giovedì 12 febbraio 2015
Tachipirinas guarda ad Est?
Tsipras telefona a Pechino e torna a giocare la carta russa
L’appuntamento chiave lunedì. Voci su un incontro con Putin
di Tonia Mastrobuoni La Stampa 12.2.15
Sono due i fatti di cronaca che potrebbero inquinare i negoziati tra la
Grecia e i partner dell’eurozona, ma soprattutto con la Germania e la
Bce. Ieri il premier Alexis Tsipras, riporta una fonte governativa, ha
avuto un colloquio telefonico con il premier cinese Li Keqiang. Nelle
stesse ore, il ministro filorusso degli Esteri Nikos Kotsias si è fatto
fotografare accanto al suo sorridente omologo Sergey Lavrov a Mosca.
Soprattutto, Lavrov ha detto di «apprezzare» la cautela di Atene sulle
sanzioni contro Mosca, e i russi sembra che abbiano nuovamente offerto
la loro disponibilità ad aiutare finanziariamente la Grecia. Gira voce,
inoltre, che lo stesso Tsipras potrebbe volare presto nella capitale
russa per incontrare Vladimir Putin.
Dopo un tour europeo deludente, che è servito a Tsipras e al ministro
delle Finanze Yanis Varoufakis per appurare che nelle altre capitali la
disponibilità a rinegoziare i piani della trojka è ancora limitato,
Atene ha scelto di continuare a giocare su due tavoli. Mantiene
ostentatamente un canale aperto con i russi e i cinesi per segnalare ai
partner europei di avere un piano B. Sa che il tempo gioca a favore dei
tedeschi - più si allungano i negoziati, più la Grecia rischia lo
scenario peggiore - e tentano di conquistare spazi di manovra
garantendosi un’alternativa. Ma secondo fonti tedesche, che rievocano il
«caso Cipro» è un gioco «pericolosissimo». E la stessa fonte greca
assicura che «il nostro rapporto con la Russia e la Cina è totalmente
indipendente dai negoziati in corso sugli aspetti economici. Il futuro
della Grecia è nell’Unione europea».
Il fatto è che il gioco di sponda con i cinesi, ma soprattutto con
Mosca, provoca immediate chiusure negli interlocutori tedeschi, che si
considerano comunque meno «falchi» di finlandesi e olandesi. Una fonte
vicina a Schaeuble ricorda che fu Helsinki a stoppare un allungamento
del piano e degli aiuti della trojka fino a giugno e a imporre il
termine di fine febbraio - ad aprile si vota, in Finlandia. Arrivando
all’Eurogruppo, il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha detto
ieri che la riunione «è l’inizio di un processo, dipende da cosa ci
diranno, un programma c’è ed è già stato esteso». Poi ha aggiunto che
«ognuno è libero di fare quello che vuole, ma un programma esiste e o
viene portato a compimento o non abbiamo più un programma». Tra le
righe, il messaggio è che il vertice dei ministri delle Finanze di ieri
sera serve a una prima analisi del programma dei greci, una seconda
ricognizione avverrà oggi al vertice dei capi di Stato e di governo, ma
l’appuntamento chiave potrebbe essere invece l’Eurogruppo di lunedì.
I tedeschi non sono del tutto indisponibili a un compromesso con Atene,
sia su un negoziato che riguardi una modifica delle condizioni sul
debito ellenico, sia sugli aspetti economici come un aumento del salario
minimo. Non sono neanche contrari all’idea che la Grecia blocchi le
privatizzazioni concordate con la trojka - cosa che ha stabilito
peraltro, unilateralmente, al suo primo consiglio dei ministri, due
settimane fa. Per Berlino l’importante è che i conti restino in ordine
ma anche che Atene presenti un piano dettagliato delle riforme e delle
misure su cui intende impegnarsi. Riassume una fonte italiana: «Il
problema è che io ho visto una decina di piani greci in dieci giorni»:
un’iperbole che rende l’idea della confusione che regna ancora nelle
cancellerie sui programmi dei greci.
Ma se Atene dovesse tirare troppo la corda, una fonte tedesca ricorda il
caso Cipro: giocò di sponda con i russi, due anni fa, finché la Bce non
minacciò di tagliare i fondi di emergenza «Ela» alla banca centrale.
Una mossa che li avrebbe buttati fuori dall’euro. Anche oggi la Bce
garantisce ormai l’unica boccata d’ossigeno ad Atene attraverso l’Ela.
Una decisione, tuttavia, che il consiglio direttivo deve rinnovare ad
ogni riunione. La prossima è mercoledì.
Atene «spariglia» con Cina e Russia
di Vittorio Da Rold il Sole 12.2.15
Nel
giorno in cui la Grecia era sotto esame a Bruxelles, il capo della
diplomazia ellenica Nikos Kotzias volava a Mosca, dal possibile alleato
russo che prometteva aiuti finanziari alternativi e il premier cinese,
Li Keqiang, invitava Alexis Tsipras a Pechino per «approfondire la
cooperazione economica tra i due Paesi».
Due mosse che hanno il
sapore della provocazione diplomatica, anche perché l’avvicinamento tra
Grecia e Russia è fortemente temuto, per i dirompenti riflessi
geopolitici nell’area, sia dagli Stati Uniti che dall’Unione europea.
Il
ministro degli Esteri greco, Kotzias, ha incontrato ieri a Mosca
l’omologo Serghej Lavrov, una vecchia volpe della diplomazia russa e
prima sovietica, da cui era stato invitato. Nonostante Tsipras abbia
negato che la Grecia voglia accettare aiuti finanziari offerti dal
presidente russo Vladimir Putin (e anche dalla Cina, sebbene
quest’ultima abbia smentito l’esistenza di accordi in tal senso), la
visita di Kotzias sembra fatta apposta per alimentare le voci di un
aiuto extra Eurozona per Atene, così come avvenne per la crisi di Cipro.
Dal
canto suo Lavrov ha dichiarato che la Russia «prenderà in
considerazione» la possibilità di concedere «aiuti finanziari alla
Grecia se tale richiesta arriverà» da Atene. A questo gesto di
comprensione ed amicizia, il ministro Kotzias ha risposto che «la Grecia
non sostiene l’idea di esercitare pressioni sulla Russia attraverso le
sanzioni per la crisi ucraina». «C’è bisogno - ha aggiunto - di altri
strumenti, altre soluzioni adeguate».
In materia di sanzioni Atene sa
bene che ci vuole l’unanimità e quindi il premier greco ha un diritto
di veto, peraltro già fatto balenare sul tavolo dei negoziati il giorno
dopo l’elezione del nuovo esecutivo greco, quando il 26 gennaio Tsipras
si recò a salutare l’ambasciatore russo ad Atene (per informarlo del
segnale forte inviato a Bruxelles sul possibile veto greco alle sanzioni
sull’Ucraina) e poi al rappresentante diplomatico cinese (per
tranquillizzarlo delle incaute parole del neo-ministro delle
Infrastrutture che aveva annunciato il congelamento della
privatizzazione del 67% del Porto del Pireo, destinata alla Cosco
cinese).
Non è un mistero che Pechino ha due mega-terminal portuali
in Grecia e con la privatizzazione vuole rendere il Porto del Pireo la
porta principale delle merci cinesi verso i Balcani e l’Europa
orientale. In progetto c’è anche il rafforzamento delle rete ferroviaria
che dal Pireo dovrebbe collegarsi verso il Nord Europa .
Il premier
Tsipras sembra aver scelto di aprire due “forni” diplomatici: uno verso
l’Ue e l’alleato americano, l’altro verso Est, a Mosca e a Pechino, le
due capitali dell’ex Internazionale comunista, a cui l’ala radicale di
Syriza guarda ancora con nostalgica deferenza ideologica.
Anzi. La
dirigenza di Syriza ad Atene oggi punta a diventare la sede di un nuova
Internazionale dei «popoli oppressi dalle politiche di austerità» del
Mediterraneo.
Vero è che la Russia è il principale fornitore di gas
della Grecia e il gigante russo dell’energia, Gazprom, era stato a un
passo, dall’aggiudicarsi la privatizzazione della rete di gasdotti
ellenici. Una cessione che aveva allarmato le cancellerie occidentali
con conseguente veto di Washington e Bruxelles che avevano voluto
dissipare tentazioni di far tornare a calare delle “ombre russe”
sull’Egeo.
Pechino, invece, ha puntato su Atene, investendo nelle
infrastrutture portuali del Paese per renderlo un alleato strategico nel
Mediterraneo all’interno della sua espansione commerciale globale.
In Piazza Syntagma contro Berlino e guardando a Mosca
Corriere 12.5.15
ATENE « Silenzio, le campane suoneranno, questa è la nostra terra e
nessuno ce la toglierà». Dall’altoparlante la voce di Mikis Theodorakis
canta i versi del grande poeta Yannis Ritsos. Si stringono i greci nella
sera gelida, in piazza Syntagma. Narrano la battaglia di Bruxelles,
sostengono a distanza i loro campioni. Si scaldano con l’ouzo
nell’ultima neve di una giornata campale, davanti al Parlamento di Atene
ma anche a Tessalonica, Patrasso, Lamia, «un soffio di dignità» che
arriva a Cipro. «Venceremos» dice in spagnolo uno striscione che unisce
la Grecia alla Spagna all’Europa. La lotta all’austerità, la promessa di
riscatto di Alexis Tsipras è il collante della nuova coesione che dà
forza al governo nei negoziati. Pure, i versi partigiani di Ritsos, le
parole d’ordine della resistenza, il rinnovato sentimento antitedesco:
nel clima di questi giorni tutto porta il segno di vecchie
contrapposizioni. Lo stesso esecutivo mescola nella propria identità
populismo di sinistra e nazionalismo. Il recente richiamo di Yanis
Varoufakis alla minaccia dell’estrema destra non era solo un tentativo
di far leva sulla paura. La tregua sociale è fragile. I giochi interni
hanno già superato l’unità dello stato d’emergenza. Prima del voto di
fiducia, l’ex premier Antonis Samaras ha criticato la rotta di
collisione del nuovo esecutivo. E c’è chi osserva da lontano. Il
ministro degli Esteri Nikos Kotzias ieri era a Mosca, i fratelli russi
tendono la mano. Da Pechino arrivano i primi inviti. Nell’accordo che
Tsipras cerca in Europa si gioca la possibilità dei greci di credere
ancora nella politica. «Non ci sottometteremo» ha detto prima di
partire. La piazza innalza e abbatte.
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