venerdì 26 giugno 2015
Esce l'autobiografia di Donna Marella Agnelli: Adelphi si conferma regina del Midcult e dell'arredamento d'interni
Risvolto
Erano gli anni Ottanta – e le chiedevo se aveva messo pen on paper,
come amava dire Marella. A volte sì, più spesso no, rispondeva. C'erano
sempre troppe cose che succedevano e si succedevano. Eppure le pagine
lentamente si depositavano. Ma non sarebbero mai state rievocazioni
arrotondate, piallate, aggiustate da quella somma falsaria che è la
memoria. Erano schegge di infanzia e adolescenza, giustapposte,
imperiose. Fra vaste lacune, si disponevano in una sequenza di tracce
vivide: impressioni, espressioni, vestiti, colori, frasi, materie,
piante, odori, accenni di sentimenti, che si profilavano e si
nascondevano. Nomi di luoghi che schiudevano immagini accessibili
soltanto a chi ne stava scrivendo. Innanzitutto una villa, I Cancelli,
sulle colline di Firenze, dove era apparsa «la Signora Gocà», in un
gioco di bambini. E poi Ratzötz, Balta-Liman, il Roncaccio. Alla fine,
Roma. La psicologia: sempre implicita, mai dichiarata, come se stesse a
poco a poco uscendo dal bozzolo dell'«opaca adolescenza». E, più ancora
della narratrice, illuminava di sguincio la madre Margaret, i fratelli
Carlo e Nicola, il padre Filippo, la nonna Meralda, le prime amiche, che
avevano lasciato un segno indelebile. E un mondo intero, fascinoso e
angoscioso, che si sarebbe dissolto per sempre con la fine della guerra e
il boogie-woogie.
In "La signora Gocà" rivive il mondo indolente dei principi romani e dell'alta borghesia tra le due guerre. Ma la storia non è un pranzo di gala
Stenio Solinas - il Giornale Ven, 26/06/2015
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