giovedì 4 giugno 2015

La perla del Reich: i piani architettonici per la Vienna nazista




»Wien. Die Perle des Reiches« Planen für Hitler
Architekturzentrum Wien - Alte Halle 19. März 2015 - 17. August 2015
Megalomania nazista alla viennese 

Architettura. Una mostra all'Architekturzentrum della capitale austriaca racconta i progetti urbani di Hitler, volti a trasformare la città in luogo di rappresentanza del regime. Divenuta teatro di guerra, non se ne fece più nulla 


Matteo Trentini VIENNA 4.6.2015

Avrebbe rischiato di affac­ciarsi su una Hel­den­platz del tutto dif­fe­rente il pro­fes­sor Robert, pro­ta­go­ni­sta dello scan­dalo tea­trale di Tho­mas Ber­n­hard del ’88 che porta il nome della piazza cuore della Vienna impe­riale, se solo non fosse inter­ve­nuta la guerra a bloc­care quel pro­getto che Hans Dust­mann pro­pose a Hitler nel 1942.
A que­sta e ad altre visioni urba­ni­sti­che per la Vienna nazi­sta è dedi­cata una mostra che rimarrà aperta fino al 17 ago­sto nei locali dell’Architekturzentrum della capi­tale austriaca e che sfata com­ple­ta­mente il mito di Vienna quale città secon­da­ria per la poli­tica ter­ri­to­riale ed edi­li­zia del Reich. L’eterogeneo mate­riale espo­sto, quasi inte­ra­mente pro­ve­niente dall’archivio pri­vato di Klaus Stei­ner e ora di pro­prietà del cen­tro stesso, dimo­stra infatti come quella che Hitler definì nel ’38 la «perla del Reich» avrebbe dovuto non solo diven­tare l’Amburgo dell’Est, per la sua posi­zione stra­te­gica di porta verso oriente, ma anche tra­sfor­marsi nella capi­tale cul­tu­rale e arti­stica dello stato nazi­sta, a com­pen­sare così la per­dita di cen­tra­lità poli­tica in seguito all’annessione. 
E pro­prio a par­tire da que­ste con­si­de­ra­zioni di carat­tere stra­te­gico e ter­ri­to­riale si apre la mostra curata da Ingrid Holz­schuh e Monika Pla­tzer nei locali che, già nel ’41, ave­vano ospi­tato la pro­pa­ganda sulla pre­senza nazi­sta a Vienna. L’allestimento si snoda linear­mente lungo una serie di sezioni tema­ti­che che, sullo sfondo di un muro dal color rosa a richia­mare la prima mostra espres­sa­mente anti­fa­sci­sta del ’46 alla Kün­stle­rhaus, seguono un per­corso che, nelle parole della cura­trice, l’architetta vien­nese Gabu Heindl va inteso come volu­ta­mente aperto e neces­sa­ria­mente non finito, a sot­to­li­neare la neces­sità di con­ti­nuare un discorso di rico­stru­zione sto­rica che, tal­volta, appare in Austria par­ti­co­lar­mente acci­den­tato.
La prima parte della mostra rico­strui­sce il ruolo e la cen­tra­lità di Vienna, allora seconda città del Reich per numero di abi­tanti e prima per espan­sione ter­ri­to­riale, nella più ampia stra­te­gia di con­qui­sta verso Est dello spa­zio vitale per il popolo tede­sco. La Groß Wien avrebbe dovuto essere il cen­tro di un immenso piano infra­strut­tu­rale che ne avrebbe fatto non solo il porto prin­ci­pale del Danu­bio e ter­mi­nale delle comu­ni­ca­zioni vero l’est euro­peo ma anche capi­tale del com­mer­cio, dell’artigianato, della cul­tura e della moda. 
La Perla del Reich diventa così dal marzo del ’38 tea­tro di una sfre­nata eufo­ria urba­ni­stica e archi­tet­to­nica che ne avrebbe dovuto modi­fi­care radi­cal­mente l’aspetto urba­ni­stico e demo­gra­fico, a par­tire dal piano di Franz Pöcher, allora impie­gato nello stu­dio di Albert Speer, che pre­ve­deva la costru­zione di un immenso Ring a rin­chiu­dere i due assi monu­men­tali, costruiti sullo sven­tra­mento del secondo e del ven­te­simo distretto, abi­tati in mag­gio­ranza da cit­ta­dini ebrei, oltre alla costru­zione di un vero quar­tiere di rap­pre­sen­tanza poli­tica ad est del Danubio. 
La disci­plina della pia­ni­fi­ca­zione segue infatti anche per Vienna le linee guida, già espresse negli inter­venti per altre Füh­rer­städte, le città del Füh­rer che erano il ful­cro della pro­gram­ma­zione ter­ri­to­riale nazi­sta, di com­bi­nare mega­lo­mani inter­venti alla scala urbana con inter­venti più minuti, in una sorta di mar­ke­ting urbano a più livelli. La città avrebbe infatti dovuto garan­tirsi tanto un esatto stu­dio e con­trollo dell’andamento demo­gra­fico della pro­pria popo­la­zione quanto anche dotarsi di una serie di edi­fici di rap­pre­sen­tanza poli­tica, cul­tu­rale e commerciale. 
Rien­trano in quest’ottica, gli immensi pro­getti resi­den­ziali per 140.000 abi­tanti che Dunst­mann pro­porrà par­tire dal 1940 per le estre­mità nord e sud della città. Rispo­sta diretta e anti­te­tica alla urba­nità e al col­let­ti­vi­smo tipici dei bloc­chi della Vienna Rossa, i pro­getti erano esem­pio di una pia­ni­fi­cata stra­te­gia di dira­da­mento urba­ni­stico che avrebbe garan­tito la sor­ve­glianza della popo­la­zione tipo desti­nata agli inse­dia­menti, ossia un nucleo fami­gliare di due geni­tori e quat­tro bam­bini.
Rispon­dono invece a una espli­cita richie­sta di monu­men­ta­lità i pro­getti di rap­pre­sen­tanza alla scala urbana o archi­tet­to­nica pre­sen­tati nelle sezioni suc­ces­sive. Non solo ven­gono pre­sen­tati inter­venti di impatto urbano, come quello del ’42 di Dust­mann per le zone del Ring tra la Hel­den­platz e il Burg­thea­ther o quello di Nadel per il secondo distretto, ma ven­gono rea­liz­zati o ipo­tiz­zati nume­rosi pro­getti di sce­no­gra­fia urbana allo scopo di impos­ses­sarsi dei luo­ghi più sim­bo­lici della città, quali l’Opera, il Ring, o il Bel­ve­dere, come nella pro­po­sta rima­sta sulla carta, di tra­sfor­mare la ex resi­denza impe­riale in un museo del fol­clore, fir­mata da Haerdtl, archi­tetto che tra il 1949 e il ’54 costruirà anche il museo della Città di Vienna accanto alla chiesa di San Carlo. 
L’eufo­ria e la mega­lo­ma­nia di que­ste e altre idee ebbe però vita breve: già a par­tire dal set­tem­bre del ’39 l’attività edi­li­zia nel Terzo Reich viene dra­sti­ca­mente ridotta e l’investimento nelle ope­ra­zioni mili­tari e nelle infra­strut­ture a pro­te­zione della città acqui­sta prio­rità asso­luta.
Vienna diventa zona di guerra, in città ven­gono com­ple­tati i soli pro­getti stret­ta­mente neces­sari alle ope­ra­zioni bel­li­che, ver­ranno costruiti bun­ker, rifugi per la popo­la­zione oltre alle sei immense torri di vedetta anti­ae­rea che tut­tora pun­teg­giano il pro­filo della città. Vienna subirà 52 bom­bar­da­menti che cau­se­ranno più di 8000 vit­time, oltre al dan­neg­gia­mento di oltre il 20% del pro­prio patri­mo­nio edi­li­zio. Molte delle visioni per la «perla del Reich» non vedranno mai la luce, ver­ranno costruiti solo edi­fici fun­zio­nali, quali i magaz­zini por­tuali lungo il Danu­bio o fram­menti minimi dei piani gene­rali per i tra­sporti, oltre ad inter­venti minori. Nulla verrà rea­liz­zato nem­meno di quella uto­pica visione per Vienna nell’anno 3000 che il prof. Theiss com­pilò assieme ai suoi stu­denti del Poli­tec­nico di Vienna e suc­ces­si­va­mente espo­sta alla Künstlerhaus. 
Anche se rima­ste solo su carta que­ste visioni non per­dono nulla del pro­prio valore sim­bo­lico. Scri­verà infatti Carl Sch­mitt che non esi­stono idee poli­ti­che senza una con­ce­zione spa­ziale di rife­ri­mento né prin­cipi spa­ziali a cui non cor­ri­spon­dano idee poli­ti­che. La mostra vien­nese ne è ulte­riore conferma.

Nessun commento: