sabato 20 giugno 2015
Ancora Gramsci in Brasile
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Il cuore pulsante degli studi gramsciani in Brasile.
Gianni Fresu «L’Unione Sarda», 19/10/2015
La biografia di Antonio Gramsci è segnata dal dramma della dittatura,
non solo per la carcerazione che lo portò alla morte, ma perché il
crollo delle istituzioni liberali e del movimento operaio lo spinsero a
indagare le ragioni più profonde di quella sconfitta e le origini
storiche del fascismo. Da questo travaglio nasce un’opera intimamente
problematica e complessa come i Quaderni del carcere. Anche in
questa premessa stanno probabilmente le ragioni del successo di Gramsci
in Brasile, perché la diffusione crescente della sua opera si lega
strettamente anche al dramma del colpo di Stato militare del 1964,
destinato a durare come in Italia venti lunghi anni. Poco dopo il Golpe
tre giovani intellettuali destinati a un ruolo importante, Carlos Nelson
Coutinho, Luiz Mario Gazzaneo e Leandro Konder, dibatterono a Rio sulla
necessità di tradurre e pubblicare Gramsci, nella stessa direzione si
muoveva l’editore della rivista «Civilização Brasileira», già
intenzionato a intraprendere la non facile avventura. Così, nel 1966,
iniziò la traduzione e pubblicazione della sua opera, bruscamente
bloccata nel 1968 dal decreto liberticida AI5, responsabile del terrore
repressivo che eliminò ogni dissenso e travolse più di una generazione
nel vortice di sparizioni, omicidi, torture o, nella migliore delle
ipotesi, l’esilio. Ma come il Tribunale speciale fascista non riuscì a
“impedire al cervello di Gramsci di lavorare per venti anni”, così la
dittatura brasiliana non poté sradicare l’interesse crescente nei suoi
confronti. Al contrario, divenne per diverse generazioni uno stimolo di
resistenza intellettuale alla brutalità del regime e, insieme, una
chiave di lettura per decifrare i processi di modernizzazione nazionali e
comprenderne razionalmente la storia politica, economica e culturale.
Così negli anni Settanta, alle prime avvisaglie di crisi della
dittatura, Gramsci tornò prepotentemente nel dibattito politico come
punto di riferimento per le lotte contro il regime e, attorno al suo
pensiero, si sviluppò un’intensa attività scientifica e didattica nelle
diverse università brasiliane, da allora mai interrottasi. La diffusione
internazionale delle categorie gramsciane scaturisce da esigenze di
comprensione della realtà concrete. Non si tratta dunque di uno studio
per puro erudimento, bensì di un utilizzo consapevole, finalizzato a
comprendere e dare risposte ad alcune contraddizioni storiche
fondamentali nella vita culturale, sociale e politica di diversi Paesi.
Ciò vale particolarmente per il Brasile, dove l’opera di Gramsci è
studiata sistematicamente da oramai cinque decenni nelle più diverse
discipline scientifiche: storia, filosofia politica, antropologia,
critica letteraria, pedagogia, teologia, scienze sociali. L’esigenza di
dare carne e ossa alle categorie concettuali, ossia tradurle
nazionalmente, è del tutto coerente con lo spirito dell’opera di Gramsci
e con la sua aspirazione a evitare l’astrattezza e la genericità delle
affermazioni ideologiche. Il Brasile di oggi costituisce uno dei
laboratori più attivi e stimolanti nel panorama internazionale degli
studi gramsciani, le sue categorie, entrate anche nel lessico politico,
sono oggetto di indagine scientifica in misura forse maggiore, è triste
sottolinearlo, del suo stesso Paese di origine. Così, a cinquantuno anni
dall’incontro tra quei tre giovani, proprio a Rio de Janeiro, si sono
dati appuntamento i gramsciani di tutto il Brasile. Dal 27 al 29 maggio,
vecchie e nuove generazioni di studiosi si sono confrontate sui
risultati delle ricerche nelle principali università nazionali,
decidendo infine di costituire l’International Gramsci Society Brasil.
L’obiettivo è dare ancora più organicità e proiezione internazionale al
lavoro scientifico qui sviluppato e trasformare il 2017, ottantesimo
anniversario della morte di Gramsci, in un appuntamento storico per gli
studi gramsciani, con l’ambizione di fare del Paese sudamericano uno dei
centri nevralgici delle iniziative dedicate all’intellettuale sardo.
L’avventura dell’Opera di Gramsci in Brasile
Troviamo i primi riferimenti a Gramsci in Brasile già alla fine degli
anni Venti, ma si tratta di informazioni molto episodiche legate alla
presenza degli esuli antifascisti e alle campagne internazionali di
solidarietà contro la repressione del regime di Mussolini. La diffusione
del suo pensiero diventa un fenomeno culturale importante nel corso
degli anni Sessanta, quando l’interesse per l’opera dell’intellettuale
sardo dai partiti della sinistra inizia a spostarsi al mondo accademico,
anche in ambiti disciplinari come la teologia e tra intellettuali di
orientamento conservatore. Con il tragico fallimento della stagione dei
fuochi guerriglieri, e il ridestarsi delle lotte sociali, Gramsci fu
adottato come intellettuale di riferimento nella battaglia per la
democratizzazione del Paese. Dunque, solo negli anni Settanta, con la
crisi della dittatura, egli inizia a essere utilizzato in modo
sistematico, soprattutto nel mondo accademico, mentre il suo pieno
reinserimento nel dibattito politico si ebbe con la revoca del
provvedimento AI-5, nel 1979, che aprì nuove possibilità di
partecipazione e la rinascita dei movimenti sociali, in questo scenario
il pensiero gramsciano conquistò peso venendo interpretato in termini
sempre più unitari e organici, specie nelle università nazionali. A
partire dal 1999 tre grandi intellettuali di fama, Carlos Nelson
Coutinho, Marco Aurélio Nogueira e Luiz Sergio Henriques, curarono la
nuova edizione dell’opera gramsciana in 10 volumi completata nel 2006,
strumento fondamentale per lo studio dell’intellettuale sardo in
Brasile.
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