giovedì 19 febbraio 2015

Una gigantesca concentrazione nell'industria editoriale italiana e nessuno muove un dito

Un monopolio di libri diluito nel tempo 
EDITORIA. L’antitrust dà il via libera al gruppo Mondazzoli 
Benedetto Vecchi Manifesto 25.3.2016, 22:06 
Con tempestività, come d’altronde annunciato nel mese di febbraio, l’antitrust ha dato il via libera all’acquisizione di Rcs libri da parte di Mondadori. Un semaforo verde tuttavia condizionato, perché l’authority sulla concorrenza impone dei vincoli che dovrebbero impedire nel breve periodo il consolidamento di un monopolio dell’editoria italiana. In primo luogo, Mondazzoli dovrà vendere Bompiani e Marsilio. Un’ipotesi circolata molto tra gli addetti ai lavori e che ha incontrato anche, nelle settimane scorse, il parere favorevole dell’amministratore delegato di Mondadori Ernesto Mauri. 
I nomi che circolano tra i possibili acquirenti dei due marchi editoriali sono Elisabetta Sgarbi per Bompiani e Cesare De Michelis per Marsilio. Per Elisabetta Sgarbi, sarebbe una rivincita, visto che si era opposta all’operazione, arrivando a dimettersi dall’incarico di direttrice editoriale e a fondare una nuova casa editrice (La nave di Teseo), portando con sé un nutrito gruppo di autori Bompiani. Cesare De Michelis è stato, in passato, uno dei proprietari di Marsilio. Il ritorno nelle sue mani della casa editrice veneziana non è quindi una grande novità, anche se Marsilio ha nel suo catalogo autori che vendono molto, come testimonia la presenza di scrittori del cosiddetto noir nordico (la trilogia di Millennium di Stieg Larsson è il caso più clamoroso) e di alcuni scrittori cinesi che sono diventati veri e propri casi editoriali.
Oltre a questo vincolo, ce ne sono altri che potrebbero mettere in difficoltà Mondazzoli. 
Subito dopo aver aperto il fascicolo sull’operazione di acquisizione di Rcs libri, l’antitrust aveva stilato un comunicato che guardava con forte preoccupazione all’operazione, perché i rischi di un monopolio non riguardavano solo la produzione di libri – la somma delle quote di mercato dei due gruppi è al di sopra del 60 per cento del mercato -, ma anche gli ebook, la distribuzione e la vendita di libri. 
Non è certo compito dell’antitrust condizionare le strategie aziendali, ma l’authority è tenuta a controllare il rispetto della libera concorrenza. Per quanto riguarda gli ebook, questo significa che il gruppo Mondazzoli deve rendere disponibili gli ebook su tutte le piattaforme di vendita dei manufatti digitali. Ciò determina che ogni sito di vendita on-line possa vendere ebook del nuovo gruppo. Questo già avviene oggi, ma attraverso accordi tra il sito in questione (per esempio Amazon) e Mondadori in un formato concordato. Dai prossimi mesi ogni sito potrà vendere ebook targati da uno dei marchi Mondazzoli, evitando così la formazione di un monopolio nella vendita. È noto che sia Mondadori che Rizzoli abbiano una loro rete di librerie che consentono, in particolar modo a Mondadori, di condizionare le vendite sul mercato, visto la promozione applicata ai titoli del gruppo di Segrate. Anche qui l’Antitrust ha stabilito regole rigide: le librerie Mondazzoli devono promuovere libri pubblicati anche da editori terzi, quindi nessun muro di libri Mondadori o Rizzoli che impediscano di individuare altri titoli di altre case editrici. Difficile stabilire come sarà rispettata questa direttiva, ma può costituire un precedente anche per altre reti di librerie (Feltrinelli). 
L’ultimo vincolo che Mondazzoli dovrà rispettare riguarda il divieto di esercitare una prelazione sulla produzione degli autori presenti nel suo catalogo. Così Stephen King potrebbe lasciare Sperling&Kupfer se un altro editore proponesse compensi più alti. Una sorta di deregolamentazione dei contratti tra autori e case editrici che corre il rischio di far lievitare i compensi di alcuni scrittori, consolidando così la struttura «sportiva» del mercato editoriale: poche star che guadagnano tanto e una moltitudine di autori che hanno il fiato corto per la corsa al ribasso dei loro compensi, vista la crisi strutturale del mercato editoriale. La ciliegina sulla torta della decisione è l’imposizione a Mondazzoli di contribuire all’iniziativa romana dei piccoli editori «Più libri Più liberi» (225mila euro). Un regalo che il responsabile dell’Associazione Italiana Editori Federico Motta accoglie con entusiasmo. 
La Borsa valori, come prevedibile, ha salutato positivamente la decisione dell’antitrust. Oggi Mondadori ha visto un aumento del 2 per cento delle sue azioni, mentre per Rizzoli libri la percentuale si è attestata al 3 per cento. 
Così si avvia a conclusione un tormentone che ha turbato la vita delle redazioni delle case edtrici e le discussione nei salotti buoni dell’intellighènzia italiana. Ma la riduzione delle bibliodiversità e la perdita di indipendenza dell’editoria con la formazione di grandi concentrazioni editoriali continuerà a tappe solo di poco rallentate.

Mondadori-Rcs, nuove adesioni contro la fusione

Le preoccupazioni di scrittori ed editori I librai: rischiamo di essere schiacciati da un colosso

Corriere 22.2.15

Continuano le reazioni all’annuncio della possibile acquisizione, da parte del gruppo Mondadori, di Rcs Libri. Venerdì si sono mobilitati gli scrittori, con l’appello promosso da Umberto Eco e da altre firme Bompiani e pubblicato sul «Corriere». Il testo è stato sottoscritto da 48 autori, anche di altri marchi. Ieri, attraverso Ginevra Bompiani, firmataria (come scrittrice) ed editrice di Nottetempo, hanno aderito anche Marco Missiroli, Giuseppina Torregrossa, Luciana Castellina, Milena Agus, Loredana Lipperini oltre a Giorgio Agamben e Luisa Muraro.
Se Walter Siti, interpellato dal «Corriere», dice di non voler parlare di questo tema, Gianrico Carofiglio risponde di non essersi ancora chiarito le idee e comunque, aggiunge, «non sono un amante degli appelli, anche se ciò non significa che non ci siano ottime cause, come la libertà di pensiero». Anche Andrea Vitali ammette di non essere in grado di valutare i dettagli. Tuttavia, spiega, «mi fa paura questo grande monopolio che potrebbe realizzarsi. Credo strozzerebbe le piccole case editrici, quel bacino di sperimentazione, attenzione agli esordienti, da cui sono uscito anch’io».
L’editore Giuseppe Laterza trova positivo che gli scrittori siano scesi in campo. «È un’espressione di sensibilità da parte del vero asset delle case editrici. Conferma un principio importante, cioè che in un’azienda editoriale idee e aspetto economico non sono universi separati. Personalmente, non sono così sicuro che un’operazione di questo genere sia redditizia. A volte si parte, poi ci si rende conto che razionalizzare è difficile e spesso i grandi gruppi ridanno autonomia ai piccoli».
Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato di Gems, terzo gruppo dopo Mondadori e Rcs, commenta: «Dovrà pensarci l’Antitrust, non il governo. È giusto che gli scrittori manifestino la loro inquietudine, ma chi ha da temere sono soprattutto i librai».
Lo conferma Alberto Galla, presidente dell’Associazione librai (Ali): «Magari la grancassa dell’annuncio si rivelerà più potente di quanto poi succederà, ma, certo, ci sentiamo sempre più isolati e piccoli. Noi siamo realtà strutturalmente artigianali, gli editori stanno diventando sempre più colossi industriali. È chiaro che poi le aziende in mano a bravi manager e bravi editor possono fare molto bene, mantenendo la propria identità. Come, per esempio, dimostrano Bompiani in Rcs, o Einaudi dentro Mondadori. Ma per noi librai un’operazione del genere inciderebbe anche sul rapporto commerciale con i fornitori».
Tullio De Mauro, presidente della Fondazione Bellonci che promuove il premio Strega, vede positivamente la presa di posizione degli scrittori. «Credo che i consigli di amministrazione non possano restare insensibili, soprattutto se alle parole seguissero i fatti, cioè l’abbandono delle case editrici nel caso che l’operazione vada in porto». Ci si chiede anche che senso avrebbero i premi letterari in uno scenario con un editore dominante: «Già oggi la situazione è difficile, anche se da un po’ stiamo cercando, con piccole modifiche del regolamento, di sottrarre gli Amici della Domenica alle pressioni dei gruppi. Andremo avanti, faremo la nostra parte ma il resto è affidato alla società italiana, al Parlamento e, credo, all’Antitrust».


Scalate letterarie Rcs libri, Mondadori fa sul serio
di Silvia Truzzi il Fatto 19.2.15
Non ci sono bravi a mettere i bastoni tra le ruote al matrimonio editoriale dell’anno, quello tra Mondadori e Rizzoli, che stanno trattando per quella che è stata in un primo tempo definita una “fusione” e che in realtà è un’acquisizione completa della divisione libri di Rcs da parte di Segrate. C’è una richiesta formale della Consob, praticamente un atto obbligato perché entrambe le società sono quotate in borsa, e c’è la conferma da parte di entrambi i contraenti. Mondadori ha presentato “una manifestazione di interesse non vincolante” relativa a un'eventuale acquisizione dell’intera partecipazione detenuta da Rcs Mediagroup in Rcs libri pari al 99,99%. Oltre a questo, l’offerta include anche “l’ulteriore complesso di beni e attività che costituiscono l’ambito librario di Rcs”. Il cda di via Rizzoli – fa sapere una nota del gruppo – si è riservato ogni valutazione in merito. Però ora è ufficiale: la trattativa c'è ed è ben più di un pour parler.

L’operazione conviene a entrambi. Il gruppo guidato da Marina Berlusconi, che ha da poco scorporato la divisioni libri, mirava a espandersi: dal 26% per cento di quote di mercato, con Rcs arriverebbe al 40 nel trade; dal 13 per cento al 25 nella scolastica. L'amministratore delegato di Rcs Pietro Jovane spinge per accelerare i tempi (anche perché il consiglio di amministrazione scade in primavera). Non tutti i consiglieri però sono d'accordo: molto perplesso sulla bontà dell’operazione pare sia Pier Gaetano Marchetti, anche se lo stesso notaio qualche giorno fa, a margine di un convegno, si è limitato a un breve no comment: “Il cda non ha deciso nulla”. Privarsi della dei libri (dunque, oltre Rizzoli, di marchi come Bur, Bompiani, Fabbri, Marsilio, Adelphi) è un atto, anche simbolicamente, molto forte: ma serve liquidità per riparare alla situazione molto critica del bilancio. E quindi ogni anno bisogna vendere qualcosa. Le stime che in autunno la società ha reso note prevedono un debito 2014 sotto i 500 milioni: erano quasi 850 a fine 2012 (ma nel mezzo c’è stata una ricapitalizzazione da 400 milioni oltre a tagli e ad altre cessioni, tra cui la casa editrice francese Flammarion alla Gallimard). Quanto costerà a Marina Berlusconi l’acquisto del maggiore concorrente? Si è parlato di una valutazione di Rcs attorno ai 200 milioni, ma la cifra più verosimile si aggira tra i 120 e i 150.

Stefano Mauri (GeMS) “Per l’Italia sarebbe qualcosa di abnorme”

di M. B. La Stampa 19.2.15
Lo choc, per gli altri editori italiani, è parzialmente attutito dal fatto che ormai se ne parlava da mesi. La mega-fusione sempre più vicina è indubbiamente vista come una minaccia, anche sei i toni sono molto prudenti, e la voglia di parlare assai poca. Feltrinelli fa sapere di non avere al momento posizioni in merito, Sellerio pure, e persino un editore sempre battagliero come Giuseppe Laterza preferisce tacere, in attesa di capire meglio i termini della questione. Lo stesso silenzio è la spia di una grande preoccupazione.
Stefano Mauri, presidente e ad del gruppo GeMS, terzo per un’incollatura dietro Rizzoli sul mercato italiano, prova però a ragionare con i numeri. Mondadori, ricorda, ha il 26 per cento, che unito al 12 di Rizzoli creerebbe un gigante di dimensioni colossali. Senza contare che le due case editrici arriverebbero insieme al 25 per cento della scolastica, il che significa «un libro su quattro».

C’è una preoccupazione che riguarda anche la proprietà, cioè Silvio Berlusconi e la sua famiglia, che si ritroverebbero in una posizione rilevantissima nel delicato mondo dell’educazione? Mauri non raccoglie. «Intanto aspettiamo di capire se questa fusione, anzi acquisizione, si fa davvero. Oggi abbiamo avuto la conferma che quel che si diceva in giro non era privo di fondamento. Corre voce che i soci Rizzoli siano divisi al proposito. Vedremo...» Sta facendo gli scongiuri? «Diciamo che in nessun Paese europeo esiste una concentrazione di queste dimensioni. La fusione tra Penguin e Random House, due giganti, ha creato sì un colosso, ma che per l’Inghilterra vale tutto insieme il 26 per cento, e cioè proprio la quota che Mondadori ha oggi in Italia». L’acquisizione non sarebbe perciò una bella notizia? «Diciamo che per l’Italia sarebbe qualcosa di abnorme».

Sulla stessa linea Carmine Donzelli, editore orgoglioso della tradizione «artigianale»: «Prima che editore, però, sono cittadino. E come tale penso che concentrazioni di questa entità siano una turbativa specifica del mercato. Ci sono istituzioni che devono e possono decidere se consentirle o meno. Detto questo, non mi straccio le vesti». In che senso? «Nel senso che spesso le grandi fusioni portano ad un certo appannamento dei marchi. Egoisticamente potrebbe anche giovarmi, rivelarsi una chance ulteriore per un editore come sono io. Ma il libro ha una sua specificità. E se il pluralismo dei soggetti è importante in ogni mercato, nel nostro lo è ancora di più».

L’Editore della Nazione Mondadori vuole Rizzoli sarà il gigante del libro

di Stefano Bartezzaghi Repubblica 19.2.15
QUASI cinquant’anni fa le due rivali storiche del dolciario italiano Alemagna e Motta si ritrovarono riunite nella Sme: qualcuno parlò di «Alemotta». Il buon gusto letterario forse impedirà il conio di un marchio «Mondazzoli» ma certamente la notizia dell’offerta di acquisizione della Rizzoli (cioè, di Rcs libri) da parte della Mondadori è assai più rilevante di quella che impressionò gli appassionati del panettone.

Se l’affare editoriale andrà in porto, nell’ansimante settore librario italiano si ergerà una specie di cattedrale che non temerà ombre, occupando quasi il 40 per cento del settore medesimo. Sotto la vastissima copertura di questo edificio colossale si ritroverebbe una quantità di marchi che sono tra i più famigliari ai frequentatori delle librerie. Da parte Mondadori, oltre al marchio omonimo: Einaudi, Sperling & Kupfer, Harlequin, Piemme, Electa; da parte Rcs: Rizzoli, Bompiani, Adelphi, Marsilio, Sonzogno, Skira, Lizard, Sansoni, Fabbri.

IL RESTO del mercato se lo spartirebbero il Gruppo Gems (Garzanti, Longanesi, Guanda, Salani, Bollati Boringhieri, Chiarelettere...), Feltrinelli, un editore storico come Laterza e poi Sellerio e la galassia della piccola editoria, vivacissima culturalmente ma economicamente altrettanto debole.

È vero che la tendenza alla concentrazione è globale: meno di tre anni fa l’americana Random House si è fusa con la britannica Penguin Books (assieme coprono fra il 25 e il 30 per cento del mercato americano) e analoghe operazioni hanno interessato Hachette in Francia e Planeta in Spagna. La concentrazione razionalizza i conti economici e soprattutto permette di fronteggiare la minaccia di Amazon, che opera a livello globale. Ma solo in Italia la concentrazione occuperebbe una quota di mercato tanto ampia. Inoltre avverparrebbe rebbe per acquisizione e non per fusione: il 26 per cento di Mondadori sommato all’11 per cento di Rcs si avvicina al 40 per cento, cifra che ricorderà forse qualcosa a chi si interessa di politica. In effetti nascere così, speculare al Partito della Nazione di Matteo Renzi, una sorta di Editore della Nazione. E a capo di quest’ultimo ci sarebbe Marina Berlusconi.
Oltre a rafforzare Mondadori, l’operazione risolverebbe qualche problema di bilancio a Rcs Mediagroup: da questo punto di vista conviene a entrambi e quindi ha una buona probabilità di riuscita. Del resto la si ventilava da mesi.
Solo in futuro sapremo quali mosse seguiranno quella iniziale dell’offerta non vincolante e anche se l’Antitrust troverà qualcosa da ridire sull’intera operazione. Qualche conseguenza per la cultura italiana però è già prevedibile. Per quel che riguarda la sua tradizione, Mondadori e Rizzoli sono stati i due pilastri dell’editoria anche popolare italiana, due filoni paralleli e autonomi, con filosofie e storie completamente diverse. Oltre a loro è abbastanza impressionante pensare a quali diverse fonti e identità editoriali si ritrovino a confluire, con marchi storici come Bompiani e Einaudi impensabilmente apparentati fra loro. Quanta autonomia di linee e politiche editoriali sarà garantita, in una fase di accentramento?
Per quel che riguarda gli editor, gli autori, i librai, tutta la filiera e del mercato del lavoro editoriale è un colpo dato all’ampiezza della domanda e dell’offerta e questo configura oggettivamente il rischio dell’egemonia culturale, se non di un vero e proprio monopolio potenziale. Di fatto non ci sarebbe più un’alternativa possibile, a parità di dimensioni della casa madre. Un libro potrà uscire solo dall’unico grande gruppo, oppure da un gruppo medio, o da un piccolo.
Sono conseguenze certamente preoccupanti. Del resto la situazione dell’editoria libraria era preoccupante già da prima e questa stessa offerta è una dimostrazione della debolezza generale del settore.


Mondadori vuole Rizzoli ecco il colosso dei libri

Rivoluzione nell’editoria il gruppo di Segrate offre 120 milioni per la Rcs Libri

di Simonetta Fiori Repubblica 19.2.15
I MARCHI Mondadori controlla Einaudi, Piemme, Sperling & Kupfer, Mondadori Education e Mondadori Electa Rcs comprende: Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Sonzogno, Adelphi (57,99%) e Marsilio (50,99%)

CI siamo. Sta per nascere il temuto moloch dei libri che spadroneggerebbe su metà del mercato editoriale italiano. Un passo avanti è stato compiuto nella giornata di ieri. Nel tardo pomeriggio un lancio di agenzia annuncia che «su richiesta della Consob, la Arnoldo Mondadori informa di aver sottoposto a Rcs Media Group una manifestazione di interesse non vincolante relativa a un’eventuale operazione di acquisizione di Rcs Libri». In sostanza, la principale azienda editoriale italiana, di proprietà di Silvio Berlusconi, si sta avvicinando a grandi passi verso l’annessione della Rcs Libri, il secondo gruppo dopo Mondadori.

Se l’operazione andasse in porto, ne risulterebbe la più grande concentrazione libraria in Europa. Ma prima bisogna attendere le decisioni del consiglio di amministrazione di Rcs, in cui non tutti sono d’accordo sulla cessione. Il dossier con la proposta di acquisto da parte della famiglia Berlusconi circolava da mesi e se ne è parlato nel dettaglio nell’ultimo cda di Rcs della scorsa settimana, tanto da convincere la Consob a chiedere ai due gruppi di uscire allo scoperto. E così è accaduto ieri, con due mesi di anticipo sul prossimo appuntamento che dovrebbe ridisegnare il board di Rcs. Ma perché formulare un’offerta non vincolante? Secondo molti operatori, per esercitare pressione sui consiglieri Rcs più riluttanti. Oppure perché la Mondadori vuole riservarsi la possibilità di uscire dall’affare qualora emergessero elementi che non la convincono del tutto. Perché naturalmente il punto ora sono i soldi. Quanto vale la Rcs Libri? La cifra massima è stimata intorno ai 200 milioni di euro, ma un accordo si potrebbe trovare in una fascia di prezzo assai più bassa che oscilla, secondo quasi tutti gli osservatori, tra i 150 e la cifra più verosimile di 120 milioni.

Una boccata di ossigeno e nuova liquidità per il gruppo guidato da Pietro Scott Jovane (gravato da un indebitamento stimato sotto i 500 milioni a fine 2014) e che eviterebbe un eventuale nuovo aumento di capitale. Ma si tratterebbe di un’amputazione dolorosa. Dai libri, e dalla coraggiosa impresa del cavalier Angelo Rizzoli, è nata l’azienda editoriale che oggi include anche un grande quotidiano, periodici, Tv e web. «Non bisogna farsi prendere dalla fretta», dice Urbano Cairo, azionista di Rcs con il 3%.
Ma quali potrebbero essere le conseguenze culturali del più potente matrimonio librario della storia italiana? Intanto la nascita di un gruppo editoriale che non ha eguali in Europa. L’annessione di Rizzoli (11,7%) da parte della Mondadori (27%) significherebbe l’occupazione di una fetta del mercato di poco inferiore al 40 per cento. In Spagna il primo marchio è Planeta con il 24%, seguito da Penguin Random House (17). In Francia il più grande tempio editoriale è Hachette (21), con Editis/Planeta al 16 e Gallimard/Flammarion all’11. In Inghilterra il ruolo principe spetta a Penguin Random House (26) seguito da Hachette (17) e Harper Collins (9). Anche in Germania il gigante Bertelsmann non supera il 23%, seguito a distanza da Holtzbrink/Mac Millan (14). Quella italiana sarebbe dunque un’assoluta anomalia, che pone interrogativi sul piano della libera concorrenza: quale margine di azione avrebbero i competitor, ossia il gruppo Gems, Giunti, Feltrinelli e la miriade di piccole e medie case editrici che costituiscono il tessuto culturale del paese?
Parliamo di libri, dunque di idee e di geografie intellettuali. Il nuovo gruppo sarebbe un attore dominante nella produzione editoriale, con una forza difficilmente contenibile nella campagna acquisti degli autori (pensiamo solo agli anticipi). Ma il ruolo egemone sarebbe anche nella distribuzione e nel rapporto con le librerie, oltre che nel mercato del lavoro editoriale. Un sovrano assoluto, il nuovo Mondazzoli o chissà come sarà chiamato (forse il marketing è già al lavoro), capace di dettare legge in ogni passaggio della filiera del libro. Anche il settore della scolastica ne potrebbe risentire: un manuale su quattro sarebbe targato Mondadori/ Rcs. E che fine farebbero marchi come l’Adelphi di Roberto Calasso e Marsilio, il feudo veneziano di Cesare De Michelis, dentro la nuova galassia? Non si esclude che i padri titolari stiano lavorando per difendere i propri gioielli dalla fusione. E molte domande rimbalzano sul destino dell’Einaudi, il blasone di cultura dentro Mondadori. Cambieran- no gli assetti anche in via Biancamano?
A Segrate il mutamento è recente, con la brusca uscita di Riccardo Cavallero e l’arrivo al vertice di Ernesto Mauri con la qualifica di presidente. Ma l’attenzione si concentra sul grande rientro di Gian Arturo Ferrari, che appare il personaggio chiave. Editore di seconda generazione - non quella dei padri ma nemmeno quella dei manager puri, profilo bifronte tra cultura e profitti - appare l’uomo più adatto per gestire la complessa operazione. Mondadori-Rcs si distinguerebbe dal resto di Europa anche per un’altra caratteristica, tutt’altro che irrilevante. Il suo padrone sarebbe Silvio Berlusconi, l’ex premier che continua a condizionare la scena politica nazionale. Ma davvero Berlusconi è interessato a guidare questa nuova grande macchina dei libri o preferirebbe far cassa, vendendo alla migliore offerta? Già da tempo circola il nome di Bertelsmann, ma potrebbe essere interessato anche Murdoch, se nel pacchetto fosse presente anche un pezzo di Mediaset. Non è escluso che una proposta arrivi anche dal gruppo svedese Bonnier.
Fusione chiama fusione, secondo una vecchia regola del mercato. Ma la regola è destinata a infrangersi nel mondo dei libri italiano, connotato da una forte tradizione famigliare. I gruppi più esposti agli effetti della nuova concentrazione sono Gems e Feltrinelli, imprese segnate da una cifra specifica e da equilibri difficilmente modificabili. Al momento non resta che aspettare.


Egle Santolini  la Stampa 20 2 2015

Adesso che l’impossibile sembra concretizzarsi, i libri Rizzoli mangiati dalla Mondadori, sono in tanti a immaginarsi che cosa mai potrebbero dirsi tra le nuvole quei due là, il Cumenda e l’Incantabiss. Nati a due giorni di distanza, Angelo il 31 ottobre e Arnoldo il 2 novembre 1889, e self-made men che più non si può: Mondadori figlio di un calzolaio ambulante che era rimasto analfabeta fino ai cinquant’anni, in grado di garantire al figlio solo la quinta elementare, Rizzoli orfano di un ciabattino suicida per miseria, prima scolaro deriso dai compagni nella scuola dei sciuri di via Santo Spirito a Milano, poi felicemente riparato nell’istituto dei Martinitt dove almeno erano tutti poveri uguali. Eppure sono stati loro, che di libri ne avevano letti pochissimi, a incarnare la moderna industria culturale italiana, dopo la generazione dei padri fondatori Ricordi-Hoepli-Vallardi.
Calcio, soldi e belle donne
Che oggi tutto quel ben di Dio finisca in mano, sia pure per tramite della figlia Marina, a un (ex) Cavaliere, epitome del milanesone iperattivo e barzellettiere, e la cui sola lettura conosciuta è un fin troppo citato Elogio della pazzia di Erasmo da Rotterdam, assume un significato simbolico a cui è difficile sottrarsi. Gran storia padana, con contorno di squadre di calcio (il Milan dei Rizzoli, poi quello del Berlusca), miliardi, sicofanti, belle donne, figli ribelli, scalate sociali precipitose. E le terme di Lacco Ameno d’Ischia per Rizzoli, la villa a Meina per Mondadori, il falansterio di Arcore per Berlusconi: che tanto per restare sull’argomento libri, ai tempi del vecchio Casati Stampa, quando per cena arrivava Benedetto Croce, conteneva una delle più grandi biblioteche d’Italia, al momento non pervenuta.
In questa saga ambrosiana il vero Cumenda resta tuttavia Angelo Rizzoli, che così si faceva chiamare anche dai nipoti odiando l’appellativo di nonno. Più che ad Arnoldo (detto Incantabiss cioè incantatore di serpenti fin da quando, con quella voce fascinosa, leggeva le didascalie dei film muti al cinema di Ostiglia) è ad Angelo che rimandano gli infiniti aneddoti.
Mondanità e fiuto
Il Cumenda al tavolo da gioco, spesso vestito di chiaro, talvolta con una bellona sottobraccio, sempre con la sigaretta al mentolo in bocca. Che al momento del passaggio dalla storica sede di piazza Carlo Erba a quella di via Civitavecchia si mangiava con gli occhi «il plastico», cioè il modellino del nuovo edificio. Che la sera faceva il giro delle redazioni per spegnere le luci, perché si sa che con le cinque lire si fanno i milioni. Incapricciato della spettacolare Myriam Bru, a cui spinse la carriera nel cinema, pur rimanendo sempre sposatissimo con Anna Marzorati.
Così popolare che un attore di varietà che gli somigliava molto, Furlanetto, cominciò a imitarlo nei film, arrivando all’apogeo nel sublime Vedovo di Dino Risi. Rozzo e gaffeur, ma vitale, e con un fiuto che avercene. Uno che pur non tenendo a mente i nomi degli autori non sbagliava un colpo, come nel caso rievocato da Indro Montanelli: «Mi chiese di dare un’occhiata al manoscritto di un prete di cui non ricordava il nome. Ma, aggiunse, se è una porcheria non dirmelo, tanto lo pubblico lo stesso. Quel prete aveva una bella faccia. Ho capito poco di ciò che ha detto. Ma ho capito benissimo che non è un imbroglione». Era la Vita di Gesù Cristo di padre Giuseppe Ricciotti e produsse tirature da urlo. Come se non bastasse produttore della Dolce vita, e pure in questo caso è Montanelli a raccontare che cosa pensasse di Fellini: «Perché quel tipo lì, come si chiama? Se riesce a far recitare gli altri come recita lui, farà certamente qualcosa che magari non si vende, ma che valeva la pena di fare. Perché quello lì per metà è un ciarlatano, ma per l’altra metà è un genio».
Sobrietà e amicizie
Molto lontano dalle cronache mondane era invece l’Incantabiss, che originò un numero assai minore di leggende metropolitane ma che nonostante gli inizi umilissimi riuscì più del rivale a conquistarsi un certo carisma culturale, perché la ripartizione tra i due imperi rimase in fondo quella originale, alla Mondadori i libri e alla Rizzoli i giornali. E allora ecco Arnoldo a Meina, nella sobria casa sul lago, con Thomas Mann appena dopo la guerra, con gli autori della casa per certi pranzi natalizi (Piovene, Ungaretti, Bassani, Buzzati, Oreste del Buono, Mario Soldati e Domenico Porzio che rimase uno degli elementi fondamentali del cerchio magico), con Walt Disney che nel 1935 venne personalmente a omaggiarlo per i successi di Topolino. L’intreccio d’amicizia e di parentela con i Monicelli: il giornalista Tomaso amico fraterno e mentore agli inizi della casa editrice, poi diventato cognato quando ne sposò la sorella Andreina; e il regista Mario che di Tomaso era figlio. Arnoldo fu l’uomo della Medusa e, alla fine della vita, dei Meridiani. Non scevro da connivenze con il fascismo, poi riparato in Svizzera, poi esulcerato dai dissidi col figlio ribelle Alberto: e in questo le due dynasty finirono per assomigliarsi, perché dopo la morte dei padri fondatori per le seconde e terze generazioni si scatenò il diluvio.
A tutt’e due piacevano il lavoro ben fatto e l’odore d’inchiostro. Si incontravano di striscio d’estate a Cortina, durante le passeggiate. «Il papà alzava il bastone in segno di saluto», ha raccontato Cristina Mondadori, «e poi ci diceva: è passato Erre».

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