venerdì 9 gennaio 2015

Ripubblicati alcuni articoli postbellici di Julius Evola

Julius Evola: Mito e realtà del fascismo, a cura di G. de Turris, I libri del Borghese, pp. 218, euro 18

L’Evola impolitico contro il fascismo «troppo di sinistra» 

7 gen 2015  Libero GIUSEPPE PARLATO
Ottima l’idea di Gianfranco de Turris, realizzata dall’editore Lucarini, di ripubblicare gli scritti di Julius Evola comparsi sui giornali e sulle riviste della destra nel dopoguerra. Il volume a cura di de Turris, Mito e realtà del fascismo ( I libri del Borghese, pp. 218, euro 18), comprende articoli e saggi comparsi tra il 1949 e il 1964, su diverse testate: Rivolta ideale e Meridiano d’Italia, tra i due più significativi giornali delle origini del neofascismo, Ordine Nuovo, l’organo dei «figli del Sole» che con Evola avevano uno strettissimo rapporto, Il Secolo d’Italia, il giornale prima ufficioso poi ufficiale del Msi, fino al Conciliatore di Milano e al Roma di Napoli. Contemporaneamente, sempre per lo stesso editore, è uscito un volume che raccoglie gli articoli di Evola comparsi su Il Popolo italiano, giornale diretto da Pino Romualdi tra il 1956 e il 1957, preceduti da una densa introduzione: Julius Evola, Il Popolo italiano (1956-1957), a cura di Giovanni Sessa ( pp. 188, euro 17). Da segnalare una chicca: il resoconto, pubblicato su Il Popolo italiano dell’attività di Evola in Germania subito dopo il 25 luglio 1943, che contiene interessanti notizie anche sui rapporti tra Mussolini e Hitler. 

Il giudizio sul fascismo che compare nei due volumi è molto netto e muove dalla presa di distanza dal partito unico (una contraddizione in termini, per Evola) al rifiuto del totalitarismo e dello Stato etico, giudicati un’indebita ingerenza dello Stato nella sfera personale, dalla contestazione degli aspetti di sinistra del fascismo (populismo, corporativismo, socializzazione) alla dura contrapposizione contro Gentile, di cui disse non essere «il nostro filosofo». Durissimo infine il giudizio sul nazionalismo, di cui mise in evidenza l’origine rivoluzionaria e settaria. 
La destra che Evola proponeva era antidemocratica, ghibellina e aristocratica: allo Stato totalitario preferiva la società organica medievale, alla società di massa il concetto di gerarchia, una piramide che avesse base molto larga e vertice molto stretto; determinante era il rifiuto della logica del progresso, dello storicismo, dell’evoluzione e, quindi, dei principi rivoluzionari del 1789. 
Si trattava di una destra che nell’Italia recente non esisteva. Per trovare qualcosa di simile si doveva risalire alla fine del Settecento e ai primi dell’Ottocento: de Maistre, Clemente Solaro della Margarita, il principe di Canosa e soprattutto Metternich. Ma erano personaggi che avevano ostacolato o comunque non condiviso il processo unitario nazionale, al quale il Msi era particolarmente legato. 
Tutto ciò veniva proposto a giovani di un partito, il Msi, che partecipava alle competizioni elettorali, e quindi accettava formalmente la democrazia, che era fortemente intriso di nazionalismo e di miti risorgimentali, che vedeva nella partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende il superamento del capitalismo e del collettivismo. Questi elementi spiegano perché anche il rapporto con il neofascismo sia stato per il filosofo romano complesso e difficile. 
In ogni caso la sua presenza fu essenziale, stante la difficoltà dell’ambiente a recepirlo correttamente. Da queste pagine emerge quanto sia stato forte il fascino della impoliticità che costituisce nel filosofo romano il più rilevante antidoto al conformismo e all’omologazione.

Ecco gli scritti inediti (e i processi) del «maledetto» EvolaLuca Gallesi - il Giornale Mar, 13/01/2015 

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