martedì 21 aprile 2015

L'eterno ritorno dell'operaismo italiano: da 50 anni sempre la stessa cosa, ma con nomi diversi

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Sergio Bologna : Knowledge Workers. Dall’operaio massa al freelance, Asterios

Risvolto

Dall'operaio massa al freelance, dalla società delle fabbriche fordiste alle figure del terziario avanzato, dagli operai alla catena di montaggio ai knowledge workers di oggi. La riflessione teorica di quella tendenza della sinistra radicale che viene chiamata "operaismo" ha cercato di mettere a fuoco le figure sociali che simboleggiano determinate fasi storiche del capitalismo. Ma, a differenza di altre avanguardie intellettuali, non si è limitata all'analisi, ha voluto agire dentro questa realtà per trasformarla. L'autore, che ha partecipato in prima persona ai movimenti di lotta e contestazione degli Anni 60 e 70, è oggi tra gli animatori delle associazioni di professionisti che in Europa ed ancor più negli Stati Uniti costituiscono l'embrione del cosiddetto freelancers movement. 


Il futuro del lavoro: dall’operaio massa al freelancePamphlet. «Knowledge Workers. Dall’operaio massa al freelance», di Sergio Bologna per Asterios. Nell'era del post tutto, arrivano i self employed
Roberto Ciccarelli, il Manifesto 15.4.2015 

La bre­vi­tas è un’arte che rende esem­plare la scrit­tura di Ser­gio Bolo­gna. Nel pam­phlet di 48 pagine, Kno­w­ledge Wor­kers. Dall’operaio massa al free­lance (Aste­rios, euro 7), que­sta polie­drica figura dell’operaismo ita­liano, sto­rico del movi­mento ope­raio, free­lance, atti­vi­sta e fon­da­tore di rivi­ste d’avanguardia come Primo Mag­gio, riper­corre la tra­iet­to­ria sto­rica che dall’operaio massa ha por­tato ai free­lance, al «lavo­ra­tore auto­nomo di seconda gene­ra­zione» e al self-employed (auto-impiegato). Pagine ful­mi­nanti scritte con lo stile del «post-operaismo» — il «post» qui viene adot­tato per­ché il fon­da­tore dell’operaismo Mario Tronti sostiene che l’operaismo si è con­cluso con la rivi­sta Classe ope­raia già negli anni Sessanta. 
Bolo­gna si attiene a que­sta distin­zione. Ciò che gli inte­ressa è deli­neare una carat­te­ri­stica spe­ci­fica della sto­ria degli intel­let­tuali emersa nel Dopo­guerra: la lotta con­tro il cro­cia­ne­simo nell’accademia e il con­for­mi­smo regnante sul mer­cato edi­to­riale. Un’eccezione rico­no­sciuta che con­ti­nua a riscuo­tere l’interesse nelle nuove gene­ra­zioni, non solo italiane. 
Il «post-operaismo» è un’analisi mate­ria­li­sta che vede nel lavoro, senza distin­zioni, una sog­get­ti­vità sto­rica e non una varia­bile dipen­dente dall’impresa, né il pre­mio otte­nuto da un sog­getto «meri­te­vole». Ciò che lo con­trad­di­stin­gue dal suo tra­di­zio­nale inse­dia­mento sociale — la classe ope­raia – oggi è l’originale ana­lisi di mondi ope­rosi ben più arti­co­lati e con­trad­dit­tori. Ser­gio Bolo­gna si rivolge al lavoro auto­nomo dov’è avve­nuta una tra­sfor­ma­zione che coin­volge il ceto medio pro­le­ta­riz­zato escluso dal Wel­fare, men­tre il diritto del lavoro lo con­si­dera ancora un’«impresa». 
Que­sto approc­cio viene ribal­tato. Bolo­gna rac­conta il caso della Free­lan­cers Union ame­ri­cana, o quello dell’italiana Acta, dove l’auto-organizzazione dei free­lance è un’alternativa all’identificazione con il mondo dell’imprenditoria o del pro­fes­sio­na­li­smo bor­ghese. «Il post-operaismo – scrive – è riu­scito dare un pen­siero col­let­tivo ai self-employed, a ren­derli con­sa­pe­voli della loro iden­tità di lavo­ra­tori». In realtà, tale pen­siero col­let­tivo esi­ste al di là della vicenda ita­liana. Al post-operaismo, e a Ser­gio Bolo­gna in par­ti­co­lare, si deve la capa­cità di avere coniu­gato la teo­ria con la prassi, col­ti­vando la «cri­tica per­ma­nente del nostro essere sto­rico». Que­sta cri­tica è gene­rata da una ten­sione etica oggi riscon­tra­bile anche tra chi non è un teo­rico, né un operaista. 
L’operaismo è «una stretta ade­renza alla realtà e rap­porto costante con l’azione e la pra­tica mili­tante». Parole che descri­vono lo stile con­tem­po­ra­neo, e spiaz­zante, delle ana­lisi dello stesso Bolo­gna. «Il suo rigore scien­ti­fico non è desti­nato alla valu­ta­zione acca­de­mica – aggiunge – l’analisi può essere anche par­ziale, ma deve met­tere in moto delle dina­mi­che sog­get­tive che por­tano le per­sone a tute­lare e difen­dere i pro­pri diritti». Dalla catena di mon­tag­gio for­di­sta al lavoro della cono­scenza nel ceto medio, nelle classi lavo­ra­trici e inoc­cu­pate. Il post-operaismo guarda al mondo. E non solo per­ché cono­sce una straor­di­na­ria dif­fu­sione in lin­gua inglese.

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