giovedì 8 ottobre 2015

La genesi del Principe di Machiavelli

Risultati immagini per machiavelliLegazione alla corte di Francia – 31 agosto 1501 -10 luglio 1502, pp. XLIV-632, euro 40, Aragno


«Il Principe» prima del «Principe» 

In alcune lettere del periodo 1501-1502 i temi dell’opera più famosa di Machiavelli (1513) Oltre agli indizi stilistici e di contenuto ci sono le correzioni di pugno di messer Niccolò 
8 ott 2015  Corriere della Sera Di Dino Messina © RIPRODUZIONE RISERVATA 

Tra il settembre 1501 e l’estate dell’anno successivo sembra che il segretario della Seconda cancelleria fiorentina, Niccolò Machiavelli (1469-1527), incaricato di seguire gli affari interni, si fosse preso una pausa di riflessione. Invece delle decine di lettere quotidiane, cui lo costringevano la carica ricoperta oltre che la passione per le cose dello Stato, si registrano in quel periodo pochissimi documenti autografi. A capire che cosa facesse messer Niccolò in quei pigri mesi fiorentini, dopo dieci anni di ricerca, sono riusciti due studiosi, Emanuele Cutinelli-Rendina, ordinario di italianistica a Strasburgo, e Denis Fachard, professore emerito dell’Università della Lorena. La soluzione di questo piccolo mistero biografico aggiunge un tassello fondamentale anche all’ormai secolare dibattito sulla genesi del Principe.  

Machiavelli, come sostenne Federico Chabod nella sua geniale tesi di laurea del 1924, scrisse di getto il suo capolavoro tra il luglio e il dicembre 1513, quando era ormai stato estromesso da ogni incarico? Oppure, come sostenne Mario Martelli, curatore dell’edizione nazionale del Principe, andò aggiungendo alla prima stesura vari brani, quasi seguendo il filo degli avvenimenti storici? O ancora, come ha ipotizzato Gennaro Sasso, a un corpo centrale, sicuramente compiuto nel 1513, il segretario fiorentino aggiunse un secondo nucleo nel 1514? 
Cutinelli-Rendina e Fachard credono che ancora oggi l’intuizione di Chabod resti la più valida, ma a questa tesi aggiungono un elemento che retrodata di una decina d’anni la genesi del testo considerato il libro fondante della moderna scienza politica. In un volume edito da Aragno, Legazione alla corte di Francia 31 agosto 1501-10 luglio 1502, i due italianisti raccolgono le lettere mandate alla Prima cancelleria della Repubblica fiorentina dagli ambasciatori Luca d’Antonio degli Albizzi e Francesco Soderini, che avevano il compito di convincere il re Luigi XII a intervenire in favore di Firenze minacciata dalle mire del bellicoso papa Borgia, Alessandro VI, e di suo figlio Cesare. 
Albizzi e il cardinal Soderini, fratello del Pier Soderini che di lì a poco sarebbe stato eletto gonfaloniere della città, tornarono a casa a mani vuote, per le esose richieste del monarca francese. La vera novità si trova però nelle risposte agli ambasciatori inviate dalla Prima cancelleria, una sorta di ministero degli Esteri, di cui era titolare Marcello Virgilio Adriani, un letterato buono per tutte le stagioni. 
Non poche di queste risposte, di cui l’archivio di Stato di Firenze custodisce la copia compilata da un anonimo amanuense, con ogni probabilità non furono dettate dal titolare della Prima cancelleria, ma da Niccolò Machiavelli, chiamato al delicato incarico anche perché era stato inviato alla corte di Luigi XII già nel 1500. Ma l’ipotesi di ricerca (o la scoperta) più interessante e in qualche modo rivoluzionaria è che in alcune di quelle lettere partite dalla Prima cancelleria sono anticipati temi che saranno sviluppati nel Principe. 
Cutinelli ci spiega che il parallelo è evidente soprattutto per due capitoli del Principe: il III, dove è contenuto uno sferzante giudizio sul fallimento della politica francese in Italia e dove vengono usati, come già nella lettera diplomatica di undici anni prima, i termini «rimedio», che rimanda a una concezione organicistica e fisiologica della politica, e «arbitro» (il re di Francia come arbitro delle cose d’Italia). Nelle risposte della Prima cancelleria c’è poi, continua Cutinelli, «un profilo strepitoso della smisurata ambizione monarchica di papa Alessandro Borgia e di suo figlio Cesare, il Valentino, un tema che ritroviamo nel capitolo VII». 
Non bastassero i contenuti, ad avvalorare la tesi dei due studiosi c’è in alcune missive quell’elemento inconfondibile che è lo stile di Machiavelli, definito da Cutinelli-Rendina «una scrittura dell’urgenza». Un stile nervoso, pensieri e teorie, ma anche rimandi ai fatti. Uno stile veloce, moderno, quasi giornalistico, a volte discontinuo, del tutto lontano dai modi paludati del letterato classico. Ai contenuti, al lessico e allo stile si aggiunge infine la prova del nove: alcune delle missive vergate dall’ignoto amanuense hanno delle correzioni di pugno dello stesso messer Niccolò, con quella grafia quasi indecifrabile che aveva scoraggiato per secoli gli studiosi dal raccogliere i suoi scritti d’ufficio. 
Una ricerca come quella condotta da Denis Fachard, che si è maggiormente dedicato alla parte paleografica, ed Emanuele Cutinelli-Rendina, che ha curato di più gli aspetti storici, anche se nel suo insieme il lavoro è stato compiuto a quattro mani, è stata peraltro resa possibile dal reperimento dei cifrari per decrittare alcune delle lettere scritte in codice. Raramente le delicate missive erano redatte in chiaro: alcune alludevano a personaggi di fantasia o si presentavano come un tessuto di cifre e simboli incomprensibili, sicché dal XVIII secolo, da quando cioè si ha notizia degli scritti d’ufficio di Machiavelli, molti studiosi sono stati scoraggiati dalle difficoltà tecniche e si è dovuto aspettare il secondo decennio del Duemila per avanzare una nuova ipotesi scientificamente fondata sulla genesi del Principe.  
O per avere altre notizie di estremo interesse, come la richiesta a Michelangelo, partita dalla Francia, per la realizzazione di una copia del David di Donatello. Un’opera che fu in effetti realizzata dal Buonarroti, ma poi andò perduta. Queste lettere ci parlano dunque anche del collezionismo francese delle opere d’arte italiane, che cominciò ben prima del regno di Francesco I. Ma questa è un’altra storia.

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