martedì 10 marzo 2015

E' Danilo Taino che detta la linea all'UE, altro che Troika!


La Grecia non esce dal cappio della trojka 

Eurogruppo . Nel giorno in cui il «bazooka» di Draghi inizia a sparare, la Grecia non esce dal cappio della trojka. La Germania blocca l’intesa all’Eurogruppo: «I sette punti non bastano, ne avevamo chiesti 20». Varoufakis attacca il Corsera: «Su di me giornalismo misero». Poi annuncia: «Presto altre riforme, ma la nostra priorità è la crisi umanitaria». Domani a Bruxelles il secondo round

Anna Maria Merlo, il Giornale PARIGI, 9.3.2015 

Mer­co­ledì 11 riprende la «super­vi­sione» della tro­jka sulla Gre­cia, da Bru­xel­les, con l’obiettivo di evi­tare il pre­ci­pi­zio di un Gre­xi­dent, dopo le dichia­ra­zioni di fuoco di Yanis Varou­fa­kis del fine set­ti­mana. L’Eurogruppo, alla riu­nione di ieri, segna un punto, nel brac­cio di ferro che l’oppone ad Atene e avanza una pedina sullo scac­chiere per pie­garne la volontà poli­tica e met­tere all’angolo il pro­getto su cui si è fatta eleg­gere Syriza, cioè intra­pren­dere un’altra rotta in Europa. 
Varou­fa­kis è costretto a indie­treg­giare, in dif­fi­coltà per spo­stare il nego­ziato dal piano tecnico-economico a quello poli­tico. Nel fine set­ti­mana, il mini­stro delle finanze aveva ripar­lato dell’ipotesi di nuove ele­zioni e, soprat­tutto, di un refe­ren­dum sul piano di sal­va­tag­gio (che nel 2011 l’Ue aveva impe­dito al socia­li­sta Papan­dreu, facendo cadere il governo). 
Varou­fa­kis ha pre­ci­sato che il refe­ren­dum sarà sulle «riforme» e non sul Gre­xit, l’uscita dall’euro. Il pre­si­dente della Com­mis­sione, Jean-Claude Junc­ker, cerca di mediare. Venerdì rice­verà Tsi­pras su richie­sta di quest’ultimo. Il primo mini­stro greco, la vigi­lia, sarà a Parigi per un incon­tro all’Ocse, l’organismo che ha col­la­bo­rato con Atene per pre­pa­rare il piano di riforme. 
Ieri, nel giorno del lan­cio del Quan­ti­ta­tive easing della Bce (più di mille miliardi, 60 al mese, per tutti meno che per la Gre­cia), all’Eurogruppo di Bru­xel­les è andato in onda un nuovo epi­so­dio del brac­cio di ferro che oppone i cre­di­tori ad Atene. Sul tavolo c’era la pro­po­sta in 7 punti di Yanis Varou­fa­kis, un piano già respinto dall’Eurogruppo per­ché troppo debole. 
Si allon­tana così la spe­ranza di avere in cam­bio il ver­sa­mento, in tempi brevi, dell’ultima tran­che del pro­gramma di sal­va­tag­gio — 7,2 miliardi -, indi­spen­sa­bile per far fronte alle sca­denze dei rim­borsi: dopo i 310 milioni pagati venerdì scorso all’Fmi, ci sono altre rate con l’istituzione di Washing­ton, il 16 e il 20 di que­sto mese, per 1,5 miliardi com­ples­sivi. Per non par­lare della tegola che scade a luglio, con la Bce, che finora, ha affer­mato Tsi­pras, ha messo un «nodo scor­soio» attorno al collo della Gre­cia negando la ria­per­tura del rubi­netto di finan­zia­mento del sistema ban­ca­rio attra­verso l’accettazione di obbli­ga­zioni come garanzia. 
Per il governo greco, la mossa di Dra­ghi, che ha anche negato la pos­si­bi­lità di emet­tere debito a breve per riman­dare la sca­denza del rim­borso di titoli ana­lo­ghi (4 miliardi que­sto mese), è stata un modo per impe­dire di appli­care le riforme pro­messe in cam­pa­gna elettorale. 
«Abbiamo chie­sto 20 riforme ma ne sono arri­vate solo 7»Il pre­si­dente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem 
«Abbiamo chie­sto 20 riforme – ha pre­ci­sato il pre­si­dente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijs­sel­bloem – ma ne sono arri­vate solo 7». La lista non sod­di­sfa Bru­xel­les: com­prende l’istituzione di un con­si­glio indi­pen­dente dal governo sul bud­get; un miglio­ra­mento del metodo di pre­pa­ra­zione del bilan­cio; sol­le­citi migliori per gli arre­trati al fisco; messa in ven­dita delle licenze di gio­chi on line; sem­pli­fi­ca­zione dell’amministrazione; il molto con­tro­verso ingag­gio di volon­tari, anche tra i turi­sti, per denun­ciare gli eva­sori, oltre alla vera pecora nera (al punto 6), cioè misure sociali a favore dei più poveri. Dijs­sel­bloem ha «escluso» che la tran­che di 7,2 miliardi venga ver­sata «que­sto mese». 
Così la Gre­cia è tenuta con la corda al collo: «Il con­fronto sulle riforme deve ripar­tire al più pre­sto – ha insi­stito Dijs­sel­bloem – stiamo per­dendo troppo tempo, l’estensione del piano di aiuti è di soli 4 mesi e abbiamo già perso due set­ti­mane» e «la Gre­cia ha urgente biso­gno di soldi, le casse sono quasi vuote» (a gen­naio le entrare fiscali sono ancora dimi­nuite del 17%). 
Stessa ver­sione a Ber­lino. Per il sot­to­se­gre­ta­rio alle Finanze, Stef­fen Kam­pe­ter, la «pre­con­di­zione» per ver­sare la tran­che è «la con­clu­sione della discus­sione con la tro­jka» (il governo tede­sco insi­ste sul ter­mine odiato dai greci). Prima ci vuole il «parere posi­tivo» di Bce, Ue e Fmi: «Non è più l’ora di pre­sen­tare pro­getti – afferma Kam­pe­ter – ma di met­tersi al lavoro, le set­ti­mane scorse avreb­bero potuto essere uti­liz­zate meglio». 
Angela Mer­kel, da Tokyo, insi­ste sulle «due facce della meda­glia» per man­te­nere la Gre­cia nell’euro: «soli­da­rietà» da un lato e «deter­mi­na­zione a fare le riforme» dall’altro e «se la via è que­sta c’è ancora molta strada da fare». 
Junc­ker ieri ha ricor­dato il prezzo dell’austerità pagato dai greci e ha messo in guar­dia gli stati dell’Eurozona: «tutti» devono capire la gra­vità della situa­zione greca, un Gre­xit sarebbe una «per­dita di repu­ta­zione irre­pa­ra­bile» per l’euro. «Dob­biamo fare atten­zione a che la situa­zione non con­ti­nui a dete­rio­rarsi in Gre­cia». Con Atene insi­ste sul fatto che se «il governo vuole spen­dere più soldi deve com­pen­sare con tagli o entrate sup­ple­men­tari». Ma ha aggiunto: «dopo luglio», cioè dopo la data di sca­denza del rim­borso alla Bce, dovremo «riflet­tere sul modo in cui i cre­di­tori inter­na­zio­nali devono com­por­tarsi con i paesi che si tro­vano in una situa­zione eco­no­mica critica». 
Tsi­pras nel fine set­ti­mana ha avuto con­tatti anche con Hollande. 
Ma la Fran­cia è in dif­fi­coltà: mar­tedì 10 all’Ecofin verrà esa­mi­nata la con­ces­sione di due anni di tempo in più fatta a Parigi dalla Com­mis­sione per il rien­tro nei para­me­tri del 3% di defi­cit (fino al 2017), tra molti malu­mori di alcuni part­ner. A giu­gno, se i conti non miglio­re­ranno, la Fran­cia rischia pesanti san­zioni e pra­ti­ca­mente una messa sotto tutela. 
Pier Carlo Padoan ha cri­ti­cato la Ger­ma­nia, per il fatto di «dimen­ti­care di far parte di un sistema com­po­sto da 19 paesi, la Ger­ma­nia non ce la può fare ad andare avanti da sola».



Varoufakis rivisto da via Solferino 

Dimitri Deliolanes, il Manifesto 9.3.2015 

È sem­pre istrut­tivo leg­gere il Cor­riere della Sera. Spe­cial­mente per chi, come me, non cono­sce il tede­sco, la sua let­tura quo­ti­diana è indi­spen­sa­bile per com­pren­dere cosa pensa e soprat­tutto cosa pia­ni­fica il governo di Berlino. 
Lunedì, per esem­pio, con un pro­clama a tutta pagina, il gior­nale di via Sol­fe­rino ha defi­nito con grande chia­rezza la stra­te­gia dell’eurozona verso la Gre­cia, col­pe­vole «di volere un regime change non solo in Gre­cia ma anche nel resto d’Europa, cioè l’abbandono delle poli­ti­che che 18 mem­bri dell’eurozona su 19 sostengono». 
Que­sta poli­tica di Ale­xis Tsi­pras, con­ti­nua il Cor­riere, irrita «non solo la Ger­ma­nia ma anche Irlanda, Por­to­gallo e Spa­gna che gli impe­gni presi in Europa li hanno rispet­tati e li stanno rispet­tando e quei paesi dell’Est euro­peo che sono più poveri (pro capite) della Gre­cia e non vor­reb­bero met­tere a rischio il denaro dei loro cit­ta­dini su pro­getti di aiuto non solidi». 
Cosa capiamo? Che l’Europa e l’eurozona sono come sono e già l’ipotesi di un cam­bia­mento pro­voca “irri­ta­zione”. Spe­cial­mente quando si ha a che fare con Varou­fa­kis, con cui «la chi­mica non fun­ziona», visto che insi­ste nelle riu­nioni «a fare l’economista e non il politico» 
In parole povere, non c’è spa­zio per cam­bia­menti. O si torna alla vec­chia poli­tica di auste­rità, che ha por­tato il debito greco allo 176% del Pil, oppure biso­gna tro­vare una maniera o l’altra per cac­ciare gli “irri­tanti” indisciplinati. 
Infatti lunedì Schäu­ble non ha perso l’occasione di attac­care dura­mente Varou­fa­kis durante la breve riu­nione dell’eurogruppo per­ché Atene ha osato depo­si­tare il pro­getto di legge per andare incon­tro alle circa 400 mila fami­glie senza alcun red­dito, con la gra­vis­sima accusa di aver agito in maniera “unilaterale”. 
Ecco di nuovo quindi la minac­cia del gre­xit (l’espulsione della Gre­cia dall’euro). 
Tanto più che lo stesso Cor­riere della Sera dome­nica è incorso in un infor­tu­nio gior­na­li­stico non grave ma indi­ca­tivo della men­ta­lità che ispira l’informazione di via Solferino. 
In un’intervista a tutta pagina, a Varou­fa­kis è stata posta la domanda di cosa avrebbe fatto Atene nel caso il suo pro­gramma di svi­luppo avesse rice­vuto rispo­ste nega­tive. Il mini­stro ha rispo­sto: «Non siamo attac­cati alle pol­trone. Pos­siamo tor­nare alle ele­zioni. Con­vo­care un refe­ren­dum». Tanto è bastato al gior­na­li­sta per inter­pre­tare il pen­siero del mini­stro e aggiun­gere, di suo, tra paren­tesi: «(sull’euro ndr)». 
Ma non era que­sto che inten­deva Varou­fa­kis: come ha spe­ci­fi­cato egli stesso a inter­vi­sta pub­bli­cata, l’eventuale refe­ren­dum avrebbe riguar­dato le nuove misure di auste­rità accolte dal pre­ce­dente governo e tut­tora pro­po­ste in maniera pres­sante da Schäuble. 
Un refe­ren­dum sull’euro lo aveva pro­po­sto alla fine nel 2011 l’allora pre­mier George Papan­dreou, pron­ta­mente rim­piaz­zato dal tec­no­crate Papa­de­mos. Anche ieri, dovendo spie­gare di non aver posto la domanda diret­ta­mente a Varou­fa­kis, lo stesso gior­na­li­sta ci informa che comun­que «ogni refe­ren­dum indetto in Gre­cia come rea­zione a un no di Bru­xel­les sarebbe un refe­ren­dum su euro sì/ euro no». 
In altre parole, se l’elettore greco ritiene di rispon­dere di no alla domanda «volete voi nuovi tagli a pen­sioni e sti­pendi», auto­ma­ti­ca­mente si col­loca tra i nemici dell’euro, insieme con Sal­vini e Beppe Grillo. 
Che senso ha tutto que­sto? Nessuno. 
E’ pura guerra media­tica, un ten­ta­tivo di ter­ro­riz­zare l’opinione pub­blica: la via dell’austerità è un dogma immodificabile. 
Atten­zione però. La minac­cia di un’espulsione della Gre­cia dall’euro è un bluff sco­perto. Non solo la tem­pe­sta finan­zia­ria tra­vol­gerà tutta l’eurozona, Ger­ma­nia com­presa, ma la stessa desta­bi­liz­za­zione della Gre­cia com­porta gran­dis­simi rischi: lo ha affer­mato per primo il mini­stro degli Esteri Nikos Kotzias e lo ha ripe­tuto ieri quello della Difesa Panos Kam­me­nos. Il crollo dell’ultimo baluardo euro­peo (in senso buono) nel Medi­ter­ra­neo orien­tale avrà seris­sime con­se­guenze sulla sta­bi­lità di tutta l’Europa. 
Ci pen­sino bene a Ber­lino (e anche i loro amici in Ita­lia). Con­viene cam­biare registro.

Berlino contro Atene: stop agli aiuti e fuori anche dall’area Schengen
Il greco Kammenos: manderemo in Germania rifugiati e militanti Isis E i tedeschi minacciano: cambieremo l’intesa sulla libera circolazione
La Stampa 10.3.15

Quello che la Grecia non può fare: rinviare ancoraUn fronte di crisi interno alla Ue sul caso greco avrebbe l’effetto di disunire gli europei proprio quando hanno bisogno di mostrarsi uniti di fronte a Moscadi Danilo Taino  Corriere 10.3.15

Nessun commento: