
Aldo Masullo e Paolo Ricci:
Tempo della vita e mercato del tempo. Dialoghi tra filosofia ed economia sul tempo: verso una critica dell’azienda capitalistica, Franco Angeli
Risvolto
Un filosofo e un economista si confrontano sui grandi mutamenti che la
contemporaneità ci pone dinnanzi. Crisi finanziaria, insostenibilità dei
processi economici, globalizzazione fanno parte del proscenio sul quale
i due dialoganti si muovono e si interrogano per comprendere meglio il
tempo, nella vita e nell’azienda.
I dialoghi sono il frutto di un fortunato incontro tra un grande Maestro
della filosofia ed un brillante economista, i quali si soffermano,
confrontandosi, sui grandi mutamenti che la contemporaneità ci pone.
Crisi economica, insostenibilità dei processi produttivi,
globalizzazione finanziaria fanno parte della scena sulla quale i due
dialoganti si muovono e si interrogano per comprendere meglio il tempo,
nella vita e nell'azienda.
Nella società dell'economia, così come alcuni studiosi amano chiamare la
vita di comunità globale, si registrano più fallimenti che successi:
povertà diffuse, disuguaglianze crescenti, diritti umani negati,
disastri ambientali, sono segni tangibili di questo tempo, del nostro
tempo. Del tempo che evapora nella vita, del tempo che scorre
nell'economia.
Nei dialoghi emergono, proprio attraverso il tempo, le contraddizioni
dell'azienda capitalistica e i possibili nuovi paradigmi su cui provare a
rifondare l'economia.
Aldo Masullo, professore emerito di Filosofia morale alla
Università Federico II di Napoli, è tra i protagonisti del dibattito
filosofico contemporaneo. Teorico di una filosofia "fenomenopatica", è
stato tra i più raffinati interpreti dell'idealismo tedesco e della
fenomenologia e ha dedicato i suoi studi ai temi dell'intersoggettività,
della temporalità, della genealogia dell'umano e dell'etica. Tra i suoi
numerosi libri: La comunità come fondamento (1965), Antimetafisica del fondamento (1971), Il senso del fondamento (1967, 2008), La metafisica. Storia di un'idea (1980, 1996), Fichte: l'intersoggettività e l'originario (1986), Filosofia del soggetto e diritto del senso (1990), Il tempo e la grazia (1995), La potenza della scissione (1997), Paticità e indifferenza (2003), Filosofia morale (2005), La libertà e le occasioni (2011), Piccolo teatro filosofico (2012), Stati di nichilismo (2013).
Paolo Ricci, professore ordinario di Economia aziendale
alla Università del Sannio, insegna alla Università Roma Tre; ha svolto
studi prevalentemente nel campo dell'accountability pubblica, del
controllo di gestione e della responsabilità sociale d'impresa. È
presidente dell'Associazione nazionale GBS (Gruppo di studio per la
ricerca scientifica sul Bilancio Sociale) di Milano e fa parte di
diversi comitati scientifici di istituzioni ed enti di ricerca.
Presidente dell'Accademia di belle arti di Napoli. Tra i suoi scritti: Piccolo manuale di patologia aziendale (1996), Introduzione all'economia aziendale (2003), Il soggetto economico nell'azienda pubblica. Chi comanda davvero nell'azienda pubblica e perché (2010), Riformite (2012), L'economia dell'azienda: paradigmi e declinazioni (2012).
Il Quotidiano del Sud Manierismo politico… (di Vera Mocella)…
Vedi...
la Repubblica (ed.Napoli) Tecnologia e crisi economica… (di Laura Valente)…
Vedi..
La finanza è un fantasma
Saggi. «Tempo
della vita e mercato del tempo» di Aldo Masullo e Paolo Ricci: il
disastro dei numeri al posto della complessità umana del mondo
Alberto Giovanni Biuso Manifesto 15.10.2015, 0:03
Da infrastrutture al servizio dell’economia,
le banche sono diventate il soggetto politico dominante. Questo
processo, iniziato quasi inavvertitamente ma oggi evidentissimo
nella sua potenza, è in realtà uno dei modi con i quali il
capitalismo sta uccidendo la vita collettiva e con essa se stesso,
essendo un parassita delle strutture sociali, fuori e separato dalle
quali non può esistere. È quanto emerge dal denso e assai chiaro
dialogo su questo tema intrattenuto da Aldo Masullo e Paolo Ricci (Tempo
della vita e mercato del tempo. Dialoghi tra filosofia ed
economia sul tempo: verso una critica dell’azienda capitalistica,
FrancoAngeli, euro 13). «In termini di pura concettualità»,
infatti, «l’impresa è l’organizzazione di mezzi per produrre beni
apprezzabili sul mercato. Tuttavia questo organismo non vive nel
vuoto, ma dentro un ambiente sociale. Fuori, non potrebbe vivere».
Attraverso la finanziarizzazione dell’economia, l’impresa dissolve
se stessa: «Giocare in borsa, non significa azienda!» ma
è piuttosto una scommessa continua su un’unica dimensione del
tempo, quella immediata, quella che qui, ora, subito, può garantire
profitti altissimi.
Quello del capitalismo finanziario è «un tempo
immobile, il tempo del presente, solo del presente», nel quale
un’ottica di breve periodo diventa funzionale a obiettivi di
guadagno immediato, di rendita calcolabile in giorni e in ore, di
consumo dell’inessenziale. La temporalità del capitale è una
temporalità esclusivamente quantitativa che ignora le
dinamiche reali e profonde dei corpi umani individuali
e collettivi. Il tempo infatti è la stessa umanità, è «la vita che
viene avvertita nel suo temporale viversi» e la cui «svalutazione
è la nostra vita impoverita». Una vita che sembra dunque smarrire
la complessità qualitativa del mondo in un puro dato numerico, la
cui valutazione è affidata a soggetti oscuri e sin troppo
coinvolti, i quali «rendono il reddito, così determinato, una
quantità astratta. Questo fa capire anche quanto un rating o un
qualunque altro giudizio su un’impresa siano davvero molto
opinabili, legati a un esile filo di interessi nonché di decisioni
a volte anche assunte in maniera molto arbitraria».
Il crimine più radicale della finanza che domina
la politica e le relazioni è dunque la fine del tempo vissuto dei
rapporti personali, annichilito nel tempo convenzionale di
milioni di scambi virtuali che avvengono nello stesso istante: «Alle
attese e ai timori dei viventi che dirigono si sostituisce il gioco
senz’anima e senza tempo delle procedure finanziarie», il cui esito
«è distruzione di tempo presente, di vita reale, mentre in cambio si
offrono fantasmi di futuro».
Il più insidioso, perché inavvertito e apparentemente moderato,
di tali fantasmi è il riformismo, «vero mito del nostro tempo; né il
profitto, né il capitale, né la ricchezza individuale hanno
ottenuto tanto consenso quanto ne ha ottenuto l’idea che il mondo
e il modo di vivere vadano continuamente modificati, senza sosta,
senza fine».
Una patologia del nuovo invade i corpi sociali e le singole menti.
Il valore di un’idea, di un progetto, di una proposta non risiede
più nei contenuti ma nel presentarsi come nuovi rispetto
all’esistente. Un nuovo, naturalmente, che è del tutto ideologico
e finto poiché dietro il suo affaccendarsi per rottamare sta
sempre la ripetizione del privilegio, dell’ingiustizia, del più
vecchio dei gesti umani: il comando del più forte.
La riduzione della complessità del tempo alla sua
sola forma presente è l’espressione più chiara del disperato
desiderio che il potente — persona o struttura che sia — nutre di
fermare il divenire per installarsi in esso come immobilità. Tutta
la frenesia degli scambi finanziari che avvolgono la Terra in una
rete senza più senso è l’apparenza dietro la quale sta un essere morti
già da vivi, negando la molteplicità, il divenire, la
multidirezionalità della vita e del tempo. Un archetipo che
infinitamente ripete il medesimo ciclo, in modo che nulla sfugga
alla prevedibilità e quindi al controllo delle forze ormai in gran
parte impersonali che vanno distruggendo società e persone in nome
di un«uscita dalla crisi» e di un futuro che non arriveranno mai ma ai
quali sacrificare la sostanza viva del presente.
Nessun commento:
Posta un commento