martedì 7 aprile 2015

Tachipirinas cerchi di resistere almeno fino alle elezioni regionali, altrimenti non abbiamo nulla da dire


Risultati immagini per tsipras merkelSe Tsipras è tentato dal «centro»
di Vittorio Da Rold Il Sole 7.4.15
La Ue starebbe facendo pressioni su Atene perché Alexis Tsipras diventi un «premier e non il leader del partito radicale di Syriza». In altre parole affinché il premier greco scarichi le frange più estreme di Syriza e apra a una coalizione centrista che possa accettare un compromesso sulle riforme che prevedano altri tagli sociali e sacrifici in cambio dei 7,2 miliardi di euro in sospeso da agosto.
Molti rappresentanti dell’Ue avrebbero suggerito in conversazioni private, - riporta il Financial Times - che solo una decisione di Tsipras di «abbandonare» l’ala dell’ultra sinistra del suo partito Syriza potrebbe rendere possibile un accordo. L’idea che circolerebbe è quella che Tsipras formi una nuova coalizione con il tradizionale partito di centro sinistra Pasok, e con il nuovo partito di centro sinistra To Potami, contro cui si è battuto nelle elezioni di gennaio. Per Syriza To Potami, invece è una formazione che non accetterebbe di combattere gli interessi consolidati, soprattutto nel settore delle licenze dei media televisivi. Anche l’ex premier Antonis Samaras di Nea Dimokratia, si è detto pronto a sostenere un governo di unità nazionale per ottenere
i prestiti.
Le voci di intervento di Bruxelles stanno rinfocolando le polemiche sul rapporto tra il rispetto della volontà nazionale, espressa nel voto, e gli obblighi con i creditori e gli organismi europei. Panagiotis Lafazanis, l’esponente della sinistra di Syriza, ha detto che ogni cedimento del governo verso le richieste di politiche di austerità sarebbe l’equivalente di un «suicidio politico» di Syriza. Anche sul tema della privatizzazioni si assiste a una cacofonia di voci nell’esecutivo: prima la vendita del porto del Pireo è stata bloccata, poi è stata riaperta, infine si è parlato di joint-venture e oggi forse neppure di quella. Il bastione del sindacato dei marittimi, il porto del Pireo, è l’esempio della confusione che regna nel governo, dilaniato tra il rispetto delle promesse elettorali e le casse vuote.
Anche il ministro Varoufakis è entrato nel dibattito: «L’approccio nei confronti del nostro governo, sul tema della liquidità, è diverso rispetto a quello verso il precedente. Questa politica di discriminazione minaccia il principio di non intervento da parte delle istituzioni negli affari nazionali degli Stati membri Ue». Varoufakis ha anche smentito l’ipotesi di dimissioni. «Il ruolo di ministro delle Finanze è in mezzo tra il parafulmine e la sedia elettrica».
Il ministro greco, in realtà, sta trattando con l’Fmi sulla possibilità di rinviare a tempi migliori due temi più spinosi da far digerire alla sinistra di Syriza: un nuovo taglio alle pensioni sul tema dei prepensionamenti e il passaggio accelerato dal sistema retributivo, che ancora sopravvive in alcuni fondi speciali, a quello contributivo; un rinvio alla “calende greche” dell’annunciato aumento del salario minimo. Abbassare i toni e prendere tempo con i creditori sarebbe la strategia vincente per Syriza. 

“Atene cambi governo” Pressing Ue ma Tsipras apre a Russia e Cina
Bruxelles punta a un rimpasto dell’esecutivo grecodi Tonia Mastrobuoni La Stampa 7.4.15
Alla vigilia di una settimana complessa, che culminerà con il vertice con Putin a Mosca, il premier greco Alexis Tsipras affronta un nuovo guaio, stavolta politico. Citando fonti governative europee, «inclusi alcuni ministri delle Finanze», il Financial Times sostiene che starebbero aumentando le pressioni sul premier perché stravolga la composizione del suo governo, sostituendo la minoranza di sinistra di Syriza con formazioni più moderate come i socialisti del Pasok e il partito centrista To Potami. La verità è che si tratta di un’idea vecchia: tre giorni dopo le elezioni del 25 gennaio, il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz fu il primo politico europeo ad andare ad Atene. Secondo fonti governative greche, il tedesco suggerì la stessa cosa a Tsipras, che si era appena alleato con il partito di destra Anel, guidato da Panos Kammenos.
In quel momento, Tsipras respinse con forza quell’ipotesi: nella Grecia divisa ormai da anni in partiti pro- e anti “memorandum”, come è definito il piano di riforme e tagli imposto dalla Troika, e dopo un governo, quello di Samaras, di grande coalizione tra socialisti e conservatori, i greci si sono schierati soprattutto pro e contro l’austerità, molto meno per la destra o la sinistra, alle ultime elezioni. Pasok e To Potami sono due partiti “pro”, Syriza il partito che aveva impostato l’intera campagna elettorale “contro”. Ecco perché è stato naturale per Tsipras allearsi con la destra di Kammenos e molto meno con un partito come quello di Venizelos o di Theodorakis, sulla carta più vicini, ma identificati, in Grecia, con le vecchie oligarchie.
Ora che la minoranza di Syriza, capeggiata dall’ex anti euro Panagiotis Lafazanis, sta minacciando di non votare le riforme che potrebbero essere concordate con il Brussels group, Tsipras ha effettivamente un problema. Ma prima di tradire il mandato elettorale in modo clamoroso, coalizzandosi con il principale avversario della sua campagna elettorale, il Pasok, cui è riuscito oltretutto a sfilare milioni di voti promettendo di fare l’opposto di quanto fatto dai socialisti negli ultimi cinque anni, ce ne vuole.
L’unica certezza, al momento, sono le scadenze. Il 9 aprile Atene deve rimborsare 458 milioni di euro al Fondo monetario internazionale, mentre 1,4 miliardi di euro di titoli scadono il 14 di questo mese. Secondo indiscrezioni, se la Grecia riuscirà a rimborsare queste cifre, avrà difficoltà a pagare stipendi e pensioni, ad aprile. Intanto, il leader di Syriza si sta muovendo su fronti alternativi a quello europeo, per incassare denaro. Lo sblocco recente della privatizzazione del Pireo, cui è interessata la cinese Cosco ma che era stata congelata subito dopo le elezioni di gennaio, ha indotto Pechino a investire 100 milioni in bond ellenici. La scorsa settimana, il vicepremier Yannis Dragasakis è tornato ad Atene dalla capitale cinese con la promessa di altri acquisti di titoli a breve.
L’altra opzione che preoccupa Bruxelles e Berlino, è che Tsipras cerchi una maggiore vicinanza con Putin. Un’opzione che rischia di avere anche ripercussioni pesanti sul dossier ucraino. Sin dal suo insediamento, il governo Tsipras ha espresso riserve sulle sanzioni contro la Russia. Ma in un’intervista dei giorni scorsi all’agenzia russa Tass, il premier ellenico si è detto contrario alle restrizioni economiche imposte a Mosca: colpirebbero l’export greco.

Nasce l’asse Tsipras-Putin
Il premier greco: basta guerre economiche. Verso un’intesa sull’energiadi Tonia Mastrobuoni La Stampa 9.4.15
Una giornata «importante», che segna una «nuova primavera nei rapporti greco-russi». Dopo due ore di faccia a faccia con Vladimir Putin, Alexis Tsipras si è mostrato ottimista sul nuovo inizio nelle relazioni tra Mosca e Atene e ha rivendicato l’autonomia di Atene nell’agenda di politica estera: «Siamo un Paese sovrano», ha detto. Al termine del primo giorno di colloqui a Mosca, in cambio della vaghissima promessa di un allentamento dell’embargo sui prodotti agricoli, di una disponibilità di massima a elargire aiuti finanziari, ma soprattutto in cambio della proposta di un coinvolgimento della Grecia nel nuovo gasdotto «Turkish stream», Tsipras si è lasciato nuovamente andare ad una critica esplicita alle sanzioni europee contro Mosca. E dopo aver ricordato con pathos le radici religiose e storiche comuni - la religione ortodossa e la lotta contro i fascismi - ha annunciato l’avvio di un «Piano di azione 2015/2016» di investimenti e progetti comuni tra i due Paesi.
Scongelare le esportazioni
In particolare, il passaggio in cui Tsipras ha sostenuto che «è necessario lasciarsi alle spalle il circolo vizioso delle sanzioni» è stato miele per le orecchie di Putin, che sta tentando da mesi di dividere la Ue. Anche se poi ha aggiunto che gli accordi di Minsk vanno rispettati, quella del leader di Syriza è la frase che a Bruxelles e nelle cancellerie europee non volevano sentirgli pronunciare. Atene continua a far balenare, in un quadro ancora devastante della crisi ucraina, la prospettiva che un veto ellenico possa sfaldare il fronte europeo, sinora compatto, sulle restrizioni economiche contro Mosca.
Le concessioni ad Atene sono ancora prudenti, ma la collaborazione sul fronte energetico regala sicuramente una prospettiva di medio termine alla strombazzata «primavera» dei rapporti greco-russi. Mentre nel breve, anche se il premier greco aveva ribadito anche ieri il congelamento delle esportazioni della frutta e della verdura sta provocando «danni» all’economia ellenica, Putin ha sottolineato che «non si può fare alcuna eccezione per un Paese membro della Ue». Tuttavia, ha anche lasciato intendere che attraverso joint venture o altri mezzi, quel blocco può essere allentato.
Un altro tema che preoccupa gli europei è quello degli aiuti finanziari che il presidente russo potrebbe aver nuovamente offerto ad Atene per minare i rapporti con i partner europei, gravati dal difficile negoziato sul nuovo pacchetto di aiuti previsto a giugno, in cambio di una convincente agenda di riforme. Putin ha sottolineato che Tsipras non li ha chiesti, ma è un tema che rimane sottotraccia. E il presidente russo ha voluto rassicurare la Ue che non vuole usare Atene come «cavallo di Troia» per condizionare i rapporti con il continente.
Il gasdotto turco-greco
Il punto più interessante, in ogni caso, è l’interesse, confermato ieri da Tsipras, a collaborare al Turkish Stream e a «studiare possibili iniziative di investimento» per realizzare un allacciamento al nuovo gasdotto russo-turco che Mosca ha annunciato a dicembre dello scorso anno, dopo il tramonto del vecchio South Stream. Putin ha puntualizzato che la Grecia potrebbe incassare «milioni di euro» ogni anno per i diritti di transito sul gas che attraverso il Mar Nero porterebbe l’energia in Europa. Trasformando il Paese dell’Egeo in «uno dei principali centri per la distribuzione energetica» nella Ue, che «attirerebbe investimenti importanti nell’economia greca e creerebbe posti di lavoro»

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