giovedì 28 maggio 2015

L'ultimo custode del Gergo Antico: la difesa di von Herrmann è residuale e ormai surclassata dal Gergo Nuovo della Sinistra heideggeriana

Mi pare che la giornalista - come spesso accade, purtroppo - non abbia la più pallida idea, non solo a proposito di Heidegger ma anche di come si compone un articolo [SGA].



«Quaderni neri manipolati Ora fermo la pubblicazione» 

Von Herrmann, coordinatore dell’opera omnia del grande filosofo tedesco, attacca il curatore Trawny: «La sua è un’operazione di marketing falsa e diffamatoria»
28 mag 2015  Libero CLAUDIA GUALDANA 

I Quaderni neri di Martin Heidegger non sono «neri». Non è una provocazione. Ed Heidegger non era antisemita, con buona pace di una certa categoria di studiosi che sul suo presunto antisemitismo ha costruito carriere universitarie e successi editoriali.  
Ma procediamo con ordine. In alcuni Paesi europei, Italia compresa, di recente è stata pubblicata una minima parte degli appunti di Heidegger per denigrare la sua filosofia degradandola a livello ideologico e politico. Il capofila di quella che parrebbe una campagna diffamatoria contro il filosofo scomparso nel 1976 è Peter Trawny, curatore di Riflessioni, uscito in Germania nel 2014, in cui si trovano i tredici passaggi incriminati, in cui il pensatore scrive di ebraismo. «Questi passaggi, che occupano appena due pagine e mezzo in confronto alle 1.250 dei tre volumi delle Riflessioni, hanno fornito lo spunto al curatore di questi volumi per squalificare, in quanto “sistematicamente antisemita”, l'intero pensiero. Lo scandalo non sono i 13 passaggi in questione, ma il modo di rapportarsi a essi: falsificante, diffamatorio, profondamente falso». 
A mettere una pietra tombale su una querelle durata anche troppo a lungo è Friedrich- Wilhelm von Herrmann. Unico discepolo vivente di Heidegger, abituato da anni a negarsi alla stampa, fa un’eccezione per Libero. Ottantaquattrenne, assistente privato di Heidegger negli ultimi quattro anni di vita, è il coordinatore dell’edizione completa delle sue opere designato per iscritto dal grande filosofo in persona. In breve, è l’unica autorità mondiale nella tutela e nell’interpretazione del pensiero del suo maestro: le sue parole pesano davvero come pietre. Il professore di Friburgo rompe il silenzio grazie all’intercessione di Francesco Alfieri, docente all’Università Lateranense di Roma, che di comune accordo con von Herrmann ci affida la pubblicazione di alcune sue riflessioni inedite. Von Herrmann inoltre ha inviato a chi scrive una lettera privata chiarificatrice, da cui emerge finalmente la verità: la faccenda dei Quaderni neri è una montatura. 
Per l’esattezza, spiega, sono detti «quaderni rilegati con tela cerata nera», ma Heidegger li chiamava semplicemente «libri degli appunti». Teneva carta e penna sul comodino, per annotare di getto i pensieri che gli balenavano in mente nelle notti insonni. La mattina dopo trascriveva tutto nel libro degli appunti. Essi, scrive von Herrmann nella lettera, nell’impianto concettuale di Heidegger hanno una funzione di completamento di quanto delineato nei grandi trattati, a partire da Essere e tempo. Il filosofo nel suo testamento aveva previsto che uscissero dopo le opere fondamentali perché senza averle lette sarebbero risultati incomprensibili. «I Quaderni vanno intesi come il luogo che accoglie i frammenti e le unità di pensiero che di tanto in tanto gli si presentavano alla mente. In essi Heidegger ha però anche annotato molti pensieri, opinioni e giudizi privati e personali su eventi e persone contemporanee. Anche se sono redatti nel linguaggio del pensiero storico dell’Essere, non appartengono al pensiero puro, sistematicamente ordinato di Heidegger». 
Insomma, una parte infinitesimale dell’opera heideggeriana è stata manipolata per inficiare il suo sistema di pensiero. Von Herrmann smaschera un’operazione di marketing editoriale forse lucrosa, ma intellettualmente disonesta. Rammenta che chi conosce davvero l’opera di Heidegger sa che le sue riflessioni sull’ebraismo «mondiale» o «internazionale» fanno parte di una critica al presente, che è poi lo spirito moderno, e in esse non c’è nulla di razzista.  
Ribadiamo di nuovo il punto fondamentale: i concetti storico-ontologici non sono antisemiti in quanto tali. Ma c’è di più: Trawny non era stato incaricato da von Herrmann di «curare» le opere inedite di Heidegger, ma solo di seguirne la pubblicazione. Quindi ha commesso un illecito contro la sua opera, proprio come ha fatto chi ne ha imitato l’esempio in altri Paesi. A queste spericolate operazioni editoriali ne seguiranno altre, stavolta serie. In una lettera del 22 maggio a Francesco Alfieri, von Herrmann fissa le tappe della pubblicazione dei Quaderni neri: «I primi quattro volumi dei nove previsti sono stati editati nel 2014, ne mancano altri cinque. Saranno pubblicati dopo l’uscita di tutti gli altri volumi dell’edizione completa su Heidegger. Così si intende rispettare, almeno per quel che è ancora possibile, la volontà dello stesso Martin Heidegger». Definendo con simpatia il nostro quotidiano «naturalmente libero», von Herrmann ci concede così un’anticipazione internazionale. I manipolatori in cerca di gloria saranno spazzati via. Giova rimarcare la scarsa considerazione in cui il mondo accademico più serio tiene libri buoni solo per fare clamore mediatico. Riflessioni di Trawny «non offre alcuna interpretazione veridica e autentica. La sua non è una visione ermeneutica seriamente discutibile, ma una semplice affermazione non supportata da prove». Più chiaro di così non potrebbe essere: von Herrmann chiude una polemica ridicola, che dice soprattutto quanto male stia facendo alla verità la proficua consuetudine di mettere tutto, persino il genio, sul piano ideologico. Strappa il pensiero alle strumentalizzazioni politiche per restituirlo alla dimensione teoretica.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Le offese gratuite sono l'arma di chi non ha argomenti.

materialismostorico ha detto...

Penso anch'io. Comunque firmarsi non sarebbe male.

Giulio Stefanelli ha detto...

E' vero, l'articolo lascia molto a desiderare (scritto male, sconnnesso, del tutto ignaro della delicatezza del tema affrontato), e certamentemnte von Herrmann avrebbe potuto affidarsi a un "canale" migliore per diffondere la propria critica (o il proprio sdegno). Se però si entra nel merito (come del resto è impossibile non fare), è difficile non dare ragione, su questo specifico problema, al "custode del Gergo Antico". Qui infatti non si tratta di difendere un "gergo" heideggeriano (che peraltro non esiste, così come non esiste e non è mai esistito, se non per gli ingenui, un "gergo" hegeliano), non c'entra dunque il "gergo", ma la serietà del metodo filologico e dell'interpretazione filosofica dei testi. Ora, estrapolare da un "materiale" rapsodico (e, quanto alla forma, alquanto "incerto") come gli Schwarze Hefte, dieci-quindi proposizioni in cui compaiono le parole "Juden" e "Weltjudentum", per intesservi un'interpretazione totalizzante del pensiero heideggeriano in direzione di un antisemitismo metafisico o "ontologico",- questa operazione "estrattiva" poggia su assai labili fondamenta. Lasciamo anche da parte il "tono" che ha pervaso e continua a pervadere l'intero dibattito, e che, presso i peggiori (tra i quali non includo - voglio precisarlo - né Donatella Di Cesare, che ha scritto un libro discutibile ma interessante, né lo stesso P. Trawny), - tono che ha raggiunto picchi di squallore e di bassezza (oltreché di intrinseca ignoranza di che cosa significa discutere una filosofia complicata come quella di Heidegger) che, ahimè, fin qui (non sono vecchio, ma neanche nato ieri) non mi era mai capitato di udire. Ma ai toni, per quanto striduli, ci si abitua. Lasciamoli dunque da parte, e proviamo a concentrarci su una semplice riflessione: Se quindi è vero (come, dopo l'uscita di questi quaderni neri, alcuni sembrano sostenere) che d'ora in poi il centro del pensiero di Martin Heidegger, il suo fondamento più intimo, andrà ravvisato nella questione ebraica, e che la figura essenziale che dovrà essere indagata è quella dell'Ebreo, dove andremo a cercarla questa "chiave" risolutiva ? Forse ritornando eternamente sulle dieci-quindici proposizioni di cui sopra? Perché, - è evidente - nessuno degli oltre 100 volumi dell'opera heideggeriana è dedicato all'approfondimento analitico dell'ebraismo, o di una delle sue figure storiche o metafisiche (che pure dovrebbero diventare il perno di ogni futura interpretazione). A quali miracolose sorgenti porterà dunque questo filone esegetico ? Secondo me, non si vuole prendere atto che il tema dell'ebraismo, della sua filosofia e della sua cultura, non è mai stato un tema di approfondimento per Martin Heidegger. Questo può piacere o dispiacere, ma è un fatto. L'"Ebreo" non è stato mai al centro della sua attenzione filosofica. E ciò che a riguardo ha saputo produrre (quelle famose dieci-quindici proposizioni) sono soltanto pregiudizi (che poi noi "democratici" di oggi, appunto col senno di poi, giudichiamo "moralmente" inaccetabili), i quali, tutt'al più, acquistano un senso filosofico (come giustamente dice von Herrmann) solo se letti tenendo presente il più ampio contesto della critica heideggeriana alla modernità. Per Heidegger il problema era l'essere: il "rapporto" tra essere e nulla, essere e apparire, essere e divenire, essere e pensiero, essere e tempo. Noi lo abbiamo forse risolto? E se no, vogliamo cortesemente tornare a parlarne?

Giulio Stefanelli