"Ecco come ho trovato il Diario inedito del Duce"
Il direttore di Storia In Rete spiega in che modo è venuto in possesso di un'agenda del 1942. E perché è plausibile considerarla copia fedele di un originale
Luca Gallesi
- il Giornale Sab, 27/06/2015
Dalla Svizzera spunta il «vero» diario del Duce
La rivista «Storia in rete» rintraccia un’agenda di Mussolini risalente al 1942. Questa volta, potrebbe essere l’originale
26 giu 2015 Libero SIMONE PALIAGA
«L’immaginario collettivo si è talmente assuefatto all’idea che i diari di Mussolini possano essere solo falsi che, se verranno fuori quelli veri, bisognerà fare una gran faticaccia per dimostrarne l’autenticità», dichiarava anni fa Renzo De Felice. E ora che sembra spuntare l’agenda del Duce risalente al 1942 la polemica tornerà a divampare. Della scoperta dà l’annuncio il mensile Storia in rete di giugno in uscita nelle edicole da domani (a 6 euro) mentre sul sito www.storiainrete.com la versione digitale è scaricabile già da oggi a 3,49 euro. Sarà, questo diario, quello vero oppure un ulteriore falso? Secondo il direttore di Storia in rete Fabio Andriola, che dopo aver ricostruito la vicenda dei diari da Zerbino a casa Panvini fino a Marcello Dell’Utri annuncia la pubblicazione di alcuni estratti nel numero di luglio, le pagine appena portate in superficie potrebbero essere originali.
Prima di lui di cantonate, su queste agende, ne sono state prese parecchie, a cominciare da quella di Denis Mack Smith. Epperò ci sarebbero delle evidenze che potrebbero far propendere a favore dell’autenticità. Andriola stesso ha visionato il diario finora inedito in Svizzera. A rendere plausibile la genuinità di queste pagine del 1942 ci sarebbero diversi fattori. Che il collezionista elvetico, una volta contattato il mensile di divulgazione storica italiano, non abbia chiesto né cercato compensi deporrebbe per Andriola a favore della fonte. Ma soprattutto, secondo il direttore, ci sarebbero ulteriori elementi che potrebbero rendere verosimile che quello consultato sia un diario uscito direttamente dalla penna di Mussolini. Andriola infatti ha confrontato alcune pagine del presunto diario del 1942 del collezionista svizzero con alcune fotocopie di un altro diario dello stesso anno offerte in vendita, nel ormai lontano 1967, al Sunday Times da un italiano di nome Ettore Fumagalli. Alla fine, allora, l’affare era saltato. Ma di quelle carte, per quanto poi risultate false, la testata inglese ha conservato in archivio delle fotocopie. Dal raffronto tra le due versioni, quella integrale appena trovata in Svizzera e l’altra, è emersa però una scoperta bizzarra. Il contenuto sarebbe pressoché uguale. Ma ci sono alcune differenze. Nella gran parte dei casi presi in esame le pagine del Diario inedito risultano più fitte, coperte da una grafia più minuta e per questo contengono più parole. Invece la copia, pur riproducendo il testo di ogni pagina, taglia sempre qualche riga conclusiva.
Evidentemente il falsario non sarebbe riuscito a gestire nel migliore dei modi la propria grafia e spesso si interrompe qualche riga prima della fine perché lo spazio non è stato ben gestito e quindi il testo ha occupato più spazio del dovuto. Unica eccezione la si riscontra leggendo quanto scritto in data 29 giugno (anche se la notazione inizia sulla pagina del 17 luglio). Qui accade esattamente il contrario: il presunto falsario avrebbe usato uno stile di scrittura più piccolo dell’originale e quindi finisce di copiare il testo prima di arrivare alla fine della pagina. Così decide di colmare la parte rimasta bianca con quanto, nell’originale, si trova nel foglio seguente. A questo punto la schiera degli scettici potrebbe gonfiarsi. Ma, a opinione di Andriola, in maniera inopportuna perché sarebbe improbabile che esistano due falsi di una stessa agenda. Sarebbero stati inutili. Come è possibile vendere in contemporanea due copie di un documento che difficilmente l’eventuale acquirente avrebbe tenuto per sé? L’ipotesi avanzata da Andriola è che a casa Panvini si «falsificò», sì, ma copiando da un originale piuttosto che inventando di sana pianta.
Il sacro lenzuolo è autentico Summit segreto per la verità
L’archeologa Siliato rivela: l’esame del 1998 non era del tessuto Un think tank lavora sul tema. E spunta la copia di Arquata
Finita l’ostensione alla quale ha partecipato anche Papa Francesco si riapre ilmistero della Sacra Sindone
25 giu 2015 Libero CARLOCAMBI
E ci sarebbe la prova decisiva della sua autenticità. La sola
reliquia che conta per la cristianità: la croce fu testimone della
morte, un accidente umano, mentre quel lino è l’unica prova di un
eventosoprannaturale: la resurrezione delNazareno. Capita che al Tiglio
un ristorante di Isola San Biagio, sotto la grotta della Sibilla, si
replichi il Pranzo di Babette. Tra i commensali spunta Maria Grazia
Siliato, 92primavere, «Ormaiallamia etàposso soloaspirare alla verità». E
sulla Sindone s’annuncia una tempesta. Maria Grazia Siliato - che è ora
in libreria con Il Sangue di Lepanto ( Rizzoli) diventato nel volgere
di un paio di settimane un best seller - alle burrasche è abituata: a
sette anni fece un viaggio fino a Lepanto con la nave cotoniera del
nonno, a 13 ha pubblicato il suo primo libro. Per i successivi 80 anni,
da archeologa, ha studiato tutto ciò che riguarda i rapporti Occidente
Oriente partendo da Lepanto e dalla Sindone. «Ho un' ambizione» sussurra
«costruire uncentro studi sulle religionimediterranee, è tempo di farlo
perché ciò che sta avvenendo - l’Isis, i migranti - non c’entra nulla
con la religione: sono ragioni economiche che ripropongono oggi quanto
avvenne ai tempi delle Crociate». MaMariaGraziahaun' altra verità
nascosta che custodisce nel suo castello di Lanuvio - unmuseo di enorme
importanza - dove vive insolitudine. Tutta colpa di quel suo libro che è
un long seller: Sindone. Lì c’è già scritta la verità sulla Sindone. E
cioè che quel lenzuolo è davvero il sudario di un uomo vissuto in
Palestina oltre duemila anni fa, orrendamente crocifisso. È Gesù? Maria
Grazia nonlo dice: lo sente, certamente lo pensa. Per questo ha già
preso contatto con i quattro studiosi superstiti traquelli che
sottoposero nel 1998, tra l’aprile e il 13 ottobre, la Sindone all’esame
del carbonio 14 che stabilì una datazione tra il 1260 e il 1390 con un
approssimazione in più o inmeno di dieci anni. L'archeologa che conosce
la Sindone come nessun altro ora vuole riunire quegli studiosi perché
ammettanociò che leigià sa: l’esame è stato falsato. Volutamente? Questo
è un giallo nel giallo, ma un indizio ci sarebbe. Vediamo prima le
treprove: unaltroesame con il carbonio 14 di cuimai sono stati rivelati i
risultati dice che quel lino è egizio, è stato tessuto in un arco di
tempo di cento anni a cavallo dellapresenza delNazarenoinPalestina.
Lasecondaprova è che sulla Sindone c'è sangue umano: coagulato sulle
mani e sulla fronte, noncoagulatonelcostato segno che l’uomo crocifisso
fu colpito già cadavere. La terza è la presenza del polline
dellaGundelia Turneforti, una pianta che cresce solo vicino alMarMorto. E
allora a che serve convocare gli studiosi? A svelare ciò che c'è già
scritto nei verbali della prova del 1988, ma che fu taciuto. Cioè che il
tessuto esaminato non è quello dellaSindonebensì diunaporzionemarginale
del lenzuolo perché i fili di lino dell'immagine delNazareno pesano 25
milligrammi per centimetro quadrato mentre quelli esaminati nei tre
laboratori di Tucson, Zurigo e Oxford pesano 47 milligrammi. Ed è ecco i
due indizi. Il primo sono i filmati (alterati?) del prelievo di tessuto
della Sindone, il secondo è una confessione. Un prelatomolto vicino
alla curia di Torino dopo il test del 1988 tiròun sospiro di sollievo
perché «è di gran lunga più facile custodire un falso che non un
originale». Secondo la studiosa il lenzuolo sta andando incontro ad un
rapidissimo deterioramento, è ingravepericolo e laSindone - che è
proprietà del Papa - dovrebbe essere trasferita a Roma. E poi c'è
l'ultimacarta da giocare: il mistero di Arquata del Tronto. Nel piccolo
paese del Piceno è conservata una copia del sudario di Cristo. Si sa che
fu realizzata - ne danno testimonianza
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