giovedì 4 giugno 2015

La tradizione socialista definitivamente espulsa dal Canone occidentale

Paesaggio di idee. Tre anni con Isaiah Berlin
Lukacs viene inscritto assieme a Nietzsche e Burke tra le "reazioni" al Canone [SGA].

Andrea Carandini: Paesaggio di idee-tre anni con Isaiah Berlin, Rubbettino, pp. 383, e 19

Risvolto
Esiste una strada poco battuta nel lungo processo di costruzione europea. Imboccarla ci farebbe uscire dal vicolo cieco in cui le nostre società e i nostri Paesi sono fermi, mentre i confusi rumori e le angosce del mondo globale ci assediano e ci fanno paura. L’archeologo Andrea Carandini, presidente del FAI, ci guida alla riscoperta di questa via europea alla felicità, dissotterrando una tradizione culturale ancora viva e pulsante, quella del grande illuminismo romantico di Isaiah Berlin, il cui pensiero introduce alla imperfezione migliorabile, apprezzando finalmente la molteplicità della vita e la tolleranza. Con questa guida autorevole, ripercorriamo la tradizione europea tra ‘700 e ‘800, per ritrovare le idee che oggi servono, se vogliamo risorgere. Non si tratta solo di riformare una liberaldemocrazia decadente quale è quella italiana, quanto di appassionare giovani e meno giovani all’uso consapevole della ragione non conformista, perché solo coltivando i sogni della ragione saremo in grado di non generare mostri, o almeno di non averne paura.


Il nuovo saggio di Andrea Carandini Le idee , monumenti dell’uomoIlluminismo, liberalismo e riformismo sono pilastri da conservare come tesori d’arte

di Paolo Conti Corriere 4.6.15
«Esistono paesaggi plurimillenari che abbiamo ereditato, come quelli delle nostre città e campagne… ma esistono anche paesaggi metaforici costruiti da noi, come quando arrediamo una casa, riforniamo la nostra libreria e raccogliamo suppellettili amate». Poi c’è un paesaggio spirituale che possiamo crearci «ammobiliando la mente con idee, che sono fulcri della coscienza, della conoscenza e dell’attività, forze madri sovente trascurate nonostante abbiano il potere di liberare oppure di asservire: sono i nostri monumenti immateriali».

Il nuovo saggio dell’archeologo e presidente del Fai (Fondo Ambiente Italiano), Andrea Carandini, proprio per queste chiare ragioni si intitola Paesaggio di idee-tre anni con Isaiah Berlin (Rubbettino, pp. 383, e 19). Chiunque conosca l’articolo 9 della Costituzione sa che la Repubblica è chiamata a tutelare il paesaggio e il patrimonio storico-artistico. Il paesaggio, almeno quello italiano, inteso come sintesi spesso miracolosa ed equilibratissima tra l’opera della natura e la mano dell’uomo. Argomento al quale, con diversi incarichi, Carandini ha dedicato congrua parte della propria vita di docente, di divulgatore e di «civil servant», oggi al Fai e ieri alla presidenza del Consiglio superiore dei beni culturali. Era inevitabile il richiamo, anche nel titolo, al concetto di «paesaggio» nel momento in cui ha sentito il bisogno di testimoniare e di raccontare come il suo orizzonte interiore si sia modificato per sempre dopo aver analizzato a fondo e studiato per tre anni l’opera di Isaiah Berlin, tra i massimi pensatori liberali del Ventesimo secolo, politologo, filosofo e saggista, definito da Carandini «un riformista, mai un rivoluzionario e neppure un reazionario».
La decisione di riprendere in mano la complessa opera dello studioso (ebreo originario di Riga, poi cresciuto a San Pietroburgo, trasferitosi con la famiglia a Londra nel 1921 in seguito alla rivoluzione, morto a Oxford a 88 anni nel 1997 dopo una intensa vita accademica, ricca di successi, di prestigiosi incarichi e di saggi ritenuti ormai fondamentali) ha messo ancora una volta in discussione il suo «paesaggio di idee»: «È stato come passare dal piano terreno a quello superiore di una scala a chiocciola. Prima mi sono opposto al liberalismo di mio padre, quello degli Amici del mondo , e mi sono rivolto all’universo sconfinato di Marx e all’economia dello schiavismo romano, contro il marxismo idealistico che allora prevaleva in Italia… Poi mi sono interessato al cuore palatino-forense di Roma antica, al pensiero mitico della sua leggenda e alla conoscenza dell’inconscio, grazie a un’analisi con Matte Blanco… Quindi mi sono dedicato all’origine del monismo cristiano apostolico divenuto romano basato sull’escatologia… e finalmente, scrivendo questo libro, ho lasciato la controversia tra i suddetti movimenti ideali, intesi in modo separato e chiuso, e mi sono aperto a una svolta probabilmente per me conclusiva, in parte con Berlin e in parte anche oltre lui». Carandini ragiona comunque sempre da archeologo e regala un’immagine eloquente: «Le idee sono monumenti senza materia, che però hanno una loro forma, a volte magari frammentaria, per cui essa va integrata e ricostruita, come si fa con le rovine».
Il viaggio interiore e intellettuale che Carandini propone attraverso il suo rinnovato «paesaggio di idee» ha in Berlin, per esplicito intento programmatico, il proprio Virgilio. Ma l’itinerario resta comunque originale, autonomo, proprio per la tecnica di «integrare e ricostruire» le idee, cioè i «monumenti senza materia» che albergano nel suo «paesaggio di idee». Si parte dal rapporto di Berlin con l’Illuminismo («una visione ricca, avvincente, ed equilibrata che ha irritato i partigiani di quel movimento che in lui hanno individuato, sbagliando, un nemico»). E poi Carandini prosegue nel mare aperto delle idee attraverso diversi passaggi: «Albe di nuovi mondi» (per esempio Machiavelli o Leibniz ma anche Vico e Croce), «Verso il plurimo» (da Kant a Herder), «Reazioni» (Lukacs, Nietzsche, Burke), «Esattezza e irregolarità». Sempre guardando a Berlin, con questo «io modificato» dallo studio del pensatore, «eppure anche il vecchio io riemerge e ha da dire la sua, aprendo un dialogo che porta sia a persuasioni che a rinnovate perplessità». Infine le conclusioni, dove Carandini (riecco l’archeologo) paragona il mondo di oggi «particolare e globale sia nella società che nelle persone» al «sistema cosmopolita globalizzato nell’età del bronzo (basato sull’importanza strategica dello stagno, dall’Afghanistan, e del rame, da Cipro) a tal punto interconnesso che il rivolgimento in una delle sue parti poteva produrre instabilità nell’intero complesso». Perché, così chiude Carandini, è il tema di questo libro: «L’uomo, uno e plurimo», immerso in un proprio paesaggio di idee destinato a cambiare continuamente, capovolgendo certezze e proponendo dubbi sempre nuovi e ogni giorno più complessi.

Isaiah Berlin il filosofo del legno storto
L’archeologo Andrea Carandini dedica un saggio allo studioso liberale seguace di Kant e avversario di certo illuminismodi Giancarlo Bosetti Repubblica 10.6.15
ARCHEOLOGO consacrato dagli scavi e dall’accademia, con una vastissima bibliografia alle spalle, Andrea Carandini si è imbattuto, «tardivamente» — confessa con qualche rimpianto — nel pensiero di Isaiah Berlin, il grande autore russo, di Riga, ebreo, poi inglese, scomparso nel 1997. Il ritardo ha reso l’impatto più forte e forse anche più efficace, come un inatteso giacimento di resti antichi che costringe a ridisegnare le mappe conosciute. Ne è nato un seducente Paesaggio di idee. Tre anni con Isaiah Berlin ( Rubbettino), che è insieme racconto di una scoperta e guida sapiente a un liberalismo aggiornato alle tempeste culturali del nostro tempo.
L’incontro con questo straordinario storico delle idee e con il suo «pluralismo dei valori» costringe chiunque, presto o tardi, a fare e rifare i conti con la propria visione del mondo, specialmente quando si affronta il Berlin di Controcorrente, l’«anti-illuminista», quello che generalmente la cultura liberal, progressista, italiana (e non solo) ha faticato a comprendere a causa dello sconcerto in cui Sir Isaiah amava gettare i cultori dei Lumi, i devoti di Voltaire e Condorcet. Perché proprio lui, nemico dell’utopia sociale perfezionista, kantiano fino in fondo e tenacemente affezionato all’idea kantiana del «legno storto» (del quale l’umanità è fatta, per cui non se ne caverà «mai niente di interamente diritto»), proponeva poi quasi come un suo eroe Johann Georg Hamann, il concittadino di Koenigsberg, che di Kant fu un accanito avversario filosofico? Perché tanto interesse e tanta curiosità per i nemici del razionalismo e per i precursori dello storicismo come Vico, Herder e tutto lo Sturm und Drang? La verità è che quell’aggettivo, «anti- illuminista», che Berlin indossava con divertimento, va messo tra molte virgolette perché alla fine si rivelerà proprio sbagliato, ovvero una sottile astuzia da scrittore, un artificio narrativo per smascherare il «monismo» degli illuministi, e cioè la convinzione che a tante domande di verità, di giustizia, di bene vi sia poi sempre una unica risposta; la certezza, sottintesa, che il tracciato della ricerca di questa verità, non importa quanto lunga (è la philosophia perennis ), sia poi destinata ad avvicinarsi a un unico approdo: una la verità, molti gli errori. Al contrario con il Machiavelli di Berlin, con il suo Vico e il suo Herder, la scoperta spaesante è quella che diverse sono le verità, in cui diverse culture si imbattono, e sempre uno solo l’errore di considerare la propria un valore esclusivo, «superiore ». Diverse sono le virtù e le idee di bene che diversi popoli e diverse epoche tengono in alta considerazione. E così il conflitto che troviamo dietro ogni angolo non è tra il bene e il male, ma tra diverse interpretazioni, diverse preferenze per i beni, i valori, le virtù più alte.
Carandini ha percorso tutto il cammino che conduce alla scoperta della funzione critica che Berlin attribuisce al Romanticismo e gli ha dedicato tre anni di intenso approfondimento. La professione di «dilettantismo » che l’autore esibisce va presa dunque decisamente come la civetteria di un professionista del lavoro intellettuale, storico oltre che archeologo. Del resto anche Berlin, che nella sua vita si impegnò in varie discipline — critica letteraria, filosofia politica, storia e storia delle idee, per non dire del suo lavoro per l’intelligence britannica nel tempo di guerra — si definiva un dilettante, anche se lasciava spesso un segno più forte di tanti specialisti in varie discipline.
Il fatto è questo volume si offre ora come una lettura ricca e completa del nucleo più caldo del pluralismo culturale berliniano e dei suoi maggiori interpreti (belle pagine sul rapporto Bobbio-Berlin, splendida la stroncatura della polemica anti-Berlin di Zeev Sternhell) ed apre lo sguardo verso gli sviluppi possibili di un liberalismo pluralista e agonistico, riallineato ai tempi e non viziato dal «monismo», eurocentrico, delle sue versioni convenzionali. Il libro orienta anche il lettore tra gli sviluppi del liberalismo post-Berlin di Joseph Raz e John Gray, ma soprattutto ha il merito di incorporare e far sua la narrativa travolgente con cui Berlin «sceneggiava » le sue scoperte, nel paesaggio delle idee, con tutte le conseguenze che esse avevano e avranno.
IL LIBRO Andrea Carandini, Paesaggio di idee (Rubbettino, pqgg. 381, euro 19) 

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