giovedì 19 febbraio 2015
Una gigantesca concentrazione nell'industria editoriale italiana e nessuno muove un dito
EDITORIA. L’antitrust dà il via libera al gruppo Mondazzoli
Benedetto Vecchi Manifesto 25.3.2016, 22:06
Con tempestività, come d’altronde annunciato nel mese di febbraio, l’antitrust ha dato il via libera all’acquisizione di Rcs libri da parte di Mondadori. Un semaforo verde tuttavia condizionato, perché l’authority sulla concorrenza impone dei vincoli che dovrebbero impedire nel breve periodo il consolidamento di un monopolio dell’editoria italiana. In primo luogo, Mondazzoli dovrà vendere Bompiani e Marsilio. Un’ipotesi circolata molto tra gli addetti ai lavori e che ha incontrato anche, nelle settimane scorse, il parere favorevole dell’amministratore delegato di Mondadori Ernesto Mauri.
I nomi che circolano tra i possibili acquirenti dei due marchi editoriali sono Elisabetta Sgarbi per Bompiani e Cesare De Michelis per Marsilio. Per Elisabetta Sgarbi, sarebbe una rivincita, visto che si era opposta all’operazione, arrivando a dimettersi dall’incarico di direttrice editoriale e a fondare una nuova casa editrice (La nave di Teseo), portando con sé un nutrito gruppo di autori Bompiani. Cesare De Michelis è stato, in passato, uno dei proprietari di Marsilio. Il ritorno nelle sue mani della casa editrice veneziana non è quindi una grande novità, anche se Marsilio ha nel suo catalogo autori che vendono molto, come testimonia la presenza di scrittori del cosiddetto noir nordico (la trilogia di Millennium di Stieg Larsson è il caso più clamoroso) e di alcuni scrittori cinesi che sono diventati veri e propri casi editoriali.
Oltre a questo vincolo, ce ne sono altri che potrebbero mettere in difficoltà Mondazzoli.
Subito dopo aver aperto il fascicolo sull’operazione di acquisizione di Rcs libri, l’antitrust aveva stilato un comunicato che guardava con forte preoccupazione all’operazione, perché i rischi di un monopolio non riguardavano solo la produzione di libri – la somma delle quote di mercato dei due gruppi è al di sopra del 60 per cento del mercato -, ma anche gli ebook, la distribuzione e la vendita di libri.
Non è certo compito dell’antitrust condizionare le strategie aziendali, ma l’authority è tenuta a controllare il rispetto della libera concorrenza. Per quanto riguarda gli ebook, questo significa che il gruppo Mondazzoli deve rendere disponibili gli ebook su tutte le piattaforme di vendita dei manufatti digitali. Ciò determina che ogni sito di vendita on-line possa vendere ebook del nuovo gruppo. Questo già avviene oggi, ma attraverso accordi tra il sito in questione (per esempio Amazon) e Mondadori in un formato concordato. Dai prossimi mesi ogni sito potrà vendere ebook targati da uno dei marchi Mondazzoli, evitando così la formazione di un monopolio nella vendita. È noto che sia Mondadori che Rizzoli abbiano una loro rete di librerie che consentono, in particolar modo a Mondadori, di condizionare le vendite sul mercato, visto la promozione applicata ai titoli del gruppo di Segrate. Anche qui l’Antitrust ha stabilito regole rigide: le librerie Mondazzoli devono promuovere libri pubblicati anche da editori terzi, quindi nessun muro di libri Mondadori o Rizzoli che impediscano di individuare altri titoli di altre case editrici. Difficile stabilire come sarà rispettata questa direttiva, ma può costituire un precedente anche per altre reti di librerie (Feltrinelli).
L’ultimo vincolo che Mondazzoli dovrà rispettare riguarda il divieto di esercitare una prelazione sulla produzione degli autori presenti nel suo catalogo. Così Stephen King potrebbe lasciare Sperling&Kupfer se un altro editore proponesse compensi più alti. Una sorta di deregolamentazione dei contratti tra autori e case editrici che corre il rischio di far lievitare i compensi di alcuni scrittori, consolidando così la struttura «sportiva» del mercato editoriale: poche star che guadagnano tanto e una moltitudine di autori che hanno il fiato corto per la corsa al ribasso dei loro compensi, vista la crisi strutturale del mercato editoriale. La ciliegina sulla torta della decisione è l’imposizione a Mondazzoli di contribuire all’iniziativa romana dei piccoli editori «Più libri Più liberi» (225mila euro). Un regalo che il responsabile dell’Associazione Italiana Editori Federico Motta accoglie con entusiasmo.
La Borsa valori, come prevedibile, ha salutato positivamente la decisione dell’antitrust. Oggi Mondadori ha visto un aumento del 2 per cento delle sue azioni, mentre per Rizzoli libri la percentuale si è attestata al 3 per cento.
Così si avvia a conclusione un tormentone che ha turbato la vita delle redazioni delle case edtrici e le discussione nei salotti buoni dell’intellighènzia italiana. Ma la riduzione delle bibliodiversità e la perdita di indipendenza dell’editoria con la formazione di grandi concentrazioni editoriali continuerà a tappe solo di poco rallentate.
Mondadori-Rcs, nuove adesioni contro la fusione
Le preoccupazioni di scrittori ed editori I librai: rischiamo di essere schiacciati da un colosso
Corriere 22.2.15
Continuano le reazioni all’annuncio della possibile acquisizione, da
parte del gruppo Mondadori, di Rcs Libri. Venerdì si sono mobilitati gli
scrittori, con l’appello promosso da Umberto Eco e da altre firme
Bompiani e pubblicato sul «Corriere». Il testo è stato sottoscritto da
48 autori, anche di altri marchi. Ieri, attraverso Ginevra Bompiani,
firmataria (come scrittrice) ed editrice di Nottetempo, hanno aderito
anche Marco Missiroli, Giuseppina Torregrossa, Luciana Castellina,
Milena Agus, Loredana Lipperini oltre a Giorgio Agamben e Luisa Muraro.
Se Walter Siti, interpellato dal «Corriere», dice di non voler parlare
di questo tema, Gianrico Carofiglio risponde di non essersi ancora
chiarito le idee e comunque, aggiunge, «non sono un amante degli
appelli, anche se ciò non significa che non ci siano ottime cause, come
la libertà di pensiero». Anche Andrea Vitali ammette di non essere in
grado di valutare i dettagli. Tuttavia, spiega, «mi fa paura questo
grande monopolio che potrebbe realizzarsi. Credo strozzerebbe le piccole
case editrici, quel bacino di sperimentazione, attenzione agli
esordienti, da cui sono uscito anch’io».
L’editore Giuseppe Laterza trova positivo che gli scrittori siano scesi
in campo. «È un’espressione di sensibilità da parte del vero asset delle
case editrici. Conferma un principio importante, cioè che in un’azienda
editoriale idee e aspetto economico non sono universi separati.
Personalmente, non sono così sicuro che un’operazione di questo genere
sia redditizia. A volte si parte, poi ci si rende conto che
razionalizzare è difficile e spesso i grandi gruppi ridanno autonomia ai
piccoli».
Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato di Gems, terzo
gruppo dopo Mondadori e Rcs, commenta: «Dovrà pensarci l’Antitrust, non
il governo. È giusto che gli scrittori manifestino la loro inquietudine,
ma chi ha da temere sono soprattutto i librai».
Lo conferma Alberto Galla, presidente dell’Associazione librai (Ali):
«Magari la grancassa dell’annuncio si rivelerà più potente di quanto poi
succederà, ma, certo, ci sentiamo sempre più isolati e piccoli. Noi
siamo realtà strutturalmente artigianali, gli editori stanno diventando
sempre più colossi industriali. È chiaro che poi le aziende in mano a
bravi manager e bravi editor possono fare molto bene, mantenendo la
propria identità. Come, per esempio, dimostrano Bompiani in Rcs, o
Einaudi dentro Mondadori. Ma per noi librai un’operazione del genere
inciderebbe anche sul rapporto commerciale con i fornitori».
Tullio De Mauro, presidente della Fondazione Bellonci che promuove il
premio Strega, vede positivamente la presa di posizione degli scrittori.
«Credo che i consigli di amministrazione non possano restare
insensibili, soprattutto se alle parole seguissero i fatti, cioè
l’abbandono delle case editrici nel caso che l’operazione vada in
porto». Ci si chiede anche che senso avrebbero i premi letterari in uno
scenario con un editore dominante: «Già oggi la situazione è difficile,
anche se da un po’ stiamo cercando, con piccole modifiche del
regolamento, di sottrarre gli Amici della Domenica alle pressioni dei
gruppi. Andremo avanti, faremo la nostra parte ma il resto è affidato
alla società italiana, al Parlamento e, credo, all’Antitrust».
Scalate letterarie Rcs libri, Mondadori fa sul serio
di Silvia Truzzi il Fatto 19.2.15
Non ci sono bravi a mettere i bastoni tra le ruote al matrimonio
editoriale dell’anno, quello tra Mondadori e Rizzoli, che stanno
trattando per quella che è stata in un primo tempo definita una
“fusione” e che in realtà è un’acquisizione completa della divisione
libri di Rcs da parte di Segrate. C’è una richiesta formale della
Consob, praticamente un atto obbligato perché entrambe le società sono
quotate in borsa, e c’è la conferma da parte di entrambi i contraenti.
Mondadori ha presentato “una manifestazione di interesse non vincolante”
relativa a un'eventuale acquisizione dell’intera partecipazione
detenuta da Rcs Mediagroup in Rcs libri pari al 99,99%. Oltre a questo,
l’offerta include anche “l’ulteriore complesso di beni e attività che
costituiscono l’ambito librario di Rcs”. Il cda di via Rizzoli – fa
sapere una nota del gruppo – si è riservato ogni valutazione in merito.
Però ora è ufficiale: la trattativa c'è ed è ben più di un pour parler.
L’operazione conviene a entrambi. Il gruppo guidato da Marina
Berlusconi, che ha da poco scorporato la divisioni libri, mirava a
espandersi: dal 26% per cento di quote di mercato, con Rcs arriverebbe
al 40 nel trade; dal 13 per cento al 25 nella scolastica.
L'amministratore delegato di Rcs Pietro Jovane spinge per accelerare i
tempi (anche perché il consiglio di amministrazione scade in primavera).
Non tutti i consiglieri però sono d'accordo: molto perplesso sulla
bontà dell’operazione pare sia Pier Gaetano Marchetti, anche se lo
stesso notaio qualche giorno fa, a margine di un convegno, si è limitato
a un breve no comment: “Il cda non ha deciso nulla”. Privarsi della dei
libri (dunque, oltre Rizzoli, di marchi come Bur, Bompiani, Fabbri,
Marsilio, Adelphi) è un atto, anche simbolicamente, molto forte: ma
serve liquidità per riparare alla situazione molto critica del bilancio.
E quindi ogni anno bisogna vendere qualcosa. Le stime che in autunno la
società ha reso note prevedono un debito 2014 sotto i 500 milioni:
erano quasi 850 a fine 2012 (ma nel mezzo c’è stata una
ricapitalizzazione da 400 milioni oltre a tagli e ad altre cessioni, tra
cui la casa editrice francese Flammarion alla Gallimard). Quanto
costerà a Marina Berlusconi l’acquisto del maggiore concorrente? Si è
parlato di una valutazione di Rcs attorno ai 200 milioni, ma la cifra
più verosimile si aggira tra i 120 e i 150.
Stefano Mauri (GeMS) “Per l’Italia sarebbe qualcosa di abnorme”
di M. B. La Stampa 19.2.15
Lo choc, per gli altri editori italiani, è parzialmente attutito dal
fatto che ormai se ne parlava da mesi. La mega-fusione sempre più vicina
è indubbiamente vista come una minaccia, anche sei i toni sono molto
prudenti, e la voglia di parlare assai poca. Feltrinelli fa sapere di
non avere al momento posizioni in merito, Sellerio pure, e persino un
editore sempre battagliero come Giuseppe Laterza preferisce tacere, in
attesa di capire meglio i termini della questione. Lo stesso silenzio è
la spia di una grande preoccupazione.
Stefano Mauri, presidente e ad del gruppo GeMS, terzo per un’incollatura
dietro Rizzoli sul mercato italiano, prova però a ragionare con i
numeri. Mondadori, ricorda, ha il 26 per cento, che unito al 12 di
Rizzoli creerebbe un gigante di dimensioni colossali. Senza contare che
le due case editrici arriverebbero insieme al 25 per cento della
scolastica, il che significa «un libro su quattro».
C’è una preoccupazione che riguarda anche la proprietà, cioè Silvio
Berlusconi e la sua famiglia, che si ritroverebbero in una posizione
rilevantissima nel delicato mondo dell’educazione? Mauri non raccoglie.
«Intanto aspettiamo di capire se questa fusione, anzi acquisizione, si
fa davvero. Oggi abbiamo avuto la conferma che quel che si diceva in
giro non era privo di fondamento. Corre voce che i soci Rizzoli siano
divisi al proposito. Vedremo...» Sta facendo gli scongiuri? «Diciamo che
in nessun Paese europeo esiste una concentrazione di queste dimensioni.
La fusione tra Penguin e Random House, due giganti, ha creato sì un
colosso, ma che per l’Inghilterra vale tutto insieme il 26 per cento, e
cioè proprio la quota che Mondadori ha oggi in Italia». L’acquisizione
non sarebbe perciò una bella notizia? «Diciamo che per l’Italia sarebbe
qualcosa di abnorme».
Sulla stessa linea Carmine Donzelli, editore orgoglioso della tradizione
«artigianale»: «Prima che editore, però, sono cittadino. E come tale
penso che concentrazioni di questa entità siano una turbativa specifica
del mercato. Ci sono istituzioni che devono e possono decidere se
consentirle o meno. Detto questo, non mi straccio le vesti». In che
senso? «Nel senso che spesso le grandi fusioni portano ad un certo
appannamento dei marchi. Egoisticamente potrebbe anche giovarmi,
rivelarsi una chance ulteriore per un editore come sono io. Ma il libro
ha una sua specificità. E se il pluralismo dei soggetti è importante in
ogni mercato, nel nostro lo è ancora di più».
L’Editore della Nazione Mondadori vuole Rizzoli sarà il gigante del libro
di Stefano Bartezzaghi Repubblica 19.2.15
QUASI cinquant’anni fa le due rivali storiche del dolciario italiano
Alemagna e Motta si ritrovarono riunite nella Sme: qualcuno parlò di
«Alemotta». Il buon gusto letterario forse impedirà il conio di un
marchio «Mondazzoli» ma certamente la notizia dell’offerta di
acquisizione della Rizzoli (cioè, di Rcs libri) da parte della Mondadori
è assai più rilevante di quella che impressionò gli appassionati del
panettone.
Se l’affare editoriale andrà in porto, nell’ansimante settore librario
italiano si ergerà una specie di cattedrale che non temerà ombre,
occupando quasi il 40 per cento del settore medesimo. Sotto la
vastissima copertura di questo edificio colossale si ritroverebbe una
quantità di marchi che sono tra i più famigliari ai frequentatori delle
librerie. Da parte Mondadori, oltre al marchio omonimo: Einaudi,
Sperling & Kupfer, Harlequin, Piemme, Electa; da parte Rcs: Rizzoli,
Bompiani, Adelphi, Marsilio, Sonzogno, Skira, Lizard, Sansoni, Fabbri.
IL RESTO del mercato se lo spartirebbero il Gruppo Gems (Garzanti,
Longanesi, Guanda, Salani, Bollati Boringhieri, Chiarelettere...),
Feltrinelli, un editore storico come Laterza e poi Sellerio e la
galassia della piccola editoria, vivacissima culturalmente ma
economicamente altrettanto debole.
È vero che la tendenza alla concentrazione è globale: meno di tre anni
fa l’americana Random House si è fusa con la britannica Penguin Books
(assieme coprono fra il 25 e il 30 per cento del mercato americano) e
analoghe operazioni hanno interessato Hachette in Francia e Planeta in
Spagna. La concentrazione razionalizza i conti economici e soprattutto
permette di fronteggiare la minaccia di Amazon, che opera a livello
globale. Ma solo in Italia la concentrazione occuperebbe una quota di
mercato tanto ampia. Inoltre avverparrebbe rebbe per acquisizione e non
per fusione: il 26 per cento di Mondadori sommato all’11 per cento di
Rcs si avvicina al 40 per cento, cifra che ricorderà forse qualcosa a
chi si interessa di politica. In effetti nascere così, speculare al
Partito della Nazione di Matteo Renzi, una sorta di Editore della
Nazione. E a capo di quest’ultimo ci sarebbe Marina Berlusconi.
Oltre a rafforzare Mondadori, l’operazione risolverebbe qualche problema
di bilancio a Rcs Mediagroup: da questo punto di vista conviene a
entrambi e quindi ha una buona probabilità di riuscita. Del resto la si
ventilava da mesi.
Solo in futuro sapremo quali mosse seguiranno quella iniziale
dell’offerta non vincolante e anche se l’Antitrust troverà qualcosa da
ridire sull’intera operazione. Qualche conseguenza per la cultura
italiana però è già prevedibile. Per quel che riguarda la sua
tradizione, Mondadori e Rizzoli sono stati i due pilastri dell’editoria
anche popolare italiana, due filoni paralleli e autonomi, con filosofie e
storie completamente diverse. Oltre a loro è abbastanza impressionante
pensare a quali diverse fonti e identità editoriali si ritrovino a
confluire, con marchi storici come Bompiani e Einaudi impensabilmente
apparentati fra loro. Quanta autonomia di linee e politiche editoriali
sarà garantita, in una fase di accentramento?
Per quel che riguarda gli editor, gli autori, i librai, tutta la filiera
e del mercato del lavoro editoriale è un colpo dato all’ampiezza della
domanda e dell’offerta e questo configura oggettivamente il rischio
dell’egemonia culturale, se non di un vero e proprio monopolio
potenziale. Di fatto non ci sarebbe più un’alternativa possibile, a
parità di dimensioni della casa madre. Un libro potrà uscire solo
dall’unico grande gruppo, oppure da un gruppo medio, o da un piccolo.
Sono conseguenze certamente preoccupanti. Del resto la situazione
dell’editoria libraria era preoccupante già da prima e questa stessa
offerta è una dimostrazione della debolezza generale del settore.
Mondadori vuole Rizzoli ecco il colosso dei libri
Rivoluzione nell’editoria il gruppo di Segrate offre 120 milioni per la Rcs Libri
di Simonetta Fiori Repubblica 19.2.15
I MARCHI Mondadori controlla Einaudi, Piemme, Sperling & Kupfer,
Mondadori Education e Mondadori Electa Rcs comprende: Rizzoli, Bompiani,
Fabbri, Sonzogno, Adelphi (57,99%) e Marsilio (50,99%)
CI siamo. Sta per nascere il temuto moloch dei libri che
spadroneggerebbe su metà del mercato editoriale italiano. Un passo
avanti è stato compiuto nella giornata di ieri. Nel tardo pomeriggio un
lancio di agenzia annuncia che «su richiesta della Consob, la Arnoldo
Mondadori informa di aver sottoposto a Rcs Media Group una
manifestazione di interesse non vincolante relativa a un’eventuale
operazione di acquisizione di Rcs Libri». In sostanza, la principale
azienda editoriale italiana, di proprietà di Silvio Berlusconi, si sta
avvicinando a grandi passi verso l’annessione della Rcs Libri, il
secondo gruppo dopo Mondadori.
Se l’operazione andasse in porto, ne risulterebbe la più grande
concentrazione libraria in Europa. Ma prima bisogna attendere le
decisioni del consiglio di amministrazione di Rcs, in cui non tutti sono
d’accordo sulla cessione. Il dossier con la proposta di acquisto da
parte della famiglia Berlusconi circolava da mesi e se ne è parlato nel
dettaglio nell’ultimo cda di Rcs della scorsa settimana, tanto da
convincere la Consob a chiedere ai due gruppi di uscire allo scoperto. E
così è accaduto ieri, con due mesi di anticipo sul prossimo
appuntamento che dovrebbe ridisegnare il board di Rcs. Ma perché
formulare un’offerta non vincolante? Secondo molti operatori, per
esercitare pressione sui consiglieri Rcs più riluttanti. Oppure perché
la Mondadori vuole riservarsi la possibilità di uscire dall’affare
qualora emergessero elementi che non la convincono del tutto. Perché
naturalmente il punto ora sono i soldi. Quanto vale la Rcs Libri? La
cifra massima è stimata intorno ai 200 milioni di euro, ma un accordo si
potrebbe trovare in una fascia di prezzo assai più bassa che oscilla,
secondo quasi tutti gli osservatori, tra i 150 e la cifra più verosimile
di 120 milioni.
Una boccata di ossigeno e nuova liquidità per il gruppo guidato da
Pietro Scott Jovane (gravato da un indebitamento stimato sotto i 500
milioni a fine 2014) e che eviterebbe un eventuale nuovo aumento di
capitale. Ma si tratterebbe di un’amputazione dolorosa. Dai libri, e
dalla coraggiosa impresa del cavalier Angelo Rizzoli, è nata l’azienda
editoriale che oggi include anche un grande quotidiano, periodici, Tv e
web. «Non bisogna farsi prendere dalla fretta», dice Urbano Cairo,
azionista di Rcs con il 3%.
Ma quali potrebbero essere le conseguenze culturali del più potente
matrimonio librario della storia italiana? Intanto la nascita di un
gruppo editoriale che non ha eguali in Europa. L’annessione di Rizzoli
(11,7%) da parte della Mondadori (27%) significherebbe l’occupazione di
una fetta del mercato di poco inferiore al 40 per cento. In Spagna il
primo marchio è Planeta con il 24%, seguito da Penguin Random House
(17). In Francia il più grande tempio editoriale è Hachette (21), con
Editis/Planeta al 16 e Gallimard/Flammarion all’11. In Inghilterra il
ruolo principe spetta a Penguin Random House (26) seguito da Hachette
(17) e Harper Collins (9). Anche in Germania il gigante Bertelsmann non
supera il 23%, seguito a distanza da Holtzbrink/Mac Millan (14). Quella
italiana sarebbe dunque un’assoluta anomalia, che pone interrogativi sul
piano della libera concorrenza: quale margine di azione avrebbero i
competitor, ossia il gruppo Gems, Giunti, Feltrinelli e la miriade di
piccole e medie case editrici che costituiscono il tessuto culturale del
paese?
Parliamo di libri, dunque di idee e di geografie intellettuali. Il nuovo
gruppo sarebbe un attore dominante nella produzione editoriale, con una
forza difficilmente contenibile nella campagna acquisti degli autori
(pensiamo solo agli anticipi). Ma il ruolo egemone sarebbe anche nella
distribuzione e nel rapporto con le librerie, oltre che nel mercato del
lavoro editoriale. Un sovrano assoluto, il nuovo Mondazzoli o chissà
come sarà chiamato (forse il marketing è già al lavoro), capace di
dettare legge in ogni passaggio della filiera del libro. Anche il
settore della scolastica ne potrebbe risentire: un manuale su quattro
sarebbe targato Mondadori/ Rcs. E che fine farebbero marchi come
l’Adelphi di Roberto Calasso e Marsilio, il feudo veneziano di Cesare De
Michelis, dentro la nuova galassia? Non si esclude che i padri titolari
stiano lavorando per difendere i propri gioielli dalla fusione. E molte
domande rimbalzano sul destino dell’Einaudi, il blasone di cultura
dentro Mondadori. Cambieran- no gli assetti anche in via Biancamano?
A Segrate il mutamento è recente, con la brusca uscita di Riccardo
Cavallero e l’arrivo al vertice di Ernesto Mauri con la qualifica di
presidente. Ma l’attenzione si concentra sul grande rientro di Gian
Arturo Ferrari, che appare il personaggio chiave. Editore di seconda
generazione - non quella dei padri ma nemmeno quella dei manager puri,
profilo bifronte tra cultura e profitti - appare l’uomo più adatto per
gestire la complessa operazione. Mondadori-Rcs si distinguerebbe dal
resto di Europa anche per un’altra caratteristica, tutt’altro che
irrilevante. Il suo padrone sarebbe Silvio Berlusconi, l’ex premier che
continua a condizionare la scena politica nazionale. Ma davvero
Berlusconi è interessato a guidare questa nuova grande macchina dei
libri o preferirebbe far cassa, vendendo alla migliore offerta? Già da
tempo circola il nome di Bertelsmann, ma potrebbe essere interessato
anche Murdoch, se nel pacchetto fosse presente anche un pezzo di
Mediaset. Non è escluso che una proposta arrivi anche dal gruppo svedese
Bonnier.
Fusione chiama fusione, secondo una vecchia regola del mercato. Ma la
regola è destinata a infrangersi nel mondo dei libri italiano, connotato
da una forte tradizione famigliare. I gruppi più esposti agli effetti
della nuova concentrazione sono Gems e Feltrinelli, imprese segnate da
una cifra specifica e da equilibri difficilmente modificabili. Al
momento non resta che aspettare.
Egle Santolini la Stampa 20 2 2015
Adesso che l’impossibile sembra concretizzarsi, i libri Rizzoli mangiati dalla Mondadori, sono in tanti a immaginarsi che cosa mai potrebbero dirsi tra le nuvole quei due là, il Cumenda e l’Incantabiss. Nati a due giorni di distanza, Angelo il 31 ottobre e Arnoldo il 2 novembre 1889, e self-made men che più non si può: Mondadori figlio di un calzolaio ambulante che era rimasto analfabeta fino ai cinquant’anni, in grado di garantire al figlio solo la quinta elementare, Rizzoli orfano di un ciabattino suicida per miseria, prima scolaro deriso dai compagni nella scuola dei sciuri di via Santo Spirito a Milano, poi felicemente riparato nell’istituto dei Martinitt dove almeno erano tutti poveri uguali. Eppure sono stati loro, che di libri ne avevano letti pochissimi, a incarnare la moderna industria culturale italiana, dopo la generazione dei padri fondatori Ricordi-Hoepli-Vallardi.
Calcio, soldi e belle donne
Che oggi tutto quel ben di Dio finisca in mano, sia pure per tramite della figlia Marina, a un (ex) Cavaliere, epitome del milanesone iperattivo e barzellettiere, e la cui sola lettura conosciuta è un fin troppo citato Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam, assume un significato simbolico a cui è difficile sottrarsi. Gran storia padana, con contorno di squadre di calcio (il Milan dei Rizzoli, poi quello del Berlusca), miliardi, sicofanti, belle donne, figli ribelli, scalate sociali precipitose. E le terme di Lacco Ameno d’Ischia per Rizzoli, la villa a Meina per Mondadori, il falansterio di Arcore per Berlusconi: che tanto per restare sull’argomento libri, ai tempi del vecchio Casati Stampa, quando per cena arrivava Benedetto Croce, conteneva una delle più grandi biblioteche d’Italia, al momento non pervenuta.
In questa saga ambrosiana il vero Cumenda resta tuttavia Angelo Rizzoli, che così si faceva chiamare anche dai nipoti odiando l’appellativo di nonno. Più che ad Arnoldo (detto Incantabiss cioè incantatore di serpenti fin da quando, con quella voce fascinosa, leggeva le didascalie dei film muti al cinema di Ostiglia) è ad Angelo che rimandano gli infiniti aneddoti.
Mondanità e fiuto
Il Cumenda al tavolo da gioco, spesso vestito di chiaro, talvolta con una bellona sottobraccio, sempre con la sigaretta al mentolo in bocca. Che al momento del passaggio dalla storica sede di piazza Carlo Erba a quella di via Civitavecchia si mangiava con gli occhi «il plastico», cioè il modellino del nuovo edificio. Che la sera faceva il giro delle redazioni per spegnere le luci, perché si sa che con le cinque lire si fanno i milioni. Incapricciato della spettacolare Myriam Bru, a cui spinse la carriera nel cinema, pur rimanendo sempre sposatissimo con Anna Marzorati.
Così popolare che un attore di varietà che gli somigliava molto, Furlanetto, cominciò a imitarlo nei film, arrivando all’apogeo nel sublime Vedovo di Dino Risi. Rozzo e gaffeur, ma vitale, e con un fiuto che avercene. Uno che pur non tenendo a mente i nomi degli autori non sbagliava un colpo, come nel caso rievocato da Indro Montanelli: «Mi chiese di dare un’occhiata al manoscritto di un prete di cui non ricordava il nome. Ma, aggiunse, se è una porcheria non dirmelo, tanto lo pubblico lo stesso. Quel prete aveva una bella faccia. Ho capito poco di ciò che ha detto. Ma ho capito benissimo che non è un imbroglione». Era la Vita di Gesù Cristo di padre Giuseppe Ricciotti e produsse tirature da urlo. Come se non bastasse produttore della Dolce vita, e pure in questo caso è Montanelli a raccontare che cosa pensasse di Fellini: «Perché quel tipo lì, come si chiama? Se riesce a far recitare gli altri come recita lui, farà certamente qualcosa che magari non si vende, ma che valeva la pena di fare. Perché quello lì per metà è un ciarlatano, ma per l’altra metà è un genio».
Sobrietà e amicizie
Molto lontano dalle cronache mondane era invece l’Incantabiss, che originò un numero assai minore di leggende metropolitane ma che nonostante gli inizi umilissimi riuscì più del rivale a conquistarsi un certo carisma culturale, perché la ripartizione tra i due imperi rimase in fondo quella originale, alla Mondadori i libri e alla Rizzoli i giornali. E allora ecco Arnoldo a Meina, nella sobria casa sul lago, con Thomas Mann appena dopo la guerra, con gli autori della casa per certi pranzi natalizi (Piovene, Ungaretti, Bassani, Buzzati, Oreste del Buono, Mario Soldati e Domenico Porzio che rimase uno degli elementi fondamentali del cerchio magico), con Walt Disney che nel 1935 venne personalmente a omaggiarlo per i successi di Topolino. L’intreccio d’amicizia e di parentela con i Monicelli: il giornalista Tomaso amico fraterno e mentore agli inizi della casa editrice, poi diventato cognato quando ne sposò la sorella Andreina; e il regista Mario che di Tomaso era figlio. Arnoldo fu l’uomo della Medusa e, alla fine della vita, dei Meridiani. Non scevro da connivenze con il fascismo, poi riparato in Svizzera, poi esulcerato dai dissidi col figlio ribelle Alberto: e in questo le due dynasty finirono per assomigliarsi, perché dopo la morte dei padri fondatori per le seconde e terze generazioni si scatenò il diluvio.
A tutt’e due piacevano il lavoro ben fatto e l’odore d’inchiostro. Si incontravano di striscio d’estate a Cortina, durante le passeggiate. «Il papà alzava il bastone in segno di saluto», ha raccontato Cristina Mondadori, «e poi ci diceva: è passato Erre».
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