giovedì 5 marzo 2015
Urbinati vede il populismo di Salvini ma non quello del PD
Il populismo di Salvini
di Nadia Urbinati Repubblica 5.3.15
IL DECLINO delle ideologie politiche e dell’identificazione dei
cittadini con i partiti parlamentari ha, tra le altre, una conseguenza
evidente: la legittimazione del populismo come fenomeno capace di
esprimere le frustrazioni dei cittadini nelle democrazie avanzate. Il
populismo come “grido di dolore”. Discreditato sul suolo europeo per il
passato fascista, il populismo sta così riconquistando terreno anche tra
i teorici radicali e di sinistra, desiderosi di dare della democrazia
un significato più carico di implicazioni di quel che può fare la
classica teoria delle regole del gioco. I partiti esistenti facilitano
questo revisionismo, perché non hanno programmi che li distinguono e
sono niente altro che macchine per vincere — winnability invece di
“progettualità” è il loro paradigma. E in questo scenario senza
idealità, molti cittadini e movimenti si immettono nel fiume populista.
Populismo è un termine impreciso, la cui valutazione è legata al
contesto storico-politico. Negli Stati Uniti (dove il People’s Party
nato a fine Ottocento ha di fatto segnato l’inizio del populismo come
fenomeno democratico) questo termine ha un significato positivo che
risulta ostico per un europeo. In America Latina, invece, il populismo
ha avuto anche valenza militarista (sorto sull’esperienza del
caudillismo) ed è sfociato nel fascismo peronista. Tuttavia i
sommovimenti di popolo hanno avuto anche impatti di democratizzazione,
come nel caso della prima stagione di Chávez in Venezuela, del movimento
del Chiapas in Messico o dell’attuale Nicaragua di Ortega.
Sarebbe sbagliato affastellare tutte le esperienze, quelle dei Paesi
post-coloniali con quelle dei Paesi europei. Nel vecchio continente, da
dove le colonizzazioni sono partite, il populismo ha preso una valenza
sempre nazionalista senza tuttavia avere quell’impatto emancipatore che è
riuscito a volte ad avere negli Stati post-coloniali. Nei nostri Paesi
il populismo mobilita la nazione come forza identitaria e si fa nemico
del pluralismo, come dimostra l’Ungheria di Orbán. Nato una volta che il
popolo ha ottenuto l’inclusione politica, il populismo costituisce il
tentativo di catturare il popolo, unificandolo mediante l’uso astuto da
parte di capi-popolo di alcune parole d’ordine o supposti valori
atavici.
Nell’Italia democratica il movimento che più espressamente ha
incorporato queste caratteristiche è stata la Lega Nord, sia nella fase
costitutiva con Umberto Bossi sia in questa fase rifondatrice con Matteo
Salvini. E il declino e la scomparsa della Lega di Bossi mostrano come
il populismo può crescere fino a quando resta un movimento e non entra
nel palazzo. Se e quando conquista il governo esso o declina, oppure,
per non declinare, si deve fare sovversivo nei confronti delle
istituzioni. Non c’è dunque terza via: il populismo, quando e se va al
potere per vie democratiche, deve sfidare la stabilità costituzionale
per non perdere consenso. La Lega di Bossi ha perso perché non è stata
coerentemente populista e si è adattata alle regole del gioco
democratico. La Lega di Salvini a giudicare dagli amici di strada e di
lotta che ha scelto — i nazifascisti di CasaPound — sembra aver capito
questa lezione ed è per questo estremamente pericolosa. Del resto punta
verso Roma, ha un progetto eversivo delle istituzioni democratiche.
Gli entusiasti del populismo come mobilitazione contro le élite e le
nuove oligarchie farebbero bene a comprendere che le masse non fungono
da protagoniste nella strategia populista, ma sono strumenti per
consentire un ricambio veloce e dirompente delle élite, o in un partito o
nel governo del Paese. Gli scossoni al sistema non intendono rendere
più democratica la democrazia; sono gli scossoni di un’élite contro
un’altra con il popolo che fa da detonatore. Le strategie dell’audience
che i nuovi media e Internet mettono a disposizione rendono questo gioco
più facile e veloce. I populismi sono nemici della democrazia che
subdolamente usano il popolo come mezzo. E la nuova Lega ne è una prova.
Tutto viene affastellato nel cesto delle parole d’ordine di Salvini,
anche la svastica se ciò serve a portare acqua al suo mulino. Il puro
strumentalismo è politica senza valori, winnability della più
bell’acqua. Questa è la strategia di un populismo che vuole essere un
regime più che un movimento.
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