mercoledì 1 aprile 2015

C'è un asse di ferro tra l'on. Fassina e Checco Varoufakis: come può Tachipirinas non fallire?


di Yanis Varoufakis, James K. Galbraith e Stuard Holland: Una modesta proposta per risolvere la crisi dell'Euro, Asterios, 56 pagg., 5 euro

Risvolto
La “Modesta proposta” di Yanis Varoufakis, Stuart Holland e James K. Galbraith, come l’omonimo pamphlet satirico di Jonathan Swift del 1729, vuole dare un salutare scrollone a un’Europa che per inerzia si sta frammentando e, per effetto delle politiche finanziarie inconcludenti e della crisi iniziata negli Stati Uniti nel 2008, è sempre più polarizzata tra Stati centrali, che producono più surplus di quanto ne riescano a reinvestire localmente, e Stati della periferia che accumulano più deficit di quanto se ne possano permettere, mentre inondano il mercato di titoli del debito pubblico che turbinano in una spirale suicida di interessi passivi crescenti.
A questo si aggiunge che i flussi di capitali tendono sempre più a prosciugare le risorse finanziarie dei paesi più deboli e con rating sfavorevoli per riversarle nei titoli obbligazionari e nei depositi bancari dei paesi più ricchi.
Finora le istituzioni finanziarie europee e internazionali sono state in grado di reagire a questo processo di feedback positivo, che porta dritto verso un'Europa a due velocità, solo con misure palliative e richiedendo ai Paesi della periferia più rigore e più austerità, senza tuttavia mettere mano alle leve che potrebbero veramente invertire la tendenza in atto.
Questa “Modesta proposta” si articola su quattro livelli (bancario, finanziario, degli investimenti, delle politiche sociali) e indica un cammino comune per responsabilizzare i soggetti che operano sulla scena economica e finanziaria europea, utilizzare al meglio le istituzioni esistenti (la Banca centrale europea, la Banca europea degli investimenti, il Fondo d’investimento europeo e il Meccanismo di stabilità europeo), stimolare la ripresa senza che questo debba pesare sui contribuenti dei paesi delle plusvalenze e ricompattare la coesione europea in vista di una futura Unione bancaria e di un’Unione federale che possano fare finalmente dell’Europa un soggetto forte e determinato a salvaguardare la pace e a promuovere la giustizia sociale.

Se Varoufakis perde l’euro andrà superato

Già nel 2013 il ministro greco aveva idee per affrontare la crisi senza aggravare la sofferenza sociale L’Europa lo ha ignorato e ora si rischia il disastro definitivo

di Stefano Fassina il Fatto 1.4.15

Pubblichiamo ampi stralci dell’introduzione del deputato Pd Stefano Fassina a “Una modesta proposta per risolvere la crisi dell’euro” (Asterios), di Yanis Varoufakis, James K. Galbraith e Stuard Holland.

La Modest proposal for resolving the eurozone crisis uscì per la prima volta nel novembre 2010 a sola firma di Yanis Varoufakis e Stuart Holland. Il primo, allora era un semisconosciuto brillante economista eterodosso greco, professore ad Atene e all’Università del Texas. Ora è il ministro delle Finanze del governo Tsipras, dopo essere stato il più votato tra gli eletti al Parlamento di Atene nelle elezioni di gennaio come indipendente nelle liste di Syriza. Il secondo è stato una figura di primo piano del Partito laburista del Regno Unito, consulente tra l'altro di Jacques Delors nell'elaborazione della proposta di eurobond. La versione 4.0 della modest proposal al luglio 2013, oltre ai primi due autori, ha il contributo anche di James K. Galbraith, economista keynesiano dell’Università del Texas. Le quattro articolazioni della modest proposal rispondono a quattro dimensioni della crisi dell’eurozona: la crisi bancaria; la crisi del debito; la crisi degli investimenti; la crisi sociale. Il denominatore comune alle quattro risposte è la loro portata – apparentemente – limitata, ossia la loro fattibilità a trattati europei vigenti e a statuto della Banca centrale europea dato.
La Bce può ancora fare molto per il debito
Per spezzare il cortocircuito tra crisi bancaria e crisi del debito sovrano, la prima proposta prevede il trasferimento allo European Stability Mechanism (Esm) e alla Bce del controllo e della gestione delle istituzioni finanziarie in difficoltà. E questo fa venir meno, per la risoluzione dei problemi delle banche in dissesto, la condizione necessaria, prevista a regolazione vigente, dell’avvio da parte dello Stato interessato di un complessivo Programma con la Troika. La seconda proposta riguarda il debito pubblico: la Bce, in linea con la premessa di evitare soluzioni politicamente impraticabili, rispetta il divieto statutario di acquisto diretto o di garanzia di titoli di debito sovrano, ma per conto di ogni Stato dell’eurozona emette titoli sostitutivi della quota di debito pubblico sotto la soglia di Maastricht. Poi accende un prestito bancario a tassi leggermente superiori a quelli da essa spuntati sul mercato. Così riduce la spesa per interessi gravante sui bilanci pubblici.
La caduta brutale degli investimenti pubblici e privati, causa decisiva della carenza di domanda aggregata nell’eurozona, è oggetto della terza proposta. Viene definito l’Investment-led Recovery and Convergence Programme finanziato da titoli emessi congiuntamente dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) e dal Fondo europeo di investimento. La prima istituzione alimenta investimenti nella sanità, nell'istruzione e formazione, nella rigenerazione urbana e nelle green technology. Il secondo, oltre a co-finanziare gli investimenti della Bei, interviene attraverso un venture fund nel capitale delle piccole e medie imprese e punta a sopperire le difficoltà di accesso al credito bancario. La proposta rimane valida nonostante l’avvio del Piano Junker, piano virtuale in quanto limitato dall’enorme leva finanziaria costruita per far fronte all’assenza di risorse effettive. Infine, la quarta proposta affronta la crisi sociale. Lo strumento per intervenire sulle emergenze nutrizionali e sulla necessità minimali di consumi elettrici è l’Emergency Social Solidarity Programme. Originale la soluzione per il reperimento delle risorse: in una prima fase, gli interessi maturati sugli attivi di Target2 (il sistema di pagamenti tra le Banche centrali dell’eurozona) e i profitti raccolti dalla Bce attraverso le transazioni sui titoli di debito pubblico.
Atene e sinistra, la stessa parabola
Riflettere oggi sulle proposte di Varoufakis e dei suoi due colleghi è, ovviamente, altra cosa rispetto a una riflessione a ridosso della loro ultima pubblicazione o comunque in una fase precedente alla vittoria di Syriza nelle elezioni del 25 gennaio scorso. Come risulta chiaro nel negoziato nell'eurogruppo con il governo Tsipras, a Bruxelles domina imperturbabile la narrazione della ricetta giusta e del malato riottoso. Ma la via alla crescita dell'economia e dell'occupazione attraverso la svalutazione interna, mediante austerità e taglio dei redditi da lavoro, è impossibile in quanto generalizzata. Può portare al pareggio o al surplus della bilancia commerciale, ma soltanto al costo di drammatiche contrazioni del prodotto interno e dell'impennata, fino al rischio default, del debito pubblico.
Yanis Varoufakis vive sulla sua pelle di neoministro delle Finanze greco l'irrealismo delle limitate proposte disegnate da accademico attento ai dati di realtà. A Bruxelles e in tante capitali dell’eurozona si insiste sui problemi strutturali della Grecia che pre-esistevano gli interventi della Troika. Si chiudono, invece, gli occhi di fronte al fatto che la cura, ingoiata in sospensione di democrazia, ha aggravato la malattia.
La parabola greca e della sinistra prospetta un destino comune alle democrazie e alle sinistre dell'eurozona. La democrazia, la politica e la sinistra non hanno fiato nella camicia di forza liberista dell'euro. La gabbia mercantilista dell’eurozona aggrava gli squilibri nelle democrazie nazionali e lo schiacciamento della soggettività del lavoro determinati dai mercati globali. Gli effetti negativi, sebbene generali, sono asimmetrici: maggiori per i Paesi meno competitivi; e, dentro ciascun Paese, maggiori per il lavoro subordinato e debole, dipendente, precario, a Partita Iva o per le piccole imprese. Insomma, nell’eurozona non c’è alternativa alla svalutazione del lavoro, al rattrappimento delle classi medie, al collasso della partecipazione democratica. Allora, è ineludibile la discussione sul superamento cooperativo della moneta unica, ossia su un accordo per arrestare un meccanismo che porta alla rottura caotica.
Le debolezze a difesa della moneta unica
È possibile che nessun governo esprima “eroi della ritirata”, come Hans Magnus Enzesberger definisce Gorbaciov e i boss del socialismo reale che guidarono la fine dell’impero sovietico senza spargimenti di sangue. È probabile che le condizioni politiche, strutturate da opinioni pubbliche diventate, a causa delle imposte sofferenze e delle nutrite paure, reciprocamente ostili, oltre a impedire le correzioni di rotta necessarie alla sua sopravvivenza, impediscano anche la cooperazione per il superamento della moneta unica. È possibile quindi che prevalga l’arroccamento delle classi dirigenti dei Paesi in difficoltà intorno alla linea del Paese leader. E che governi miopi e media al seguito degli interessi più forti continuino a raccontare che, grazie all’ulteriore colpo alle condizioni del lavoro, al disperato Quantitative easing della Bce e alla connessa svalutazione dell’euro, la luce in fondo al tunnel incominci a intravvedersi. È possibile che, in uno scenario di rassegnata stagnazione, si sopravviva per un po’.
Ma l’iceberg è sempre più vicino per l’euro, per la democrazia e per la sinistra.

Grecia, crisi infinita
Tsipras bacchettato dalla Ue si butta tra le braccia di Putindi Roberta Zunini il Fatto 1.4.15
Atene. I pensionati e i lavoratori greci del settore pubblico ieri hanno tirato un sospiro di sollievo: sui loro conti correnti sono stati depositati i soldi delle pensioni e degli stipendi. Ma non è detto che ciò avverrà anche il mese prossimo. Non c'è stata ancora alcuna svolta sugli aiuti alla Grecia e non ci sarà prima di Pasqua. Lo ha affermato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. La lista di riforme non ha soddisfatto i tecnici europei che l'hanno bollata come “null'altro che un puzzle di intenti senza indicazioni circa la loro applicazione”. I punti sarebbero 18 in cui è incluso l'aumento dell’Iva, ma solo nelle isole greche a vocazione prettamente turistica; la tassa sugli immobili, che in campagna elettorale Alexis Tsipras aveva invece promesso di abolire per i piccoli proprietari; lotta all’evasione fiscale e privatizzazioni. Il mantenimento della tassa sulla proprietà, l’Enfia (equivalente all’Imu in Italia), che Syriza aveva promesso di sostituire con una tassa solo sui grandi patrimoni immobiliari, non farà piacere a coloro che l’hanno votata alle elezioni del 25 gennaio. Il governo ha annunciato di essere pronto a valutare eventuali offerte per la ricerca di idrocarburi onshore nell’ovest del Paese. E a proposito di petrolio e gas, ieri il ministro dell'Energia Lafasanis era a Mosca per discutere con il suo omologo circa l'acquisto a basso costo del gas russo. Syriza non ha mai nascosto le sue simpatie per Mosca e la politica dello zar Putin anche in materia di politica estera. Atteggiamento che condivide sia con il partito entrato nella coalizione di governo - l'ultranazionalista euroscettico Anel di Kammenos, insignito della croce di San Giorgio che vorrebbe uscire dalla Nato - sia con il partito neonazista Alba Dorata, altrettanto euroscettico e filorusso. Secondo molti analisti Putin sarebbe disponibile a dare alla Grecia gas a buon mercato per ottenere in cambio il veto della Grecia qualora l'Unione europea decidesse di alzare le sanzioni economiche nei confronti della Russia, se la tregua stabilita dagli accordi di Minsk 2 a proposito della guerra del Donbass (Ucraina) dovesse interrompersi. Per impedire alla Grecia di avvicinarsi troppo alla Russia, la cancelliera tedesca Merkel avrebbe, secondo varie fonti, deciso di sfidare i falchi della sua coalizione. “La Grecia ha diritto a una certa flessibilità nella scelta di come le riforme vadano implementate, ma le misure devono incontrare la soddisfazione dei partner internazionali”. 

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