domenica 15 febbraio 2015

Coscienza sporca e falsa coscienza dell'Occidente: prima di Isis, mille anni di orrori coloniali nei confronti degli Untermenschen


La lezione delle Crociate per capire gli orrori dell’Is
Obama ha ricordato le violenze perpetrate in nome del cristianesimo Non esiste alcuna dottrina pura, slegata dalle pratiche dei suoi sostenitori

di Adam Gopnik Repubblica 14.2.15
«LA STORIA semplifica tutto», scrisse 30 anni fa il grande esperto di baseball Bill James. «Ma non sai mai in che modo». All’epoca, stava scrivendo la biografia di Dave Parker, il grande “esterno” dei Pittsburgh Pirates che sembrava destinato alla Hall of Fame, fin quando degli scandali per problemi di cocaina lo hanno preso per la gola, anzi, per il naso, agli inizi degli anni ‘80. La storia lo obnubilerà ricordando i suoi trascorsi di droga, o dimenticherà gli scandali in nome dei suoi autentici record? La Hall of Fame non gli ha ancora aperto le porte. Ma l’aforisma di James vale anche per storie più importanti: è vero che la storia semplifica tutto e la trappola, insidiosa, è che ripristinare la complessità non sempre rende le cose più chiare.

Faccio questa riflessione dopo una recente dichiarazione del Presidente Obama, in occasione della National Prayer Breakfast, in merito alle orrende uccisioni di prigionieri inermi da parte dell’Is. Il suo commento era apparentemente ovvio e inconfutabile: che nella loro storia, quasi tutte le religioni (a parte forse alcune forme di Buddismo, Giainismo e simili), compresa la sua religione cristiana, siano state la concausa di orrendità. «Ai tempi delle Crociate e dell’Inquisizione, si commettevano atti terribili in nome di Cristo», ha osservato, dicendo una verità che solo un seminfermo di mente metterebbe in discussione.
Ebbene, i seminfermi non sono rari in America, e l’affermazione di Obama ha scatenato l’ovvio risentimento di certi partiti, con ricerche frenetiche su Google di prove che i nostri trascorsi, sebbene possano sembrare oscuri, non lo sono mai stati quanto i loro. Le Crociate non erano così semplici. Erano rappresaglie contro le invasioni musulmane (è la scuola di ricerca morale “Ma ha iniziato lui”.) Non le chiamavano neanche Crociate! (ma neanche l’Olocausto veniva definito così quando succedeva). L’Inquisizione? In realtà, non bruciava le persone vive; diceva alle autorità statali che gli eretici erano irrecuperabili e ed erano queste ultime a metterli al rogo.
A sua volta, ciò conduce a una serie fissa di giustificazioni: che gli ideologizzati, chissà perché, ritengono particolarmente profonde: a uccidere, non era la fede in sé, ma solo dei fanatici religiosi; che il grido dei terroristi di Parigi “Il Profeta è vendicato!” non riguarda la loro religione più di quanto la partecipazione della Chiesa cattolica in quegli auto-da-fè non riguardi la Chiesa.
La storia semplifica certamente, e persino gli orrori hanno una propria micro-storia. Questo spiega, forse, la confusione primitiva ma comune tra le forze che producono la storia e i fatti che la storia fa accadere. Le forze della storia sono sempre molteplici e complesse e contingenti, più di quanto le bugie non le facciano sembrare. Le forze che producono qualunque particolare evento storico sono sempre infinitamente divisibili in parti più piccole e contraddittorie con molte ambiguità e molti spazi di mobilità. Le Crociate erano molto più complicate che un attacco a saraceni innocenti da parte di cristiani sanguinari. Ma i fatti di base rimangono gli stessi: un grande numero di persone inermi, dagli ebrei dell’Europa centrale ai greci-bizantini di Costantinopoli, furono torturati e uccisi in nome della religione. Non occorre essere ebrei per apprezzare il pane di segale di Levy, diceva la vecchia pubblicità, e non c’è bisogno di essere ebrei per deplorare il massacro di Worms. Accogliamo la complessità perché fa risaltare le questioni morali più chiaramente sullo sfondo, così come apprezziamo la prospettiva lineare dei dipinti perché articola meglio le azioni dei personaggi in primo piano. Comprendiamo le lunghe epoche passate che fanno accadere i misfatti, ma incolpiamo i loro cattivi fautori. Le ideologie sono astratte, ma gli atti che producono sono reali. Potete neutralizzare qualunque ideologia, quantunque vile, insistendo a dire che nessuno è responsabile di quello che realmente fa. Potete riabilitare qualunque dottrina nella storia, continuando a dire che è responsabile solo delle sue conseguenze positive e attribuendo il resto a equivoci ed errori. Alcuni diranno che furono gli stalinisti o i Khmer rossi, e non i marxisti, a gestire i Gulag o i campi di steminio; che furono solo dei delinquenti dell’esercito americano, e non gli americani, a massacrare i vietnamiti a My Lai; e così via. Ma non esiste alcuna dottrina o ideale pura, slegata dalle pratiche dei suoi sostenitori.
Il lavoro dei buoni storici è di bilanciare la comprensione e l’accusa; è il polemista che cerca di usare la storia solo per giurare la sua innocenza. I misfatti delle Crociate, come quelli della schiavitù, sono successi. I fanatici che agiscono in nome della religione hanno assassinato migliaia di persone inermi. Il punto non è che nessun altro sia stato migliore; è proprio il problema. È il motivo per cui ora sentiamo che tutti i fanatismi e le ideologie predominanti in quel periodo erano altrettanto orribili, e per cui ringraziamo le nostre stelle, oltre ai nostri antenati illuminati, per averli (in gran parte) eliminati.
Il male può nascere dal bene: la religione non può mai essere il nemico; il fanatismo lo è sempre. Ma la religione è sempre stata il terreno fertile del fanatismo. Per questo, quando gli uomini commettono atti di orribile crudeltà, diciamo che hanno fatto una religione della loro politica, o che sono prigionieri di un folle dogma ideologico. Il fanatismo è la convinzione che un’unica religione o ideologia contenga tutta la verità del mondo, e che le altre religioni debbano essere, al massimo, tollerate. Il liberalismo è la credenza che la tolleranza non sia sufficiente, che un pluralismo attivo e assertivo sia fondamentale per una società sana. Il pluralismo è l’essenza del liberalismo — compresa la possibilità di rimproverarsi per gli errori del liberalismo. L’America non è responsabile per i fatti di My Lai solo relativamente alla sua rinuncia all”eccezionalismo” presuntuoso che ha causato quegli omicidi e impedito che fossero incolpati i responsabili. Gli scrupoli eccessivi — la colpa liberale — sono sicuramente un indizio di ragionevolezza quanto l’eccessiva santimonia un segno del contrario.
La settimana dopo, è stato subito chiaro che non occorre andare così indietro nel tempo per vedere uomini travestiti da cristiani commettere atti in stile Is. (Ta-Nehisi Coates e Jamelle Bouie hanno evidenziato come, nella storia recente sudamericana, orrori esattamente sovrapponibili a quelli dell’Is siano stati commessi da linciatori con l’implicita approvazione, e talvolta l’appoggio attivo, della chiesa locale). L’argomentazione del presidente Obama si è rivelata profondamente, corretta: nessun gruppo può, né mai potrà, assurgere a storico paladino morale. Ma non perché non esista una vetta morale, ma perché ci stiamo ancora arrampicando.
( © Adam Gopnik. Questo articolo è uscito sul “ New Yorker” L’autore in Italia pubblica per Guanda Traduzione Ettore Claudio Iannelli) Adam Gopnik, 58 anni, giornalista americano, è una elle firme più autorevoli del New Yorker

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