giovedì 5 marzo 2015

La crisi dell'Europa, la gestione della società di massa e la fascinazione degli intellettuali verso il fascismo

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Folle, breve o eterno: che amore per il fascismo 
Il finlandese Kunnas presenta a Rom a il suo nuovo studio su 80 grandi intellettuali tentati da una visione nietzscheana contro la decadenza europea. Da M arinetti a Benn e Ham sun 
5 mar 2015  Libero Di TARMO KUNNAS 


Di lui il grande storico Renzo De Felice disse che aveva prodotto «il più bel libro scritto su quel tema difficile e irto di trabocchetti che è il discorso sull’ideologia fascista». Quel libro era La tentazione fascista e lui è Tarmo Kunnas (1942), l’intellettuale finlandese che è anche professore ordinario di Storia della letteratura presso l’Università di Jyväskylä (Finlandia), direttore del Finnish Institute ed ex direttore dell’Istituto culturale finlandese a Parigi. Domani sera, alle ore 21, presso la sede di CasaPound Italia, in via Napoleone III 8, a Roma, il professor Kunnas incontrerà il pubblico italiano, presentando anche i suoi ultimi lavori in procinto di essere tradotti nella nostra lingua: un libro sullo scrittore norvegese Knut Hamsun ( L’aventure de Knut Hamsun, del 2010) e un saggio che riprende il suo testo sull’ideologia fascista ampliando corposamente la visuale. Quello che presentiamo qui sotto è uno stralcio dell’intervento che verrà pronunciato domani. 

L’impegno degli intellettuali per le differenti forme del fascismo storico europeo è stato molto più importante di quanto non si pensasse venti, trenta o quaranta anni fa. Del resto bisogna ammetterlo: l’impegno politico è un fenomeno vario e relativo. Può essere tanto un amore moderato che una simpatia ambigua. Ma l’amore per un movimento o un’ideologia politica può anche essere un amore folle e passionale che dura tutta la vita, così come un amore di breve durata o una sorta di unione libera. Ma si può comparare un impegno politico anche a un amore coniugale di interesse. 
Per gli intellettuali italiani Marinetti, Papini, Ungaretti, Pirandello, Gentile o Soffici si trattava di una grande passione di lunga durata alla quale essi sono restati fedeli, mentre per Malaparte il fascismo è stato prima di tutto un amore passionale di gioventù. Per i tedeschi come Gottfried Benn, Carl Schmitt o Martin Heidegger, l’impegno nazionalsocialista è stato profondo, ma di breve durata, così come per i francesi Marcel Jouhandeau o Jacques Chardonne. Per Henri de Montherlant l’amore per il fascismo era una civetteria quasi snob. Un amore di lunga durata per il fascismo era anche quello dei romeni Mircea Eliade ed Emil Cioran. Tra i non italiani, Hamsun, Pound, Céline, Brasillach, Alphonse de Chateaubriant e anche Drieu e il finlandese Örnulf Tigerstedt sono sempre esempi di innamorati del fascismo di lunga durata. 
Gli 80 intellettuali di cui parlo nel mio nuovo studio si avvicinano tutti, più o meno coscientemente, a una visione del mondo nietzscheana. La loro grande idea è una crociata contro ciò che chiamano la decadenza della civiltà europea. Il fascismo e il nazionalsocialismo erano per loro un mezzo per combatterla, una contrapposizione contro il veleno di una civiltà declinante. Questa idea era, come tutte le idee appassionate, un mito che aveva la sua colorazione differente nei differenti contesti nazionali e il suo colore personale presso ciascun individuo. Essi potevano cercare le spiegazioni differenti per il fenomeno della decadenza secondo il contesto culturale. 
La decadenza era per molti giovani intellettuali dell’Italia fascista la nuova egemonia dei Paesi protestanti e nordici materialisti, come Germania, Inghilterra e Nord America. Per Hitler questa decadenza erano gli ebrei e i bolscevichi, per gli spagnoli era tutto ciò che minacciava l'unità aristocratica della Spagna attraverso le ideologie rivoluzionarie e violente. Per i francesi, era la continuazione di una vecchia idea della decadenza della Francia. Per gli intellettuali di estrema destra finlandese, si trattava dei finlandesi rossi che erano alleati con i rivoluzionari rossi sovietici. Ma per tutti era la crociata contro lo spirito presuntamente razionale, utilitario e materialista del XX secolo, contro l’ottimismo scientista e materialista dei marxisti, ma anche contro il culto del denaro e l’ipocrisia demagogica dei Paesi liberali. 
I nostri scrittori e filosofi pretendono che la civiltà moderna sia contraria all’uomo naturale e alla grandezza umana e che essa renda inquieti, nevrotici e vili. L’uomo non si evolve verso gli ideali dei razionalisti. Egli è infinitamente più condizionato dal suo subcosciente, dai suoi istinti e dalle sue pulsioni che dalla sua ragione. I nostri intellettuali non credono che la ragione umana, da sola, possa spiegare il carattere assurdo della vita. Essi cercano, dunque, la spiegazione di questa assurdità nell’irrazionale, nell’ebrezza, nella gratuità e nell’entusiasmo. È là, secondo loro, che si possono trovare le ricchezze della vita, darle un senso o almeno trovare una pacificazione all’inquietudine umana. Essi hanno creduto che il fascismo ristabilisse una civiltà tragica in cui la gioia, la durata e la sofferenza fossero tutt’uno. Alla fine sono restate solo la durata e la sofferenza.

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