mercoledì 11 febbraio 2015

Le "risorse umane" al tempo del neoliberalismo

Massimiliano Nicoli: Le risorse umane, Ediesse

Risvolto

La nozione di risorsa umana è diventata centrale per definire la «forma-impresa» che caratterizza il capitalismo di stampo neoliberale. Di che cosa è sintomo l’inflazione di questa nozione all’interno dei luoghi di lavoro e non solo? In che modo l’«umano» è diventato oggi la «risorsa» principale dell’economia capitalistica? In questo libro - attraverso una digressione che parte dalla disciplina di fabbrica novecentesca, si sofferma sull’invenzione del management moderno e arriva fino a oggi – si sostiene che la «risorsa umana», lungi dal segnalare l’avvento del lavoro infine umanizzato, è piuttosto il correlato di una tecnologia di potere che si situa all’incrocio fra il governo politico degli individui e l’organizzazione del lavoro. Ciò che sembra una nozione tecnica o neutrale proviene in realtà da un campo di conflitti e di lotte, e rappresenta l’esito attuale di una lunga storia di tentativi di addomesticare quella che Marx chiamava la «mano ribelle del lavoro».



Il governo delle «risorse umane» 
Neoliberismo. Massimiliano Nicoli, Le risorse umane (Ediesse). Come, e perché, l'impresa è diventata la nostra forma di vita e il management l'unico discorso sull'«umano». Un libro prezioso sia dal punto di vista della documentazione, sia dal punto di vista critico

Roberto Ciccarelli, il Manifesto 10.2.2015 

L’egemonia della cul­tura dell’impresa neo­li­be­rale emerge nei luo­ghi più ina­spet­tati. Quando la Cgil invita ai con­ve­gni Luigi Ber­lin­guer, già mini­stro dei Ds che rifor­ma­rono l’università intro­du­cendo le pra­ti­che con­ta­bili, ban­ca­rie e azien­da­li­sti­che per quan­ti­fi­care i «cre­diti» di un corso di stu­dio per uno stu­dente o la nozione di «capi­tale umano» per incre­men­tare il suo port­fo­lio di com­pe­tenze e com­pe­tere sul mer­cato del lavoro gra­zie alla «for­ma­zione continua». 
Oppure quando un par­tito della sini­stra ita­liana orga­nizza il suo labo­ra­to­rio pro­gram­ma­tico chia­man­dolo «Human Fac­tor», senza accor­gersi (o forse era voluto?) che il con­cetto di «fat­tore umano» è il pila­stro della scuola delle rela­zioni umane che ha rivo­lu­zio­nato le teo­rie del mana­ge­ment negli anni Venti del XX secolo e oggi costi­tui­sce il rife­ri­mento delle teo­rie neo­li­be­rali sul mar­ke­ting. Segnali di que­sto tipo atte­stano che il discorso dell’impresa è diven­tato la forma di vita in cui si danno oggi tutte le rela­zioni in una società. 
Un utile stru­mento di orien­ta­mento e deco­di­fi­ca­zione dell’orizzonte appa­ren­te­mente insu­pe­ra­bile dell’impresa, e del suo lin­guag­gio ormai natu­ra­liz­zato, è il libro del filo­sofo Mas­si­mi­liano Nicoli Le risorse umane (Ediesse, pp. 239, 12 euro). Un libro pre­zioso sia dal punto di vista della docu­men­ta­zione (è una ras­se­gna delle teo­rie sulla gestione d’impresa sin dalla fon­da­zione con Ford e Tay­lor), sia dal punto di vista cri­tico (l’autore è un inter­prete di Michel Fou­cault e della sua let­tura del neo­li­be­ri­smo e della biopolitica). 
La con­giun­zione tra il discorso pub­blico e l’immaginario del sog­getto impren­di­tore si è sal­data fin dagli anni Set­tanta, si è con­so­li­data nella rivo­lu­zione con­ser­va­trice di That­cher e Rea­gan, è diven­tata uni­ver­sale dopo la caduta del Muro di Ber­lino. L’idea della spe­cia­liz­za­zione fles­si­bile della pro­du­zione post­for­di­sta (lean pro­duc­tion e pro­du­zione just-in-time o on demand) ha incon­trato la stra­te­gia dell’innovazione per­ma­nente e della for­ma­zione con­ti­nua. La tra­sfor­ma­zione del modo di pro­du­zione ha defi­nito l’esistenza di un nuovo cit­ta­dino al quale è oggi richie­sta la par­te­ci­pa­zione al capi­tale, la col­la­bo­ra­zione desi­de­rante alla pro­pria alie­na­zione, l’interiorizzazione delle colpe dei domi­nanti sotto forma delle poli­ti­che dell’austerità e del debito. 
Nicoli mostra come la forma-impresa sia diven­tata una forma di vita, men­tre la sog­get­ti­vità è con­ce­pi­bile solo come un dive­nire impresa del sé e del rap­porto con gli altri. «La con­nes­sione tra post­for­di­smo e neo­li­be­ra­li­smo non solo asse­gna ai mer­cato un ruolo “ale­tur­gico”, cioè di mani­fe­sta­zione del vero e di test della vali­dità delle pra­ti­che poli­ti­che – scrive — ma indi­vi­dua nella sog­get­ti­vità indi­vi­duale un altro luogo di “veri­di­zione” in cui si mani­fe­sta la nozione neo­li­be­rale di “capi­tale umano”. Ciò che resta della sto­ria è noto: la poli­tica, come la cono­scenza, o qual­siasi forma di vita attiva, oggi sono l’espressione del mana­ge­ment delle risorse umane eser­ci­tato attra­verso le tec­ni­che della valu­ta­zione, espo­si­zione o con­fes­sione che tra­sfor­mano gli indi­vi­dui in unità-imprese». 
Il libro di Nicoli non si occupa diret­ta­mente delle alter­na­tive a que­sto dispo­si­tivo di governo delle menti e dei corpi. Quanto scrive è tut­ta­via il risvolto di una ricerca che oggi impe­gna il dibat­tito poli­tico più avan­zato. Il suo metodo ricorre agli stru­menti della genea­lo­gia di Fou­cault e si eser­cita sui saperi «grigi» dell’organizzazione d’impresa, facendo emer­gere le sfu­ma­ture del neo­li­be­ri­smo dalle bio­gra­fie dei mana­ger o dalla ster­mi­nata let­te­ra­tura sulle rela­zioni d’impresa pro­dotta in un secolo. Le mappe remote del pre­sente così trac­ciate dimo­strano che la tra­sfor­ma­zione delle strut­ture del governo oggi non pas­sano dai saperi «inco­ro­nati» dalle cat­te­dre, dalle isti­tu­zioni o dai loro corpi inter­medi, ma dalla cri­tica ser­rata degli oggetti «bassi» come il mana­ge­ment di impresa che hanno colo­niz­zato la vita.

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