martedì 7 aprile 2015
L'istituto per la regolazione degli orologi: un romanzo
Ahmet Hamdi Tanpinar: L'Istituto per la Regolazione degli Orologi, traduzione di Fabio Salomoni, Einaudi, pagg. 448, euro 22
Risvolto
L'Istituto per la Regolazione degli Orologi, come tutti
i grandi romanzi, è un libro che contiene un mondo.
E lo si può percorrere in direzioni diverse trovando
sempre qualcosa di nuovo. Intanto è il piú
bel libro su Istanbul, raccontata dal primo Novecento
durante l'Impero Ottomano, con il fascino dei grandi
e antichi palazzi abitati da personaggi quantomeno
stravaganti, fino alla modernizzazione degli anni
Quaranta e Cinquanta. Poi è una satira degli «enti
inutili», della burocrazia metafisica, della cialtroneria
indissolubilmente intrecciata alla grande saggezza.
Ed è la storia di un bellissimo personaggio, Hayri
Irdal, alle prese con il tempo fin da quando ragazzino
era l'aiutante di bottega di un orologiaio, o anche
prima visto che la sua esistenza è segnata fin dall'inizio,
e per sempre, da una vecchia pendola di casa.
Un capolavoro della letteratura del Novecento
per la prima volta tradotto in italiano.
***
Quel che conta, in questo capolavoro
comico-satirico, è la forma con cui
Tanpinar prova a maneggiare
il Tempo, l'attrezzo con cui entra
dentro la gabbia delle tigri: un
orologio. Il che è un paradosso,
o un'apparente contraddizione:
Tanpinar tenta di lasciare che
il Tempo soffi libero il suo sinistro
vento abissale, e però per farlo
non trova nient'altro di meglio che
raccontare come per tutta la vita
abbia tentato viceversa proprio
di chiuderlo in sacchetti, creando
persino un'Istituzione apposita.
L'Istituto per la Regolazione degli
Orologi mette in scena proprio questo
fallimento, nella dialettica, tipicamente
novecentesca tra il caos del mondo
e un tentativo da parte del romanzo
di trovargli un qualche ordine.
Il mondo infuria, la vita si dipana
in troppe linee perché se ne possa
scegliere - comunque arbitrariamente
- una da raccontare e dare per buona.
Per questo il romanzo usa le parole,
perché alla stregua di quei sacchetti
di tempo che sono gli orologi, danno
l'illusione che l'abisso si possa dire,
il Tempo calcolare, lo Spazio si possa
misurare.
Essere l'ingranaggio di un ente inutile può diventare un'esperienza singolare. Oltre a rivelarsi metafora di una vita (e di una nazione)
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