Confusioni crescenti a sinistra
La deriva neoliberale della sinistra sistemica e della vecchia
socialdemocrazia, connessa alla sconfitta storica delle classi
subalterne, non è stata priva di ricadute ideologiche e
politico-culturali sulla sinistra antisistemica e persino su quella che
vorrebbe ispirarsi ancora alla tradizione comunista novecentesca.
L'aspetto principale di questa egemonia si è certamente manifestato in
una paurosa subordinazione ideologica: il postmodernismo, nei suoi
aspetti differenzialisti e ostili al principio di eguaglianza come alla
ragione dialettica e alla concezione progressista della storia;
epifenomeno politico di questa forma di coscienza è il movimentismo fine
a se stesso, con le sue varianti sedicenti anarchiche e libertarie.
Ci sono però altre conseguenze forse meno appariscenti ma non meno
gravi. Conseguenze legate anche alla cattiva elaborazione teorica di
un'evidente inefficacia politica, in una situazione oggettiva che non
può non indurre frustrazione.
- La ri-naturalizzazione
feticistica della propria appartenenza e la ipostatizzazione della
propria identità, ridotta in tal modo a folclore e persino umiliata*.
- La regressione delle forme di coscienza individuali e di gruppo dal materialismo storico al cospirazionismo volgare*.
* Queste due tendenze si accompagnano spesso ad una grottesca replica
nel presente degli schemi concettuali della Guerra Fredda - e a volte
persino di quelli della Seconda guerra mondiale -, secondo un
procedimento che confonde l'analisi concreta delle contraddizioni
oggettive con una visione binaria e manichea dei processi, i cui
fondamenti sono del tutto immaginari. La dialettica non è la
categorizzazione schmittiana di amico/nemico perché è molto di più.
- La confusione del progetto socialista di superamento del modo di
produzione capitalistico come compimento e universalizzazione della
modernità con il mero "anticapitalismo".
In questa prospettiva,
Marx e Heidegger, Gentile e Gramsci, bolscevismo e rivoluzione
conservatrice, tendono a diventare la stessa cosa nella finzione
autoconsolatoria di un attivismo genericamente sovversivo.
Poiché lo
sviluppo del capitalismo viene identificato con quello della modernità a
partire dalla sua sostanza borghese, anticapitalismo diventa qui
sinonimo di antimodernismo. Questo atteggiamento di solito porta con sé
una delegittimazione dello sviluppo delle forze produttive(tecnofobia). A
volte però può essere accompagnato da un riconoscimento selettivo di
questo sviluppo, laddove esso consenta un incremento dell'elemento della
potenza e della forza (assimilato in chiave proiettiva), facilmente
coniugabile con i valori comunitari tradizionali e persino con valori
religiosi di ispirazione tradizionalista. Al posto dell'ottimismo
moderno e modernista odiato e denunciato da Nietzsche, abbiamo perciò
una nostalgia dell'essenza, dell'autenticità e della pienezza che
distorce l'umanismo marxiano.
Va ricordato che se il capitalismo
non è bello, il feudalesimo - con la sua visione del mondo ristretta e
quei suoi valori che Marx non mancava mai di sbeffeggiare - è stato
molto peggio.
Non si torna indietro rispetto alla libera
individualità moderna, con i suoi bisogni e desideri e il compito è
semmai renderla autonoma e universalizzarla. Né a tale forma della
soggettività è possibile più contrapporre la Gemeinschaft. Il discorso è
chiuso dal 1918 [SGA].
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