sabato 4 aprile 2015

Sul restauro della Domus Aurea

Il giardino sostenibile di Nerone 

Archeologia. Lo staff della Domus Aurea ha presentato la parcella iniziale del nuovo parco che sovrasta il monumento: ottocento dei sedicimila metri quadrati complessivi di un sistema integrato di protezione, all'avanguardia 

Federico Gurgone, il Manifesto ROMA, 3.4.2015 


Chiuso il can­tiere pilota, avviato nel mag­gio del 2014, lo staff della Domus Aurea ha pre­sen­tato la par­cella ini­ziale del nuovo giar­dino soste­ni­bile: otto­cento dei sedi­ci­mila metri qua­drati com­ples­sivi. Il bacino di dre­nag­gio rea­liz­zato, il primo dei ven­ti­due pre­vi­sti, è dotato delle tec­no­lo­gie neces­sa­rie per la pro­te­zione defi­ni­tiva del monu­mento sottostante. 
Se la scienza non inter­ve­nisse e lasciasse carta bianca alla natura, il capo­la­voro degli archi­tetti nero­niani cede­rebbe pre­sto all’invasività delle radici degli alberi e alla mole della terra che preme sulle sue volte. Le acque pio­vane con­ti­nue­reb­bero a per­co­lare, favo­rite dal ter­reno sab­bioso che rico­pre la ter­razza costruita da Tra­iano sulla dam­na­tio memo­riae della villa.
I risul­tati otte­nuti con­fer­mano ora la neces­sità dei lavori. Il peso del giar­dino è stato abbas­sato da un mas­simo di tre­mila kg/mq a 750 kg/mq. Gli alberi sono stati abbat­tuti e sosti­tuiti con quat­tor­dici arbu­sti in vaso, tra cui agrumi, cor­bez­zoli, olivi, cipressi, allori e mirti. 

«Cam­biare il giar­dino è la nostra unica opzione», ha riba­dito la diret­trice Ida Scior­tino. «Il sistema inte­grato di pro­te­zione messo in opera andrà a for­mare, tra le volte e la nuova coper­tura imper­mea­bile, un’intercapedine costi­tuita da mate­riale coi­bente e poroso. L’umidità delle mura­ture sarà con­ti­nua­mente moni­to­rata e, in caso di biso­gno, sarà pos­si­bile inse­rire acqua o vapore acqueo all’interno dell’intercapedine, in modo da sta­bi­liz­zare il micro­clima ideale per la sal­va­guar­dia della reg­gia».
Oltre alla scienza, la poe­sia: il giar­dino stuz­zi­cherà la fan­ta­sia e aiu­terà il pas­sante a evo­care l’arte e la sto­ria nasco­sta al di sotto dei suoi piedi. «Le quat­tro aiuole in spic­chi di acciaio cor-ten — ha chia­rito la diret­trice — sug­ge­ri­scono la pre­senza di una fon­tana ipo­gea, posta al cen­tro di un grande cor­tile all’esterno rap­pre­sen­tato da viali appena accennati». 

Il dise­gno illu­strato dall’architetto del pae­sag­gio Gabriella Strano rimanda alla tipo­lo­gia del viri­da­rium eter­nata dalle pit­ture murali, con le sue tipi­che geo­me­trie. «Colu­mella e Pli­nio descri­vono viali ret­ti­li­nei ornati da fon­tane, fio­riere e vasi, con i «fior vario­pinti, le stelle ter­re­stri» di cui parla la Natu­ra­lis Histo­ria».
La scelta delle piante pli­niane risponde anche a cri­teri arti­stici, ha sot­to­li­neato l’architetto. «Abbiamo scelto sol­tanto i fiori blu del rosma­rino, dei gia­cinti e dei muscari, un bulbo con­su­mato nelle insa­late dagli anti­chi romani, per ren­dere l’idea dell’acqua della fon­tana nero­niana che torna a esplo­dere a cielo aperto verso la luce». 

Il parco attuale fu pen­sato come coro­na­mento all’ampio viale che avrebbe dovuto col­le­gare la Sta­zione Ter­mini al Colos­seo: un’enfatizzazione della Roma mus­so­li­niana. Fu inau­gu­rato il 21 aprile 1936, anni­ver­sa­rio mitico della fon­da­zione di Roma, da Anto­nio Muñoz, ispet­tore gene­rale per le Anti­chità del Gover­na­to­rato fasci­sta. Già nel 1914, sia le Belle Arti, sia i mini­steri della Pub­blica istru­zione e delle Finanze ave­vano con­si­gliato di togliere le vigne che insi­ste­vano sul colle. Se que­ste ven­nero effet­ti­va­mente rimosse, furono tut­ta­via pian­tate le impo­nenti albe­ra­ture che tanti danni stanno creando. 

La stra­te­gia indi­vi­duata della Soprin­ten­denza è quindi l’unica pos­si­bile per il sal­va­tag­gio defi­ni­tivo del sito, tor­nato acces­si­bile dopo otto anni, lo scorso 26 otto­bre. Da allora i turi­sti pos­sono visi­tarlo, ma sol­tanto in parte e nel fine set­ti­mana. Aper­ture rego­lari sono riman­date alla fine dei lavori, pre­vi­sta nel 2018 se ver­ranno recu­pe­rati i tren­tuno milioni di euro neces­sari per rag­giun­gere l’obiettivo. 

«Tre anni dopo il com­mis­sa­ria­mento, la Soprin­ten­denza ha dimo­strato l’efficacia e la bontà del suo piano», ha rimar­cato il soprin­ten­dente Fran­ce­sco Pro­spe­retti. «Il mini­stro Fran­ce­schini ha garan­tito lo stan­zia­mento di ulte­riori fondi, men­tre la nostra cam­pa­gna di cro­w­d­fun­ding non ha otte­nuto il suc­cesso spe­rato. A breve lan­ce­remo un bando per la spon­so­riz­za­zione».
Oltre alla sua tutela, biso­gnerà di pari passo inse­rire il sito nel pano­rama più vasto della costi­tuenda Area archeo­lo­gica cen­trale.
Nell’isolato pae­sag­gio del Colle Oppio, di certo non aiuta l’anacronistica cor­tina di ferro distesa lungo la linea di super­fi­cie: quello che sta sotto, come la Domus, appar­tiene alla soprin­ten­denza sta­tale, quanto emerge, come il giar­dino, a quella comu­nale. Lasciano tut­ta­via ben spe­rare le parole dell’assessore alla Cul­tura capi­to­lino Gio­vanna Mari­nelli: «La città merita di vivere nella col­la­bo­ra­zione sem­pre più stretta tra le due isti­tu­zioni. Che que­sto sia il primo forte esem­pio in una dire­zione con­di­visa da entrambe».

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