mercoledì 27 maggio 2015
Todo cambia e molte speranze occidentali
Reportage. Le riforme di Raul Castro alimentano nuove speranze
di Roberto Da Rin Il Sole 27.5.15
L’Avana Il puerco che cucina doña Carmen, nel suo paladar del quartiere
Vedado, è più che dignitoso. I ristorantini familiari, ricavati nel
patio di casa, sono le zattere dei cubani rimasti a terra; di quelli che
non sono andati a Miami e di quelli che non lavorano nel turismo.
Le vestigia del Socialismo o muerte restano. Sdrucite però. I bambini in
divisa scolare, i presìdi sanitari diffusi, le sgangherate Chevrolet
degli anni Cinquanta e la libreta (la tessera annonaria di distribuzione
alimentare).
La transizione di Cuba è inarrestabile. Della trinità barbuta che ha
regnato nell’isola, Fidel Castro e i due Ernesti, lo yankee Hemingway e
l’argentino Che Guevara, esploratore di rivoluzioni, rimane poco. Fidel,
il vecchio Lider maximo, distilla qualche riflessione sul quotidiano
Granma e incontra i Capi di Stato, l’ultimo è stato François Hollande.
Questa è l’ora di Raul-il riformista, impegnato in quella «actualización del modelo económico» elaborata nel 2010.
Qualche anno fa pareva che l’ispirazione arrivasse dalla Cina, poi dal
Vietnam, ora si cerca una terza via, un socialismo tropicale in quel
«primer territorio libre de America», disse Fidel, oggi impantanato in
una recessione aggravata da quella venezuelana. Di quei 200mila barili
di petrolio ricevuti ogni giorno da Caracas, inviati prima da Hugo
Chavez o poi da Nicolas Maduro, ne arrivano sempre meno. Per Cuba la
crisi energetica è uno dei primi problemi in agenda.
Mentre i fari di una vecchia Dodge azzurra bucano la notte de L’Avana, a
pochi passi dal Malecon, il lungomare de L’Avana, un economista - che
chiede di non essere citato - profila un aggravamento della crisi cubana
come inevitabile conseguenza della recessione che attanaglia il
Venezuela.
«Imposible escapar. Non possiamo dimenticare che la prima grave crisi
dell’economia cubana, all’indomani della fine degli aiuti sovietici nei
primi anni Novanta, è stata soprattutto una crisi energetica».
Di tanto in tanto viene rilanciata la possibilità di estrazione
petrolifera dal Golfo del Messico che garantirebbe a Cuba una seconda
vita al socialismo tropicale; i vecchi comunisti sperano ancora in
quella rivoluzione intesa come... una trivellazione generale, da cui far
riaffiorare e rinverdire idee sepolte.
Lo zio Sam
Todo cambia. Da “Yankee go home” a “Welcome yankee”. La sintesi perfetta
in uno slogan. Una trasposizione inimmaginabile. I negoziati tra Usa e
Cuba avanzano e la partita, almeno finora, pare giocata con molti
tatticismi e senza prevaricazioni. La tv cubana, nei dibattiti e nei tg,
ribadisce di non cedere pezzi di sovranità. Apertura delle ambasciate,
riforma migratoria, collegamenti aerei e marittimi, investimenti
americani a Cuba, libero accesso dei turisti americani a Cuba, sono le
tessere di una partita più ampia, la più grande, la fine del famigerato
bloqueo, l’embargo. È sempre lì lo snodo della politica estera ma
soprattutto interna di Cuba: i rapporti con gli Stati Uniti.
Lontano dalla politica e dal politburo de L’Avana, i cubani sperano in
un gigantesco flusso turistico, di centinaia di migliaia di piccoli zii
Sam sbarcati a L’Avana con Ray Ban, bermuda, macchine fotografiche e
soprattutto biglietti verdi da spendere nell’isola. Così da rimpolpare
la libreta, il pranzo di Stato, ormai impoverito anche nelle pietanze di
prima necessità. I cubani, ironia della vita, si vedono costretti a
sperare in un cambio provocato da qualcun altro. Proprio qui, in
“quell’altrove politico” rispetto al resto del mondo, dove per decenni
la sovranità nazionale è stato proclamato “valore irrinunciabile”.
«Il comunismo non funziona neppure a Cuba», ha dichiarato Fidel Castro
qualche anno fa a un giornalista americano di The Atlantic. Il
riformismo del fratello Raul mira proprio ad allentare il controllo
dello Stato sull’economia, almeno nei settori meno strategici. Los
agropecuarios svincolati dal controllo dello Stato sono mercati di
frutta e verdura nelle strade della città; altre attività sono state
liberalizzate. Chi le gestisce si chiama cuentapropista, lavoratore
autonomo: facile aprire un negozio di parrucchiere, impossibile una casa
editrice. Una contraddizione, qui nella culla del pensiero critico.
Marlene, con il suo viso composito, occhi cinesi, labbra africane e
colorito mediterraneo, ci ha provato: la prima barriera, neanche a
dirlo, è stato l’accesso a Internet. Sei dollari all’ora per navigazione
su web sono un terzo del suo stipendio mensile. E senza Internet, «nada
es posible».
Le due monete
Non c’è confronto «tra l’istruzione e la sanità di Cuba e quella della
maggior parte dei Paesi centroamericani e caraibici. Meglio Cuba,
eccome» - dice Alex Fleites – scrittore, tradotto anche in Spagna e in
Italia. Ma è in strada che si coglie la più inaccettabile delle
contraddizioni, il doppio regime cambiario; a Cuba si guadagna in pesos
cubani e si compra in pesos convertibili. I primi hanno un bassissimo
potere d’acquisto (25 pesos cubani per un euro), i secondi sono
parificati all’euro (1 peso convertibile è uguale a un euro). Economisti
e governo lavorano sodo per colmare l’abisso economico tra chi riesce a
lambire il mondo dorato dei turisti e quello, di sussistenza, vissuto
da tutti gli altri.
Ai sociologi cubani non sfugge la nascita di nuove classi sociali: tra
queste l’aristocrazia proletaria dei lavoratori che operano nei
supermercati in euro, che accedono a beni e servizi inaccessibili a un
architetto o a un ingegnere.
I media cubani non nascondono il problema. Sulle note languide di
quattro musicisti, Ramon, 72 anni, una pensione equivalente a pochi euro
al mese e una fierezza lacerata solo negli abiti, legge l’apertura di
Granma: « Sin agricoltura la economia no crece», senza agricoltura
l’economia non cresce. Per ora gran parte dei prodotti viene importata.
«Troveremo una soluzione», dice Ramon. Tra molti critici non sono pochi
coloro che, pur tra indifferibili riforme, restano fedeli alla
Revolución cubana. L’orgoglio dei passeggeri sulla grande nave immobile.
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