venerdì 10 aprile 2015

C'è confusione: marxismo e "anticapitalismo"

Confusioni crescenti a sinistra

La deriva neoliberale della sinistra sistemica e della vecchia socialdemocrazia, connessa alla sconfitta storica delle classi subalterne, non è stata priva di ricadute ideologiche e politico-culturali sulla sinistra antisistemica e persino su quella che vorrebbe ispirarsi ancora alla tradizione comunista novecentesca.

L'aspetto principale di questa egemonia si è certamente manifestato in una paurosa subordinazione ideologica: il postmodernismo, nei suoi aspetti differenzialisti e ostili al principio di eguaglianza come alla ragione dialettica e alla concezione progressista della storia; epifenomeno politico di questa forma di coscienza è il movimentismo fine a se stesso, con le sue varianti sedicenti anarchiche e libertarie.

Ci sono però altre conseguenze forse meno appariscenti ma non meno gravi. Conseguenze legate anche alla cattiva elaborazione teorica di un'evidente inefficacia politica, in una situazione oggettiva che non può non indurre frustrazione.

 - La ri-naturalizzazione feticistica della propria appartenenza e la ipostatizzazione della propria identità, ridotta in tal modo a folclore e persino umiliata*.

 - La regressione delle forme di coscienza individuali e di gruppo dal materialismo storico al cospirazionismo volgare*.

  * Queste due tendenze si accompagnano spesso ad una grottesca replica nel presente degli schemi concettuali della Guerra Fredda - e a volte persino di quelli della Seconda guerra mondiale -, secondo un procedimento che confonde l'analisi concreta delle contraddizioni oggettive con una visione binaria e manichea dei processi, i cui fondamenti sono del tutto immaginari. La dialettica non è la categorizzazione schmittiana di amico/nemico perché è molto di più.

  - La confusione del progetto socialista di superamento del modo di produzione capitalistico come compimento e universalizzazione della modernità con il mero "anticapitalismo".

In questa prospettiva, Marx e Heidegger, Gentile e Gramsci, bolscevismo e rivoluzione conservatrice, tendono a diventare la stessa cosa nella finzione autoconsolatoria di un attivismo genericamente sovversivo.
Poiché lo sviluppo del capitalismo viene identificato con quello della modernità a partire dalla sua sostanza borghese, anticapitalismo diventa qui sinonimo di antimodernismo. Questo atteggiamento di solito porta con sé una delegittimazione dello sviluppo delle forze produttive(tecnofobia). A volte però può essere accompagnato da un riconoscimento selettivo di questo sviluppo, laddove esso consenta un incremento dell'elemento della potenza e della forza (assimilato in chiave proiettiva), facilmente coniugabile con i valori comunitari tradizionali e persino con valori religiosi di ispirazione tradizionalista. Al posto dell'ottimismo moderno e modernista odiato e denunciato da Nietzsche, abbiamo perciò una nostalgia dell'essenza, dell'autenticità e della pienezza che distorce l'umanismo marxiano.

Va ricordato che se il capitalismo non è bello, il feudalesimo - con la sua visione del mondo ristretta e quei suoi valori che Marx non mancava mai di sbeffeggiare - è stato molto peggio.
Non si torna indietro rispetto alla libera individualità moderna, con i suoi bisogni e desideri e il compito è semmai renderla autonoma e universalizzarla. Né a tale forma della soggettività è possibile più contrapporre la Gemeinschaft. Il discorso è chiuso dal 1918 [SGA].

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