di Yanis Varoufakis, James K. Galbraith e Stuard Holland:
Una modesta proposta per risolvere la crisi dell'Euro, Asterios, 56 pagg., 5 euro
Risvolto
La “Modesta proposta” di Yanis
Varoufakis, Stuart Holland e James K. Galbraith, come l’omonimo pamphlet
satirico di Jonathan Swift del 1729, vuole dare un salutare scrollone a
un’Europa che per inerzia si sta frammentando e, per effetto delle
politiche finanziarie inconcludenti e della crisi iniziata negli Stati
Uniti nel 2008, è sempre più polarizzata tra Stati centrali, che
producono più surplus di quanto ne riescano a reinvestire localmente, e
Stati della periferia che accumulano più deficit di quanto se ne possano
permettere, mentre inondano il mercato di titoli del debito pubblico
che turbinano in una spirale suicida di interessi passivi crescenti.
A questo si aggiunge che i flussi di capitali tendono sempre più a
prosciugare le risorse finanziarie dei paesi più deboli e con rating
sfavorevoli per riversarle nei titoli obbligazionari e nei depositi
bancari dei paesi più ricchi.
Finora le istituzioni finanziarie europee e internazionali sono state
in grado di reagire a questo processo di feedback positivo, che porta
dritto verso un'Europa a due velocità, solo con misure palliative e
richiedendo ai Paesi della periferia più rigore e più austerità, senza
tuttavia mettere mano alle leve che potrebbero veramente invertire la
tendenza in atto.
Questa “Modesta proposta” si articola su quattro livelli (bancario,
finanziario, degli investimenti, delle politiche sociali) e indica un
cammino comune per responsabilizzare i soggetti che operano sulla scena
economica e finanziaria europea, utilizzare al meglio le istituzioni
esistenti (la Banca centrale europea, la Banca europea degli
investimenti, il Fondo d’investimento europeo e il Meccanismo di
stabilità europeo), stimolare la ripresa senza che questo debba pesare
sui contribuenti dei paesi delle plusvalenze e ricompattare la coesione
europea in vista di una futura Unione bancaria e di un’Unione federale
che possano fare finalmente dell’Europa un soggetto forte e determinato a
salvaguardare la pace e a promuovere la giustizia sociale.
Se Varoufakis perde l’euro andrà superato
Già nel 2013 il ministro greco aveva idee per affrontare la crisi senza aggravare la sofferenza sociale L’Europa lo ha ignorato e ora si rischia il disastro definitivo
di Stefano Fassina il Fatto 1.4.15
Pubblichiamo ampi stralci dell’introduzione del deputato Pd Stefano
Fassina a “Una modesta proposta per risolvere la crisi dell’euro”
(Asterios), di Yanis Varoufakis, James K. Galbraith e Stuard Holland.
La Modest proposal for resolving the eurozone crisis uscì per la prima
volta nel novembre 2010 a sola firma di Yanis Varoufakis e Stuart
Holland. Il primo, allora era un semisconosciuto brillante economista
eterodosso greco, professore ad Atene e all’Università del Texas. Ora è
il ministro delle Finanze del governo Tsipras, dopo essere stato il più
votato tra gli eletti al Parlamento di Atene nelle elezioni di gennaio
come indipendente nelle liste di Syriza. Il secondo è stato una figura
di primo piano del Partito laburista del Regno Unito, consulente tra
l'altro di Jacques Delors nell'elaborazione della proposta di eurobond.
La versione 4.0 della modest proposal al luglio 2013, oltre ai primi due
autori, ha il contributo anche di James K. Galbraith, economista
keynesiano dell’Università del Texas. Le quattro articolazioni della
modest proposal rispondono a quattro dimensioni della crisi
dell’eurozona: la crisi bancaria; la crisi del debito; la crisi degli
investimenti; la crisi sociale. Il denominatore comune alle quattro
risposte è la loro portata – apparentemente – limitata, ossia la loro
fattibilità a trattati europei vigenti e a statuto della Banca centrale
europea dato.
La Bce può ancora fare molto per il debito
Per spezzare il cortocircuito tra crisi bancaria e crisi del debito
sovrano, la prima proposta prevede il trasferimento allo European
Stability Mechanism (Esm) e alla Bce del controllo e della gestione
delle istituzioni finanziarie in difficoltà. E questo fa venir meno, per
la risoluzione dei problemi delle banche in dissesto, la condizione
necessaria, prevista a regolazione vigente, dell’avvio da parte dello
Stato interessato di un complessivo Programma con la Troika. La seconda
proposta riguarda il debito pubblico: la Bce, in linea con la premessa
di evitare soluzioni politicamente impraticabili, rispetta il divieto
statutario di acquisto diretto o di garanzia di titoli di debito
sovrano, ma per conto di ogni Stato dell’eurozona emette titoli
sostitutivi della quota di debito pubblico sotto la soglia di
Maastricht. Poi accende un prestito bancario a tassi leggermente
superiori a quelli da essa spuntati sul mercato. Così riduce la spesa
per interessi gravante sui bilanci pubblici.
La caduta brutale degli investimenti pubblici e privati, causa decisiva
della carenza di domanda aggregata nell’eurozona, è oggetto della terza
proposta. Viene definito l’Investment-led Recovery and Convergence
Programme finanziato da titoli emessi congiuntamente dalla Banca europea
per gli investimenti (Bei) e dal Fondo europeo di investimento. La
prima istituzione alimenta investimenti nella sanità, nell'istruzione e
formazione, nella rigenerazione urbana e nelle green technology. Il
secondo, oltre a co-finanziare gli investimenti della Bei, interviene
attraverso un venture fund nel capitale delle piccole e medie imprese e
punta a sopperire le difficoltà di accesso al credito bancario. La
proposta rimane valida nonostante l’avvio del Piano Junker, piano
virtuale in quanto limitato dall’enorme leva finanziaria costruita per
far fronte all’assenza di risorse effettive. Infine, la quarta proposta
affronta la crisi sociale. Lo strumento per intervenire sulle emergenze
nutrizionali e sulla necessità minimali di consumi elettrici è
l’Emergency Social Solidarity Programme. Originale la soluzione per il
reperimento delle risorse: in una prima fase, gli interessi maturati
sugli attivi di Target2 (il sistema di pagamenti tra le Banche centrali
dell’eurozona) e i profitti raccolti dalla Bce attraverso le transazioni
sui titoli di debito pubblico.
Atene e sinistra, la stessa parabola
Riflettere oggi sulle proposte di Varoufakis e dei suoi due colleghi è,
ovviamente, altra cosa rispetto a una riflessione a ridosso della loro
ultima pubblicazione o comunque in una fase precedente alla vittoria di
Syriza nelle elezioni del 25 gennaio scorso. Come risulta chiaro nel
negoziato nell'eurogruppo con il governo Tsipras, a Bruxelles domina
imperturbabile la narrazione della ricetta giusta e del malato riottoso.
Ma la via alla crescita dell'economia e dell'occupazione attraverso la
svalutazione interna, mediante austerità e taglio dei redditi da lavoro,
è impossibile in quanto generalizzata. Può portare al pareggio o al
surplus della bilancia commerciale, ma soltanto al costo di drammatiche
contrazioni del prodotto interno e dell'impennata, fino al rischio
default, del debito pubblico.
Yanis Varoufakis vive sulla sua pelle di neoministro delle Finanze greco
l'irrealismo delle limitate proposte disegnate da accademico attento ai
dati di realtà. A Bruxelles e in tante capitali dell’eurozona si
insiste sui problemi strutturali della Grecia che pre-esistevano gli
interventi della Troika. Si chiudono, invece, gli occhi di fronte al
fatto che la cura, ingoiata in sospensione di democrazia, ha aggravato
la malattia.
La parabola greca e della sinistra prospetta un destino comune alle
democrazie e alle sinistre dell'eurozona. La democrazia, la politica e
la sinistra non hanno fiato nella camicia di forza liberista dell'euro.
La gabbia mercantilista dell’eurozona aggrava gli squilibri nelle
democrazie nazionali e lo schiacciamento della soggettività del lavoro
determinati dai mercati globali. Gli effetti negativi, sebbene generali,
sono asimmetrici: maggiori per i Paesi meno competitivi; e, dentro
ciascun Paese, maggiori per il lavoro subordinato e debole, dipendente,
precario, a Partita Iva o per le piccole imprese. Insomma, nell’eurozona
non c’è alternativa alla svalutazione del lavoro, al rattrappimento
delle classi medie, al collasso della partecipazione democratica.
Allora, è ineludibile la discussione sul superamento cooperativo della
moneta unica, ossia su un accordo per arrestare un meccanismo che porta
alla rottura caotica.
Le debolezze a difesa della moneta unica
È possibile che nessun governo esprima “eroi della ritirata”, come Hans
Magnus Enzesberger definisce Gorbaciov e i boss del socialismo reale che
guidarono la fine dell’impero sovietico senza spargimenti di sangue. È
probabile che le condizioni politiche, strutturate da opinioni pubbliche
diventate, a causa delle imposte sofferenze e delle nutrite paure,
reciprocamente ostili, oltre a impedire le correzioni di rotta
necessarie alla sua sopravvivenza, impediscano anche la cooperazione per
il superamento della moneta unica. È possibile quindi che prevalga
l’arroccamento delle classi dirigenti dei Paesi in difficoltà intorno
alla linea del Paese leader. E che governi miopi e media al seguito
degli interessi più forti continuino a raccontare che, grazie
all’ulteriore colpo alle condizioni del lavoro, al disperato
Quantitative easing della Bce e alla connessa svalutazione dell’euro, la
luce in fondo al tunnel incominci a intravvedersi. È possibile che, in
uno scenario di rassegnata stagnazione, si sopravviva per un po’.
Ma l’iceberg è sempre più vicino per l’euro, per la democrazia e per la sinistra.
Grecia, crisi infinita
Tsipras bacchettato dalla Ue si butta tra le braccia di Putindi Roberta Zunini il Fatto 1.4.15
Atene. I pensionati e i lavoratori greci del settore pubblico ieri hanno
tirato un sospiro di sollievo: sui loro conti correnti sono stati
depositati i soldi delle pensioni e degli stipendi. Ma non è detto che
ciò avverrà anche il mese prossimo. Non c'è stata ancora alcuna svolta
sugli aiuti alla Grecia e non ci sarà prima di Pasqua. Lo ha affermato
il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. La lista di riforme non
ha soddisfatto i tecnici europei che l'hanno bollata come “null'altro
che un puzzle di intenti senza indicazioni circa la loro applicazione”. I
punti sarebbero 18 in cui è incluso l'aumento dell’Iva, ma solo nelle
isole greche a vocazione prettamente turistica; la tassa sugli immobili,
che in campagna elettorale Alexis Tsipras aveva invece promesso di
abolire per i piccoli proprietari; lotta all’evasione fiscale e
privatizzazioni. Il mantenimento della tassa sulla proprietà, l’Enfia
(equivalente all’Imu in Italia), che Syriza aveva promesso di sostituire
con una tassa solo sui grandi patrimoni immobiliari, non farà piacere a
coloro che l’hanno votata alle elezioni del 25 gennaio. Il governo ha
annunciato di essere pronto a valutare eventuali offerte per la ricerca
di idrocarburi onshore nell’ovest del Paese. E a proposito di petrolio e
gas, ieri il ministro dell'Energia Lafasanis era a Mosca per discutere
con il suo omologo circa l'acquisto a basso costo del gas russo. Syriza
non ha mai nascosto le sue simpatie per Mosca e la politica dello zar
Putin anche in materia di politica estera. Atteggiamento che condivide
sia con il partito entrato nella coalizione di governo -
l'ultranazionalista euroscettico Anel di Kammenos, insignito della croce
di San Giorgio che vorrebbe uscire dalla Nato - sia con il partito
neonazista Alba Dorata, altrettanto euroscettico e filorusso. Secondo
molti analisti Putin sarebbe disponibile a dare alla Grecia gas a buon
mercato per ottenere in cambio il veto della Grecia qualora l'Unione
europea decidesse di alzare le sanzioni economiche nei confronti della
Russia, se la tregua stabilita dagli accordi di Minsk 2 a proposito
della guerra del Donbass (Ucraina) dovesse interrompersi. Per impedire
alla Grecia di avvicinarsi troppo alla Russia, la cancelliera tedesca
Merkel avrebbe, secondo varie fonti, deciso di sfidare i falchi della
sua coalizione. “La Grecia ha diritto a una certa flessibilità nella
scelta di come le riforme vadano implementate, ma le misure devono
incontrare la soddisfazione dei partner internazionali”.
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