Essere e tempo nasce nel clima dell'ideologia della guerra degli anni successivi al primo conflitto mondiale. La Kulturkritik di quell'opera non è minimamente comprensibile senza quel momento spirituale, che è lo stesso della Rivoluzione conservatrice. Se Essere e tempo fosse un libro di fenomenologia, sarebbe solo un libro pallosissimo. Per fortuna non è così. Ma proprio questa fortuna impedisce di fare a fette il percorso di Heidegger. Il quale, non a caso, sosteneva che tutti i filosofi in fondo hanno avuto un unico pensiero fondamentale [SGA].
Notare l'intervento di Madame Filosofia.
Chi invece volesse leggere il mio intervento sulle avanguardie intellettuali della "rivoluzione" nazista può trovarlo qua:
L’Essere in guerra con l’ente. Heidegger, la questione dei “Quaderni neri” e la cosiddetta “Italian Theory
Perché la maggior parte della intelligentsia italiana di sinistra continua a considerare Heidegger come il principale crocevia per comprendere la modernità? La compromissione di Heidegger con il nazismo non affonda le radici nel suo pensiero filosofico? Perché il profondo antiliberalismo del pensiero heideggeriano continua ad affascinare i maggiori rappresentanti di ciò che è stato chiamato “Italian Theory”? La pubblicazione dei “Quaderni neri” e le più recenti ricerche a riguardo aiutano a rispondere a questi quesitidi ROBERTA DE MONTICELLI Micromega il rasoio di Occam
“Nei Quaderni di tenebra la maledizione di Heidegger”I testi antisemiti, le polemiche su un’eredità scomoda: confronto tra Ferraris e Günter FigalMAURIZIO FERRARIS E GÜNTER FIGAL Repubblica 4 4 2015UNA maledizione che non finisce. Una scia nera che arriva dal passato nazista e razzista di uno dei più grandi pensatori del Novecento e che mette in crisi studiosi e ricercatori di oggi. Continuano far discutere i Quaderni neri di Martin Heidegger, i suoi testi fortemente antisemiti rimasti a lungo inediti. Günter Figal, titolare della cattedra di fenomenologia che fu di Heidegger prima e di Husserl poi, dopo la pubblicazione dei Quaderni si è dimesso dalla carica di presidente della Società heideggeriana, definendo «disgustose e terribili» le affermazioni contenute nei taccuini. Un gesto clamoroso a cui sono seguite, qualche giorno fa, le dimissioni della vicepresidente Donatella Di Cesare, che ha accusato di provincialismo la comunità di studiosi.
«Figal — ha dichiarato — considera quei brani rivoltanti, io al contrario ritengo che proprio i Quaderni neri impongano di approfondire e ampliare il dibattito su quello che rimane il più importante pensatore del Novecento, per capire le origini filosofiche del suo antisemitismo». Un dibattito acceso che sarà ripreso a Siegen, in Germania, in un convegno internazionale dal 23 al 25 aprile. In questo dialogo tra Figal e Maurizio Ferraris ne anticipiamo alcuni temi.
Maurizio Ferraris: Cosa ha provato leggendo i Quaderni neri, dopo una vita a contatto con i testi di Heidegger? Mi chiedo anche come si sarebbe sentito nel leggerli Pietro Chiodi, il primo traduttore di Essere e tempo, che aveva alle proprie spalle la lotta partigiana.
Günt er Figal: Non sono mai stato un fan di Heidegger, ma mi ha molto impressionato quando l’ho sentito dal vivo, una volta sola, a Heidelberg. Venne all’ultima lezione di Gadamer e improvvisò un breve discorso: Che cos’è propriamente la fenomenologia? Scoprirne il rigido antisemitismo è stata una grande delusione. Per me del suo pensiero a questo punto resta non la filosofia nell’insieme, ma solo delle parti. Non quelle degli anni Trenta e Quaranta, che considero profondamente ideologiche, ma la fenomenologia.
M. F.: Come giudica il fatto che lui avesse disposto la pubblicazione di questi Quaderni alla fine dell’edizione completa delle sue opere? Forse pensava che sarebbero stati resi noti in un contesto storico di nuovo favorevole al nazismo?
G. F.: Mi chiedo se Heidegger credesse ancora al nazismo, in senso stretto, quando ha stabilito il piano: ci possono essere molte ragioni per la sua decisione di pubblicare così tardi i Quaderni neri . Ad esempio, il carattere “privato” dei testi. Mentre nei suoi scritti filosofici evita di parlare di sé, qui è alla ribalta: potremmo considerare i Quaderni neri l’ Ecce homo di Heidegger. Pensiero e vita personale si intrecciano in modo complesso. Quanto alle affermazioni antisemite, pretendono di avere carattere filosofico, ma sono solo manifestazioni di un risentimento stereotipato. La cosa peggiore è che cerchi di spiegare quelli che considera i limiti della filosofia di Husserl riferendosi alla sua origine ebrea. E trovo scioccante che nei primi anni Quaranta Heidegger lamenti che sia consentito a chi vuole allontanarsi di lasciare la Germania: implicitamente, significa che avrebbe preferito tenere chi voleva emigrare in patria, nei campi di concentramento. Giustifica cioè quello che è stato fatto al popolo ebraico.
M.F.: Già negli anni Trenta Emmanuel Lévinas definì quella di Heidegger una “filosofia dell’hitlerismo”, ma per la nostra generazione è stato diverso. Quando ero studente si diceva che Heidegger era stato solo per breve tempo, e per ingenuità, nazista, quando assunse il rettorato dell’Università di Friburgo. Poi nel 1987 è uscito il libro di Victor Farias che mostrava come Heidegger fosse rimasto nazista fino alla guerra. Ora i Quaderni mostrano che non ha mai smesso di esserlo, il che spiega perché non abbia mai riconosciuto la propria colpa.
G.F.: Benché nei tardi anni Trenta e negli anni Quaranta Heidegger critichi la realtà storica del nazismo, la stolta idea nazionalista del privilegio filosofico della Germania continua a dominare. Lui continua a credere nella peculiare importanza della Germania, senza neppure prendere in considerazione i crimini commessi dalla sua patria. Ignora tutto ciò che non si adatta alla sua costruzione di una Storia dell’Essere, che di fatto è una storia priva di qualsiasi base empirica.
M. F.: In Dello spirito ( 1987) — libro che si fa carico della contraddizione che comporta, per un grande pensatore ebreo, aver lavorato tanto sui testi di un pensatore antisemita — Jacques Derrida osserva che il nazismo non è l’irruzione di qualcosa di estraneo al mondo dello spirito, e che affonda le sue radici nei punti più alti della cultura europea. Ad esempio si possono trovare affermazioni antisemite in Fichte e nella tradizione della cultura tedesca (per non parlare, ovviamente, dell’antisemitismo cristiano). Ma restano due punti critici: l’antisemitismo non è prerogativa dello spirito tedesco (il caso Dreyfus è avvenuto a Parigi, non a Berlino); poi un conto è essere antisemiti nel Seicento, altro nell’Ottocento, altro ancora nel Novecento, nel momento in cui gli ebrei vengono sterminati.
G.F.: Sono d’accordo. Heidegger sapeva perfettamente ciò che accadeva ai suoi colleghi, allievi e connazionali ebrei. La sinagoga di Friburgo, che fu devastata e bruciata il 9 novembre 1938, era vicinissima all’Università.
M. F.: Invece insistere sul fatto che l’antisemitismo ha una radice culturale significa introdurre una sorta di determinismo: il che è assurdo. Thomas Mann, che nella prima guerra mondiale era stato nazionalista, si oppose fermamente al nazismo e fu costretto all’esilio. Insomma, decidere di diventare rettore nazista non è un destino, e la cultura non giustifica la sottomissione al nazismo, anzi, insegna la resistenza e la ribellione.
G. F.: Ho sempre guardato al coraggio politico e alla svolta democratica di Thomas Mann con il massimo rispetto e ammirazione. Ma come fenomenologo, come autore di Essere e tempo Heidegger è stato un autore di livello internazionale, e lo rimarrà nonostante la sua vicenda complessiva. Gli studiosi devono tutelare i veri successi filosofici di Heidegger proteggendoli dalle sue aberrazioni politiche e filosofiche.
Il convegno sui Quaderni neri di Heidegger si terrà a Siegen dal 2-3 al 2-5 aprile. Tra i partecipanti Maurizio Ferraris, Emmanuel Faye, Markus Gabriel e Richard Wolin @ RIPRODUZIONE RISERVATA
2 commenti:
Inquietante a livello emotivo soprattutto per quelli che, come me, considerano Hannah Arendt come una "nonna" filosofica...Il fatto che Heidegger possa aver segretamente desiderato che lei morisse nei campi di concentramento è rivoltante. Per non parlare del tradimento nei confronti di Husserl, amico e maestro. Ne esce un quadro umanamente sconcertante. Tuttavia, da giovane universitario (Roma Tre) e avendo come insegnanti sia convinti heideggeriani (come Finelli) che un esponente di punta dell'italian theory (Virno), devo dire che mi sembra che la "passione" italiana per Heidegger si limiti forse al famoso "dasein" e alla riflessione sulla parola e il linguaggio...Forse gli unici punti non coinvolti nella discussione. Anche la comparazione "potere" (aleatoria etichetta da piazzare su qualsiasi cosa, come la professoressa De Monticelli fa notare)= "macchinazione universale" mi appare abbastanza arbitraria, in fondo abbiamo tutti le nostre paranoie, non è detto che debbano per forza coincidere.
Devo tuttavia confermare la diffusa ostilità nei confronti della "tecnica" (questa si definizione aleatori) diffusa negli atenei romani. Mi può chiarire, seppur brevemente, questi ultimi punti? Grazie.
1) Hannah Arendt è un'autrice di destra, una vera soldatessa della Guerra fredda il cui intento è quello di delegittimare la tradizione rivoluzionaria e il processo di decolonizzazione.
2) Tradimenti accademici ce ne sono sempre stati e ce ne saranno, anche più clamorosi; non è questo il punto. I maestri esistono per essere traditi (poi, certo, c'è modo e modo e Heidegger fu squallido).
3) Non credo che Finelli sia un heideggeriano, tantomeno convinto.
4) L'heideggerismo italiano non si limita a Essere e tempo (Dasein, finitezza, ecc. ecc.) né al linguaggio (siamo parlati più che parlanti, ecc. ecc.). E' molto più profondo e riguarda soprattutto la storia ovvero la negazione dell'idea di progresso e del principio di eguaglianza, in nome dell'evento e della differenza.
5) Macchinazione traduce l'heideggeriano Machenschaft.
6) E' molto facile, a sinistra, confondere il capitalismo con la tecnica, per cui ogni critica dello sviluppo delle forze produttive, anche la più reazionaria, viene fatta passare come una brillante messa in discussione del capitalismo. In questo modo si concilia sul piano soggettivo l'heideggerismo con il proprio essere "di sinistra" (una interpretazione sbagliata ma largamente egemone di ciò che vuol dire sinistra).
Posta un commento