martedì 7 aprile 2015

Tortorella ricorda Giovanni Berlinguer, il fondatore di Sinistra Democratica

Nessuno però ricorda cosa Sinistra Democratica fosse. E tanto - un destino che racchiude la storia della sinistra italiana e della sua inconcludenza - basta [SGA].



Giovanni Berlinguer, lo scienziato combattente 
Addii. Un ricordo di Giovanni Berlinguer, morto a Roma all'età di novant'anni. Fratello di Enrico, protagonista della storia del Pci, la sua è stata una vita divisa tra università e politica 

Aldo Tortorella, 6.4.2015 

Scom­pare con Gio­vanni Ber­lin­guer un vero uomo di scienza e un vero com­bat­tente poli­tico. Ci sono uomini – o donne — di scienza pre­stati alla poli­tica e uomini – o donne – della poli­tica che furono anche scien­ziati. È cosa rara una per­sona che sia stato, come lui, così pie­na­mente e fino in fondo l’una e l’altra cosa insieme, con eguale impe­gno ed eguale pas­sione. Diver­sa­mente da altri di noi della sua mede­sima gene­ra­zione, e dall’esempio che aveva in fami­glia, egli non volle con­clu­dersi in una sola dimen­sione – quella cui lo spin­geva la ade­sione pre­coce, fin dai ban­chi di scuola, all’idea di eman­ci­pa­zione sociale e di libe­ra­zione umana rap­pre­sen­tata, allora, dal Par­tito comu­ni­sta italiano. 
Eccel­lente stu­dente uni­ver­si­ta­rio di medi­cina fu con­tem­po­ra­nea­mente capace di essere abile diri­gente del movi­mento stu­den­te­sco di sini­stra in tempi duri – era la fine degli anni 40 e l’inizio dei 50 del secolo scorso, quando non era facile essere comu­ni­sti in nes­sun luogo – fino diven­tare pre­si­dente (tra il ’49 e il ’53) dell’Unione inter­na­zio­nale degli stu­denti, con sede a Praga. Era una orga­niz­za­zione for­mal­mente gigan­te­sca (cin­que milioni di iscritti, un cen­ti­naio di asso­cia­zioni nel mondo) non tutta di comu­ni­sti, dif­fi­cile da diri­gere in tempi di guerra fredda e di supre­ma­zia sovietica. 
Come sia riu­scito a lau­rearsi bril­lan­te­mente – e in medi­cina — pro­prio durante quella impresa cala­mi­tosa è stato sem­pre per me, che ci arri­vai più tardi e in mate­ria affine alla poli­tica, un motivo di ammi­rata stu­pe­fa­zione. E pochi anni dopo era già abi­li­tato all’insegnamento uni­ver­si­ta­rio in medi­cina sociale. Quando, molti anni dopo, gli dissi del mio stu­pore, attri­buì ogni merito alle sue ado­rate pulci, pes­sime pro­ta­go­ni­ste di tante orri­bili pesti­lenze, ma anche della spe­ciale cita­zione a lui dedi­cata (come poi spiegò in un deli­zioso libro) dalla Acca­de­mia reale inglese della scienze: aveva tro­vato una nuova pulce, sarda, con qual­che pelu­ria in più sulle potenti zam­pine. Aveva un sor­riso buono e arguto, indimenticabile. 
Era capace di iro­nia e di autoi­ro­nia, pro­prio per­ché era uomo forte e deter­mi­nato come vidi ancora meglio quando ci tro­vammo su fronti oppo­sti al tempo dello scio­gli­mento del Pci.
Era­vamo stati insieme nella com­mis­sione cul­tu­rale del Pci in solida sin­to­nia. Dal mio mae­stro Anto­nio Banfi avevo appreso il fasti­dio per una cul­tura uma­ni­stica che fosse inca­pace, come per troppo tempo è avve­nuto da noi, di inten­dere la mede­sima valenza di quella scien­ti­fica. Quando ebbi la respon­sa­bi­lità di diri­gere il set­tore delle poli­ti­che per la cul­tura, Gio­vanni si occu­pava del campo delle atti­vità scien­ti­fi­che. Orga­niz­zammo un memo­ra­bile con­ve­gno del Pci per le poli­ti­che della scienza (rela­tori la Levi Mon­tal­cini e Paolo Rossi, uno dei mag­giori filo­sofi della scienza del tempo). E forse per quella nostra buona intesa, me lo man­da­rono in una sezione di Roma, al tempo dello scon­tro tra chi voleva il supe­ra­mento del Pci in una nuova non pre­ci­sata iden­tità e chi pen­sava a un suo radi­cale rin­no­va­mento che non ne distrug­gesse le buone ragioni, a soste­nere la tesi di mag­gio­ranza, quando mi affan­navo a dimo­strare che il nostro non era solo un «no». 
Ma ho un grato ricordo di quel giorno lon­tano. Per­ché sen­tivo che Gio­vanni espri­meva una sof­fe­renza sin­cera, non diversa dalla mia seb­bene con con­clu­sioni oppo­ste, per quel che ave­vano fatto i molti che, altrove, ave­vano spor­cato inde­gna­mente la parola e l’idealità comu­ni­sta. E per­ciò rima­nemmo amici — forse più di prima. Fui felice di sen­tirlo par­te­cipe della volontà di rico­struire la sini­stra quando scelse con altri di fon­dare il movi­mento della Sini­stra Demo­cra­tica quando i demo­cra­tici di sini­stra scel­sero la strada che poi il Pd ha effet­ti­va­mente percorso. 
Gio­vanni ha com­bat­tuto fino allo stremo per le sue con­vin­zioni. Si è tro­vato ad avere un fra­tello, amato e ricam­biato, che è rima­sto nel cuore di mol­tis­simi. Ma egli è stato sem­pre fedele a se stesso, alle sue incli­na­zioni e alle sue bat­ta­glie. Come par­la­men­tare comu­ni­sta alla Camera e al Senato e, già molto avanti negli anni, come par­la­men­tare euro­peo ade­rente al Pse, si è bat­tuto senza rispar­mio per la causa dei lavo­ra­tori e per la causa di una ricerca scien­ti­fica libera e indi­riz­zata al bene comune. Ha avuto anche molti onori e rico­no­sci­menti come scien­ziato da diverse uni­ver­sità del mondo e dalla pre­si­denza della Repub­blica ita­liana. Ma per me, e credo per tanti, egli rimane innan­zi­tutto il com­pa­gno caris­simo pacato e sor­ri­dente, acuto e buono, di cui ti sen­tivi felice di essere amico.

Addio a Giovanni Berlinguer, il politico scienziato
di Paolo Fallai Corriere 7.4.15
Era il fratello di Enrico Berlinguer e per decenni nessuno ci ha fatto caso. Sobrietà, impegno professionale e coerenza l’hanno accompagnato per tutti i suoi 90 anni, fino all’ultimo giorno: Giovanni Berlinguer è morto a Roma, che alle 18 ha aperto il Campidoglio per ospitare il suo feretro, accolto dal sindaco Ignazio Marino e da Walter Veltroni. La camera ardente sarà aperta anche oggi dalle 8 e fino alle 20 e domani alle 10 sarà l’Università La Sapienza ad ospitare il funerale del suo docente di Medicina sociale.
In un paese di familismo esasperato, spesso fondato sul niente, Giovanni Berlinguer era nato in una famiglia importante, sarda ma dalle lontane origini catalane: figlio di Mario, deputato socialista; fratello di Enrico, con lui ha condiviso l’adesione — giovanissimi — al Partito comunista italiano. Un percorso che conosceva benissimo: «Mio nonno Enrico — ripeteva — era un esponente politico in Sardegna. Poi c’è stato mio padre. E mio fratello. E i miei cugini, Luigi e Sergio. Tutte persone impegnate in politica. Che cosa avrei dovuto fare? Stare tappato in casa? Ma ho sempre pensato di avere anche un nome e mi sono comportato tenendolo bene a mente. Ho fatto le mie scelte pur subendo molte influenze, a cominciare da quella positiva di Enrico. Ho avuto il mio percorso, ho deciso di occuparmi di quelli che nella filosofia marxista si chiamano problemi sovrastrutturali perché per Marx la struttura è tutta nell’economia. Scienza, scuola, ambiente, tecnologie sono i miei campi».
Così mentre ottiene la presidenza dell’Unione internazionale degli studenti, primo incarico politico tra il 1949 e il 1953, si laurea in Medicina e negli anni successivi si abilita all’insegnamento di Medicina sociale e igiene. È un percorso professionale che non abbandonerà mai, neanche durante le tre legislature alla Camera dei deputati, le due da senatore, l’ultima da europarlamentare. E ieri, quando molti hanno voluto rendergli omaggio hanno dovuto oscillare tra lo scienziato che nel 1959 lanciava col libro La Medicina è malata con Severino Delogu la critica al sistema sanitario italiano, e il politico che ha messo la sua esperienza per difendere la sanità pubblica, la legge 194 sull’aborto, quella sulla chiusura dei manicomi. Dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «personalità brillante e dotata di alto senso morale» e di «profonda umanità»; a Giorgio Napolitano che ha ricordato proprio «il contributo alla elaborazione della riforma sanitaria del 1978», mentre Matteo Renzi lo ha ricordato come «l’affilata coscienza critica della sinistra italiana ed europea».
Proprio questa è stata la sua ultima battaglia, quando nel 2001, a 77 anni, venne candidato alla segreteria dei Ds. Quella sinistra nella sinistra, che lui ispirò ad un rigore oggi profetico: «Nel partito — disse al congresso di Pesaro — ci sono episodi e situazioni di anomalie della dialettica congressuale che vanno corrette subito. Da qui ad avere forme di corruzione il passo è breve». Una lezione, dallo scienziato che aveva spaziato dalla bioetica al collettivismo degli insetti, che gli fruttò un insperato successo, il 34,1% dei voti, assumendo per sei anni la guida del correntone e l’impegno di evitare scissioni a sinistra. Ma anche l’uomo coerente che nel 2007, alla nascita del Pd, lo avrebbe portato all’adesione alla Sinistra democratica di Fabio Mussi.
«Intellettuale raffinato sempre pronto al dialogo», lo ha definito Piero Fassino che lo aveva sconfitto proprio in quel congresso del 2001. Commosso il ricordo di Achille Occhetto alla «serenità illuminata dell’uomo di scienze e la mitezza fondata su ostinati e saldi principi». E ancora Massimo D’Alema: «Un protagonista che seppe unire la passione politica e civile alla curiosità scientifica»; la leader della Cgil Susanna Camusso, «Un uomo giusto, un fine politico, sempre vicino al sindacato e ai lavoratori»; e il leader di Sel Nichi Vendola, «Era una persona di sinistra mite ma combattiva, curiosa del futuro, non sopportava i pregiudizi. Una bella persona».

Addio a Giovanni Berlinguer fu il leader del Correntone
Repubblica 7.4.15
ROMA Si svolgeranno domani alle 10, nell’aula magna dell’università La Sapienza, i funerali di Giovanni Berlinguer, a lungo deputato e senatore del Pci e poi dei Ds, fratello dell’ex segretario del Pci Enrico, morto a 90 anni domenica notte a Roma. Unanime il cordoglio del mondo politico, che gli rende omaggio nella sala della Protomoteca del Campidoglio dove è stata allestita la camera ardente, aperta anche nella giornata di oggi (dalle 8 alle 20). Moltissimi i messaggi di cordoglio, a partire dal presidente della Repubblica Mattarella, dell’ex presidente Napolitano, dal presidente del Senato Grasso. Ad accogliere il feretro, al suo arrivo in Comune, il sindaco Ignazio Marino. Presenti tra gli altri anche l’ex primo cittadino Walter Veltroni, Gianni Cuperlo e Luigi Manconi. A dare l’ultimo saluto a Giovanni Berlinguer tutti i suoi familiari, i figli Luisa, Mario e Lidia; i nipoti Luca e Marta, Bianca Berlinguer, direttore del Tg3. Figura di spicco del Pci, Giovanni Berlinguer era stato eletto deputato nel 1972, e quindi per altre due legislature. Poi ancora due legislature al Senato, prima di passare al Parlamento europeo. Non solo uomo politico però, ma anche medico, scienziato e docente universitario, con particolare attenzione alla medicina sociale. Nei Ds aveva militato nella corrente di sinistra, fino a contendere a Fassino nel 2001 la segreteria. Nel 2007, prima dello scioglimento dei Ds e della fondazione del Pd, lasciò il partito aderendo a “Sinistra democratica”, il movimento lanciato da Fabio Mussi. 

2 commenti:

antonio fois ha detto...

Bel comunista davvero, peccato che quando era ministro dell'istruzione, lui e d'alema abbiano varato la legge per dare i soldi alle scuole paritarie, violando la costituzione e permettere al vaticano di fare propaganda politica a spese nostre persino sui bambini delle elementari.

materialismostorico ha detto...

Giovanni Berlinguer ha avuto tanti limiti ma non quello di attentare alla scuola pubblica. Ti stai confondendo con Luigi Berlinguer.