con­te­sto discor­sivo in cui si è rinun­ciato ad impu­tare alla seco­la­riz­za­zione di aver gene­rato indi­ret­ta­mente le cata­strofi del 900, un certo rigore nel voler tenere sepa­rati le scienze sociali e la sfera pub­blica (lo spa­zio della deli­be­ra­zione poli­tica) dalle cre­scenti inva­sioni delle sug­ge­stioni di tipo reli­gioso; insomma una bella testi­mo­nianza, oggi rara (nell’epoca in cui nep­pure il pro­blema dell’austerity o della con­se­guente, cre­scente, povertà in Europa può essere nem­meno accen­nato senza chia­mare neces­sa­ria­mente in causa le opi­nioni dell’attuale reg­gente il Vati­cano) di mili­tanza meto­do­lo­gica laica, da non smarrire.


Nessun commento: