venerdì 6 febbraio 2015

Alain de Benoist su Trattato transatlantico e americanizzazione dell'Europa


Alain de Benoist: Le Traité transatlantique et autres menaces, Editions Pierre-Guillaume de Roux, pp. 250, euro 23

Risvolto

Comment l'Amérique a décidé d'une OPA sur l'Europe grâce au Traité transatlantique. Les multinationales sont depuis le début au coeur des négociations grâce aux lobbies. Pour libéraliser l'accès aux marchés, l'Union européenne et les Etats-Unis sont censés faire "converger" leurs réglementations dans tous les secteurs. Le problème est que les Etats-Unis sont aujourd'hui en dehors des cadres du droit international en matière écologique, sociale et culturelle, qu'ils refusent d'appliquer les principales conventions sur le travail, le protocole de Kyoto sur le réchauffement climatique, la convention pour la biodiversité, les conventions de l'Unesco sur la diversité culturelle, etc. De même que l'intégration économique de l'Europe était censée déboucher sur son unification politique, il s'agirait de créer à terme un grand bloc politico-culturel unifié allant de San Francisco jusqu'aux frontières de la zone d'influence russe. Le continent eurasiatique étant ainsi coupé en deux, une véritable Fédération transatlantique, pourvue d'une assemblée parlementaire regroupant des membres du Congrès américain et du Parlement européen, et représentant 78 Etats (28 Etats européens, 50 Etats américains), pourrait ainsi être créée. Les souverainetés nationales ayant déjà été annexées par la Commission de Bruxelles, c'est la souveraineté européenne qui serait alors transférée aux Etats-Unis. L'arnaque du Mécanisme Européen de Stabilité (MES). Ce dispositif qui prône le "déficit zéro", aboutit à la perte d'indépendance budgétaire des Etats-membres en stimulant toujours plus d'endettement. Comment la politique d'austérité accentue la misère des peuples. L'effondrement des recettes fiscales, qu'elle génère, ne fait qu'aggraver les déficits et crée toujours plus d'injustice sociale. A la disparition des services publics s'ajoute la précarisation grandissante du travail "pour plus de flexibilité". A l'origine de la crise, la dérégulation des marchés financiers. A peine sauvées par les Etats, les banques profitent des déficits publics provoqués notamment par ce sauvetage pour spéculer contre les Etats, en attaquant les titres souverains sur les marchés obligataires, et pour lancer un nouvel assaut contre les acquis sociaux. Crise de la dette ou crise de l'euro ? S'il y a bien une crise de la dette, les conditions dans lesquelles l'euro a été mis en place l'ont fortement aggravée en ignorant dramatiquement les disparités économiques entre les pays appelés à l'utiliser. Alors quelles solutions contre le nouveau totalitarisme de la mondialisation et de la gouvemance ? Alain de Benoist scrute toutes les solutions et tendances exprimées pour redonner à l'Europe une chance d'exister.


«Noi rischiamo di morire americani» 

Nel nuovo libro Alain de Benoist critica il «Trattato transatlantico» tra Usa e vecchio Continente «Con la scusa del libero scam bio gli Stati perderanno la sovranità: W ashington detterà le regole...» 
6 feb 2015 Libero SIMONE PALIAGA

«Scompariranno le ultime tracce di sovranità, e gli Stati potrebbero essere trascinati davanti a un tribunale di cui dovranno accettare le sentenze senza possibilità di appello». Una situazione ben peggiore dell' attuale dunque, in cui gli Stati e la volontà popolare pesano sempre meno nelle decisioni. E tutto in seguito al TTIP, (...) (...) il Trattato transatlantico di cui poco si parla ma che calerà nei prossimi anni sulle teste di tutti gli europei senza che abbiano avuto modo di sceglierlo. Ne parliamo con Alain de Benoist, uno dei maggiori pensatori non conformisti del Vecchio Continente, di cui in Francia è appena uscito Le Traité transatlantique et autres menaces ( Editions Pierre-Guillaume de Roux, pp. 250, euro 23).  

Che cos'è il Trattato transatlantico di cui in Italia non si sa quasi nulla? 

« Si tratta di un accordo da cui nascerà un “grande mercato” che darà origine, attraverso un'ampia deregulation, a una gigantesca zona di libero scambio tra l’Ue e gli Usa. Una volta attuato comprenderà più di 800 milioni di consumatori, la metà del PIL del pianeta e il 40% del commercio mondiale» 

a dove nasce l’idea? «La liberalizzazione totale del commercio è un vecchio obiettivo degli ambienti finanziari e liberali. Ma il TTIP è maturato in silenzio in oltre vent’anni nei corridoi del potere a Washington e a Bruxelles. Dal 14 giugno 2013 poi è entrato in una fase attiva: allora i governi degli Stati dell'Ue hanno dato mandato esclusivo alla Commissione europea di negoziare con il governo Usa i criteri per generare questo mercato comune transatlantico. Dopo un mese si organizzarono già i primi incontri che continuano oggi. Le ricordo che lo scorso 2 febbraio a Bruxelles è partita l’ottava fase della trattativa». 

Ma cosa prevede il trattato 

Al di là della rimozione delle barriere doganali, che non sono il nodo più importante, i pericoli sono principalmente due». Quali? «Primo: la rimozione delle barriere non tariffarie, cioè di tutte le norme e gli standard sanitari, sociali, ambientali che i negoziatori ritengono dannosi per libertà di commercio». E il rischio dove sta? «Nel fatto che è probabile che la convergenza degli standard porterà le norme europee ad allinearsi sugli standard americani, che sono meno vincolanti, e non il contrario. E quindi saranno gli Stati Uniti a imporre all'Europa le loro regole commerciali» E l’altra minaccia? «Ancora più grave: l’ istituzione di un meccanismo chiamato “protezione degli investimenti”. Dovrebbe consentire alle aziende private di portare in un tribunale ad hoc gli Stati se la loro legislazione fosse ritenuta lesiva dei profitti delle multinazionali». 

E come si risolverebbe la controversia? 

«Con un arbitrato discrezionale celebrato da giudici o esperti privati. Il risarcimento sarebbe potenzialmente illimitato, il giudizio inappellabile». E la sovranità degli Stati? «Scomparirebbe. Alle multinazionali e ai gruppi finanziari sarebbe sarebbe assegnato uno status giuridico pari a quello degli Stati o delle nazioni». 

Perché i politici europei non reagiscono? 

«Perché fin dall’inizio sono stati tenuti alla larga. C'è stata poca trasparenza nei negoziati. Né l'opinione pubblica né i rappresentanti politici hanno avuto accesso alle informazioni. I cittadini quindi sono stati tenuti all'oscuro di tutto a differenza dei dirigenti delle multinazionali e dei diversi gruppi di pressione, coinvolti invece regolarmente nelle discussioni». 

Perché? gli Usa vogliono a ogni costo firmare il trattato? 

«Il dollaro, negli ultimi anni, sta perdendo peso come moneta di scambio. Così la creazione di una vasta zona di libero commercio con al centro gli Usa permetterebbe di frenare questa tendenza. Inoltre Washington vuole separare il più possibile l'Europa dalla Russia». Ma ne è certo? «Si figuri che il Wall Street Journal ha ammesso ingenuamente che il partenariato transatlantico è occasione per riaffermare la leadership globale dell’Occidente in un mondo multipolare. E Obama non ha esitato a presentare il TTIP come una sorta di Nato economica, che. come l’alleanza militare sarebbe posta sotto la tutela americana».

Perché lo farebbe?

«Per tutelare l'interesse americano è un bene privare le altre nazioni della possibilità di controllare i vincoli commerciali. E questo andrebbe a profitto delle multinazionali in gran parte controllate da élite finanziarie americane. Solo così gli Usa possono conservare la loro egemonia e ridurre il nostro continente a un semplice mercato a scapito di un'Europa-potenza». 

Ma non è in atto anche un negoziato per un Trattato transpacifico? 

«Infatti. I due progetti sono complementari. Il Trattato transpacifico è stato promosso nel 2011 dagli Stati Uniti insieme ad altri otto paesi a cui si è aggiunto nel dicembre del 2012 il Giappone. Questo secondo accordo serve a contrastare il crescente potere economico della Cina». 

Si realizzerebbe così la globalizzazione sotto l'egida americana… 

«Con i due trattati commerciali, cui va aggiunto un altro accordo, il Nafta che unisce gli Usa, il Messico e ii Canada, si copriranno il 90% del PIL mondiale e il 75% degli scambi commerciali. E questo non fa che aumentare la posta in gioco politica che si nasconde dietro questi accordi commerciali».

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