martedì 23 giugno 2015

Una storia sociale dell'agricoltura

ZolleStefano Bocchi: Zolle. Storie di tuberi, graminacee e terre coltivate, Raffaello Cortina

Risvolto L’agricoltura è storia sociale condivisa e al tempo stesso storia specifica, localmente connotata in modi significativi. Le differenze agroalimentari hanno avuto sicuramente effetti importanti sulla storia delle vicende umane, condizionando la qualità della vita individuale e collettiva. A partire dagli elementi che caratterizzano il mondo agricolo – terreno fertile, acqua, biodiversità, imprenditoria agraria – si propone qui al lettore un viaggio nell’evoluzione della scienza di coltivare le piante, dal primo manuale di agronomia sumerico ai moderni testi di agroecologia. Incontreremo personaggi importanti come Jethro Tull, pioniere dell’agricoltura moderna, da cui prese il nome il celebre gruppo rock, e Nazareno Strampelli, l’agronomo che, tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, riuscì a raddoppiare la produzione di grano in Italia. Senza trascurare momenti di svolta come la domesticazione della patata in epoca preincaica e gli “orti di guerra” sorti durante l’assedio di Leningrado.
Racconti affascinanti, che riassumono gli snodi principali di cento secoli di storia agroalimentare, utili per affrontare future questioni legate alla produzione di alimenti, alla cura del territorio, all’impiego sostenibile delle risorse.
L'autore
Stefano Bocchi insegna Agronomia e coltivazioni erbacee presso il dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università degli Studi di Milano. Agroecologo, georgofilo e territorialista, è il curatore scientifico del Parco della Biodiversità per Expo 2015 “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”.



La metamorfosi della green revolution 

Scaffale. «Zolle. Storie di tuberi, graminacee e terre coltivate» di Stefano Bocchi, per Raffaello Cortina editore. La storia umana passa anche per le mutazioni agricole 

Matteo Cinquegrani il Manfiesto 23.6.2015

La lunga sto­ria dell’agricoltura pos­siede, di certo, il fascino e la mera­vi­glia delle grandi nar­ra­zioni. Nelle sue lente tra­sfor­ma­zioni come nel suo costante ride­fi­nirsi, que­sta pra­tica plu­ri­mil­le­na­ria (che rac­chiude in sé tanto la straor­di­na­ria gra­zia di un’arte ordi­na­trice, quanto la dura neces­sa­rietà di un sistema di pro­du­zione ali­men­tare) non ha sola­mente con­tri­buito in maniera sostan­ziale allo svi­luppo delle società e delle diverse cul­ture umane, ma ne ha signi­fi­ca­ti­va­mente deter­mi­nate le muta­zioni lungo il pro­ce­dere dei secoli. 
Così, prov­ve­dendo a rin­no­vare in maniera sen­si­bile il rap­porto dell’uomo con il cibo e con la natura stessa, la nascita dei sistemi di col­ti­va­zione e il loro pro­gre­dire hanno con­tem­po­ra­nea­mente por­tato alla costi­tu­zione di nuove cro­no­lo­gie e alla defi­ni­zione di nuovi ordini sociali, la cui cen­tra­lità si è mani­fe­stata – in primo luogo – con la costi­tu­zione di un com­plesso sistema di divi­nità, di riti e di ceri­mo­nie dalla fun­zione rego­la­trice, cele­bra­tiva e pro­pi­zia­to­ria (le cui tracce non sono ancora andate inte­ra­mente dis­solte, nep­pure nell’occidente contemporaneo). 
Par­lare di agri­col­tura signi­fica allora met­tere in campo una impre­scin­di­bile rifles­sione riguardo a quelle infi­nite e gra­duali evo­lu­zioni che hanno segnato il per­corso del genere umano dal suo pas­sato più remoto sino ai giorni nostri. Al con­tempo, impone di richia­mare alla mente le molte tra­sfor­ma­zioni che hanno inve­stiti i sistemi eco­no­mici e poli­tici, gli stili di vita e quelle che sono le moda­lità stesse di pen­siero dell’essere umano. 
Riper­cor­rere la sto­ria dell’agricoltura per riper­cor­rere una sto­ria dell’uomo. L’operazione rea­liz­zata da Ste­fano Boc­chi (docente di agro­no­mia e col­ti­va­zioni erba­cee presso l’Università degli Studi di Milano e cura­tore scien­ti­fico del Parco della Bio­di­ver­sità per Expo 2015) si rivela straor­di­na­ria­mente attuale e acuta, per la sua capa­cità di esplo­rare in maniera ori­gi­nale un argo­mento tor­nato a inte­res­sare for­te­mente – nel corso degli ultimi anni – la stampa, il mondo poli­tico e la società civile. Un tema caldo il cui dibat­tito rischia spesso di rive­larsi impro­dut­tivo, are­nato com’è attorno a con­trap­po­si­zioni in fin dei conti arti­fi­ciose (in quanto ani­mate – a ben vedere – da posi­zioni che sep­pure con­tra­stanti rie­scono dif­fi­cil­mente a rive­larsi alter­na­tive, per­ché ideate in rela­zione a un mede­simo sistema produttivo). 
Zolle. Sto­rie di tuberi, gra­mi­na­cee e terre col­ti­vate (Raf­faello Cor­tina Edi­tore, pp. 200, euro19) pos­siede il fascino comune a tutte quelle nar­ra­zioni capaci di tenersi, con abile agi­lità, in per­fetto equi­li­brio tra la ric­chezza e la pre­ci­sione con­te­nu­ti­stica della scrit­tura scien­ti­fica e la pia­ce­vo­lezza com­po­si­tiva della forma nar­ra­tiva. Arti­co­lato in sette dif­fe­renti rac­conti, il volume descrive (come in un ritratto effi­ca­cis­simo, sep­pure appena trat­teg­giato) quella che è stata la lunga evo­lu­zione del mondo agri­colo, dalla ori­gine e dalla sua pri­ma­ria dif­fu­sione, sino alla nove­cen­te­sca rivo­lu­zione verde e alle sue più recenti tra­sfor­ma­zioni.
Seb­bene si tratti di una rico­stru­zione dichia­ra­ta­mente e volu­ta­mente incom­pleta, è pro­prio gra­zie alla sua strut­tu­ra­zione cro­no­lo­gica che que­sto lavoro rie­sce a inqua­drare con effi­ca­cia le pro­ble­ma­ti­che prin­ci­pali del pano­rama agri­colo contemporaneo. 
Emerge così – con una evi­denza forse ancora mag­giore rispetto a quella imma­gi­nata dall’autore stesso – una situa­zione di sostan­ziale incon­ci­lia­bi­lità tra quella che è la dimen­sione reale dell’universo agri­colo con­tem­po­ra­neo e la per­ce­zione che – in maniera cul­tu­ral­mente dif­fusa – si ha dello stesso, come di un sistema lar­ga­mente ricon­du­ci­bile a un imma­gi­na­rio tra­di­zio­nale (e, forse pro­prio per que­sto, for­te­mente anacronistico). 
Carat­te­riz­zata da una esa­spe­rata spe­cia­liz­za­zione delle col­ture, da lavo­ra­zioni sem­pre più intense, dall’introduzione mas­siva di fer­ti­liz­zanti chi­mici e dall’abbandono del sistema tra­di­zio­nale della rota­zione, oggi «l’azienda agra­ria è pro­gram­mata e gestita al pari di un pro­cesso indu­striale, al cui interno piante e ani­mali svol­gono il ruolo di microa­ziende o com­po­nenti for­ni­trici di out­put che sono incre­men­tati aumen­tando gli input. L’efficienza di tali com­po­nenti viene miglio­rata mani­po­lan­done i geni; l’ambiente dove esse sono col­lo­cate viene stret­ta­mente controllato». 
Come rac­co­gliendo – sep­pure non inte­gral­mente – il discorso messo pio­ne­ri­sti­ca­mente in campo (ora­mai molti decenni fa) da Gio­vanni Hauss­mann, l’autore ana­lizza con rapida pre­ci­sione quella che è stata una tra­sfor­ma­zione delle tec­ni­che e degli stru­menti di pro­du­zione, ma prima ancora e soprat­tutto un radi­cale cam­bio di para­digma. Cam­bia­mento, que­sto, reso pos­si­bile da una signi­fi­ca­tiva deriva antro­po­cen­trica che sem­bra strut­tu­rare, sin dalle fon­da­menta, non sola­mente la società occi­den­tale contemporanea. 
Così, in nome del supe­ra­mento della fame del mondo (che a ben vedere si sostan­zia in una que­stione esclu­si­va­mente distri­bu­tiva) anche in agri­col­tura il tasso di pro­dut­ti­vità è stata innal­zata a unico para­me­tro di valu­ta­zione pie­na­mente signi­fi­ca­tivo. Uscire com­ple­ta­mente da que­sto tipo di dina­mi­che si dimo­stra oggi un pro­cesso estre­ma­mente labo­rioso, ma indi­vi­duare nuovi mezzi pro­dut­tivi è senza dub­bio neces­sa­rio, magari pro­vando a rimet­tere al cen­tro del discorso le aziende fami­liari (dalle quali, ancora, dipende circa l’80% della pro­du­zione ali­men­tare su scala mondiale). 
In maniera para­dig­ma­tica, il libro di Boc­chi si chiude pro­prio su que­sto tema. Messa for­te­mente in crisi da una green revo­lu­tion – che ha ora­mai ampia­mente dimo­strati tutti i pro­pri punti di cri­ti­cità – «l’azienda fami­liare richiede oggi nuovi mezzi pro­dut­tivi, che rispon­dano real­mente ai biso­gni, rispet­tando le tra­di­zioni e le cul­ture locali». Que­sta è oggi la nuova sfida dell’agricoltura e la dire­zione da seguire per pro­vare a rico­sti­tuire quell’equilibrio ora­mai for­te­mente incri­nato tra essere umano e natura.

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