domenica 15 febbraio 2015
600 anni di Germania nel libro di Neil MacGregor
Neil MacGregor: Germany. Memories of a Nation, Allen Lane,
pagine 598, £ 25
Risvolto
For the past 140 years, Germany has been the central power in
continental Europe. Twenty-five years ago a new German state came into
being. How much do we really understand this new Germany, and how do its
people now understand themselves?
Neil MacGregor argues
that uniquely for any European country, no coherent, over-arching
narrative of Germany's history can be constructed, for in Germany both
geography and history have always been unstable. Its frontiers have
constantly floated. Königsberg, home to the greatest German philosopher,
Immanuel Kant, is now Kaliningrad, Russia; Strasbourg, in whose
cathedral Johann Wolfgang von Goethe, Germany's greatest writer,
discovered the distinctiveness of his country's art and history, now
lies within the borders of France. For most of the five hundred years
covered by this book Germany has been composed of many separate
political units, each with a distinct history. And any comfortable
national story Germans might have told themselves before 1914 was
destroyed by the events of the following thirty years.
German
history may be inherently fragmented, but it contains a large number of
widely shared memories, awarenesses and experiences; examining some of
these is the purpose of this book. Beginning with the fifteenth-century
invention of modern printing by Gutenberg, MacGregor chooses objects and
ideas, people and places which still resonate in the new Germany -
porcelain from Dresden and rubble from its ruins, Bauhaus design and the
German sausage, the crown of Charlemagne and the gates of Buchenwald -
to show us something of its collective imagination. There has never been
a book about Germany quite like it.
Neil MacGregor
has been Director of the British Museum since August 2002. He was
Director of the National Gallery in London from 1987 to 2002. His
previous books include A History of the World in 100 Objects and Shakespeare's Restless World, now between them translated into more than a dozen languages.
Germania, grande madre d’Europa parola di un inglese amante di Goethe
di Ricardo Franco Levi Corriere 15.2.15
Poco
più di venticinque anni fa, il 9 novembre 1989, cadeva il Muro che
divideva Berlino. Da allora la Germania è protesa in avanti a costruire
il suo presente e il suo futuro. Al medesimo tempo, come nessun’altra
nazione, è rivolta all’indietro, a meditare sul proprio passato, gravido
di orrore e di colpa.
A un quarto di secolo da questo tornante
della storia, qual è la memoria, quale l’identità, quale il volto della
nazione tedesca? Una domanda antica, se già nel 1796 Goethe e Schiller,
si chiedevano: «La Germania? Dov’è? Io non so dove trovare un tale
Paese». Una domanda alla quale cerca oggi di rispondere il direttore del
British Museum di Londra, Neil MacGregor.
Autore, qualche anno fa,
di una straordinaria Storia del mondo in 100 oggetti , splendidamente
pubblicata in Italia da Adelphi, nel suo nuovo libro, Germany. Memories
of a Nation (Allen Lane, pagine 598, £ 25), MacGregor ci fa da guida in
un viaggio che parte dal Siegestor, l’Arco della Vittoria di Monaco e
finisce davanti al Reichstag, il Parlamento di Berlino.
In un mondo
vissuto per secoli passando di guerra in guerra, non c’è quasi una
grande città che non ospiti un arco di trionfo, modellato sugli esempi
romani degli archi di Tito e di Costantino.
L’Arco della Vittoria di
Monaco, il Siegestor, è diverso. Diverso e unico. Eretto nel 1840 per
celebrare il valore dei bavaresi nelle guerre napoleoniche, nelle quali
peraltro i nemici erano spesso altri Stati tedeschi, il Siegestor si
offre allo sguardo nel suo lato Nord nel più tradizionale dei modi:
ricche decorazioni, sculture e, a dominare il tutto, la statua in bronzo
della Baviera su un carro trainato da leoni. Il lato sud è tutt’altra
cosa. Danneggiato nella Seconda guerra mondiale, non è stato restaurato e
tutta la sua parte superiore è un’unica pietra nuda e levigata. Su di
essa, nient’altro che la scritta «Dem Sieg geweiht, vom Krieg zerstört,
zum Frieden mahnend» («Dedicato alla vittoria, distrutto dalla guerra,
incitante alla pace»): un messaggio ad un tempo di gloria e di vergogna,
di unità e di divisione, di futuro e di passato.
Parlando nella
Biblioteca del Congresso di Washington, il 29 maggio 1945, tre settimane
appena dopo la fine della guerra, Thomas Mann, che aveva lasciato la
Germania dopo l’avvento di Hitler, disse: «Per quanto io sia un
cittadino americano, sono rimasto uno scrittore tedesco, fedele alla
lingua tedesca che per me resta la mia vera patria... meine wahre
Heimat».
Era al tedesco, alla lingua, che Thomas Mann si rivolgeva per ritrovare le proprie radici e il senso di una Germania migliore.
Indiscusso
padre della lingua tedesca è Martin Lutero. Nel ritratto eseguito nel
1529 da Lucas Cranach lo vediamo sicuro di sé, con lo sguardo
tranquillo, le mani giunte, il volto tondo con un marcato doppio mento a
debordare sul colletto dell’abito tutto nero. Dodici anni prima, nel
1517, affisse al portone della chiesa di Wittenberg, le sue
«Novantacinque Tesi», scritte in protesta contro la vendita delle
indulgenze della Chiesa di Roma, che avevano scosso non la sola Germania
ma l’Europa intera.
Dichiarato un eretico dalla Chiesa, considerato
un fuorilegge dall’imperatore, Lutero, rifugiato nel castello di
Wartburg, in sole undici settimane di folle lavoro tradusse in tedesco
il Nuovo Testamento che già nel settembre 1522 fu posto in vendita alla
Fiera del Libro di Lipsia.
Era nata la lingua della Germania. Lutero
stesso spiegò come aveva costruito il suo vivo e vero tedesco: «Non
dovete chiedere alla letteratura latina come parlare tedesco. Chiedetelo
alla madre nella sua casa, al bambino nella strada, all’uomo comune al
mercato — osservate come loro parlano, e traducete di conseguenza.
Allora vi capiranno e vedranno che voi state parlando loro in tedesco».
Meno
di settant’anni prima, nel 1455, a Mainz, Johannes Gutenberg, messo a
punto un innovativo sistema di caratteri tipografici mobili e una
speciale pressa, non in tedesco ma in latino (Lutero non era ancora
nato), aveva stampato una Bibbia in centottanta esemplari. Era nato il
libro moderno e con esso, secondo molti, addirittura il mondo moderno.
L’invenzione
della stampa difficilmente sarebbe potuta avvenire altrove. La Mosa e
la Saar erano da millenni centri della lavorazione dei metalli, arte
indispensabile per la fusione dei caratteri. Con le loro attrezzature
per la pigiatura dell’uva le grandi cantine della regione attorno a
Mainz offrivano il modello per la pressa tipografica. Francoforte, con
le sue due fiere all’anno, era un punto di incontro ideale per ordinare
la carta dall’Italia e per vendere i libri una volta stampati.
Dalla
Bibbia di Gutenberg parte una linea, una tradizione di produzione
industriale di eccellenza che arriva sino al «Maggiolino» della
Volkswagen e all’affermazione su scala mondiale del «Made in Germany».
Ma la Germania è anche altro e molto di più. È la birra dell’Oktoberfest di Monaco;
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento