giovedì 1 ottobre 2015

La lotta del capitale contro la caduta del saggio di profitto: colonizzazione tendenziale di tutti i mondi della vita

Risultati immagini per Crary: 24/7, Einaudi
E' da diversi decenni comunque che tutto ciò è già noto. Diciamo dagli anni Trenta minimo [SGA].

Jonathan Crary: 24/7, Einaudi, pp. 134, € 18

Risvolto
Aperto 24 ore su 24, 7 giorni su 7, è il mantra del capitalismo contemporaneo, l'ideale perverso di una vita senza pause, attivata in qualsiasi momento del giorno o della notte, in una sorta di condizione di veglia globale. Viviamo in un non tempo interminabile che erode ogni separazione tra un intenso e ubiquo consumismo e le strategie di controllo e sorveglianza. Sembra impossibile non lavorare, mangiare, giocare, chattare o twittare lungo l'intero arco della giornata, non c'è momento della vita che sia realmente libero. Con la sua presenza ossessiva, il mercato dissolve ogni forma di comunità e di espressione politica, invadendo il tessuto della vita quotidiana.


Ci hanno rubato il tempo 

Lo spazio del lavoro conquista ogni ora del giorno, sette giorni la settimana. L’ultima trasformazione della nostra vita in un saggio di Jonathan Crary 

Marco Belpoliti Stampa 30 9 2015
Il passero dalla corona bianca vola dall’Alaska fino al Messico in stato di veglia per un’intera settimana, batte ininterrottamente le ali sino a che non raggiunge la meta. Da tempo in una università americana studiano questo uccello per capire come possa resistere così a lungo desto e in piena efficienza. Secondo Jonathan Crary, studioso che insegna teorie dell’arte alla Columbia University di New York, l’obiettivo di questo tipo di ricerche, finanziate dall’esercito Usa, è quello di abbattere il periodo di sonno che gli esseri umani dedicano alla ricarica di se stessi, in media sei ore per l’età adulta. Sarebbe questa l’ultima barriera che la biologia umana oppone alla realizzazione del 24/7, come s’intitola il suo libro (24/7, Einaudi, pp. 134, € 18), ovvero, come già accade per siti, call center, e persino negozi in tutto il mondo: aperti 24 ore, 7 giorni la settimana.

Crary scrive che il sonno è l’ultimo terreno di conquista che il capitalismo del XXI secolo ha davanti a sé, avendo di fatto colonizzato ogni altra cosa. 24/7 è senza dubbio un libro che Umberto Eco avrebbe definitivo «apocalittico». Scritto in maniera serrata, con una prosa tesa e a tratti apodittica, ci suona però la sveglia su un problema incontrovertibile: è in corso l’abolizione della differenza tra tempo di lavoro e tempo di riposo, ma anche della distinzione tra vita privata e vita lavorativa. Lavoriamo sempre, in ogni momento del giorno e dell’anno, superando distinzioni un tempo invalicabili come ferie, domeniche, notti. Siamo aperti 24/7, salvo, appunto, quando dormiamo.

La profezia di Marx

Già Hartmut Rosa in un recente saggio, Accelerazione e alienazione (Einaudi) ha indicato nella «accelerazione tecnologica» portata dai computer una delle ragioni della trasformazione della nostra vita individuale e sociale, tanto che nell’epoca dalla globalizzazione e della u-topicità di Internet «il tempo è sempre più percepito come qualcosa che comprime o addirittura annichilisce lo spazio». Non è necessario attendere il teletrasporto di Star Trek per essere presenti contemporaneamente qui e là, perché il personal computer, Internet, il Web 2.0 hanno annullato le distanze spaziali oltre che quelle temporali. Il sonno interrompe, sostiene Cray, «il furto di tempo» che avviene a nostre spese ogni giorno. Siamo entrati nell’era dell’immateriale, come aveva teorizzato all’inizio degli Anni 80 François Lyotard in una memorabile mostra al Beaubourg. Oggi non conta più l’accumulazione degli oggetti, ma i servizi di cui i nostri corpi usufruiscono in maniera crescente insieme a immagini e procedure. Siamo dominati da «dispositivi», come li ha chiamati Gilles Deleuze (Che cos’è un dispositivo?, ed. Cronopio), di cui le app sono l’ultima forma. 
Crary ricorda Solaris di Tarkovskij, tratto dal romanzo di Lem: un mondo spettrale perennemente illuminato giorno e notte, realtà artificiale ostile al riposo e al sonno. L’autore di questo piccolo e ficcante volume sostiene che l’esperienza del sonno è oggi l’immagine significativa della capacità di resistenza della vita sociale, in modo analogo ad altre situazioni marginali che la società ha di sviluppare linee di protezione o di difesa. Riuscirà il turbocapitalismo tecnologico a colonizzare anche il momento in cui siamo davvero soli con noi stessi, non collegati via smartphone, tablet, computer o altro al sistema mondiale della tecno-comunicazione? Arriveremo davvero al 24/7?
Già Marx aveva segnalato nel Capitale l’incompatibilità del capitalismo con ogni sistema sociale stabile e durevole. La storia degli ultimi 150 anni ha mostrato come viviamo in una condizione di «rivoluzione permanente» delle forme di produzione, circolazione, comunicazione e produzione delle immagini. In questo lasso di tempo, non breve ma neppure lunghissimo, si sono alternati alcuni intervalli di stabilità, spesso solo apparente, segnati da sistemi di diffusione delle immagini che Crary, studioso di arte, scandisce in: cinema, televisione, personal computer. Le linee di forza di tutto questo sono determinate da due aspetti: il tentativo di imbrigliare e sottoporre a controllo il tempo e contemporaneamente l’esperienza degli esseri umani. 
Erving Goffman, studioso delle cosiddette «istituzioni totali», ha spiegato in Asylum (ed. Ombre corte) che queste funzionano abolendo la differenza tra vita privata e vita pubblica: si vive costantemente sotto gli occhi di un’autorità occhiuta senza possedere né spazi né luoghi per sottrarsi a questo controllo. Lo stesso ha segnalato Primo Levi in Se questo è un uomo, indicando come la potenza annientatrice del Lager si fondasse sulla abolizione delle abitudini personali e sul sequestro di ogni oggetto o spazio personale. 
Un nuovo Super-Io
Crary ci mette in guardia sull’espansione delle tecnologie informatiche: «ogni tecnologia apparentemente nuova rappresenta anche una dilatazione qualitativa nell’adattamento di ciascuno alla dipendenza dal 24/7 e delle sue routine; costituisce un’occasione ulteriore nello sviluppo del processo per cui l’individuo viene trasformato in un’applicazione di nuovi sistemi di controllo e imprese». La stessa moltiplicazione e pervasività delle immagini della cultura di massa attuale produrrebbe questo: «l’immersione 24/7 nel flusso dei contenuti visivi diventa di fatto una nuova forma di Super-Io istituzionalizzato».


Ha ragione o torto? Provi ciascuno a contare quante ore dedica ai social, alla comunicazione con il cellulare, alla visione con tv e computer, dove e con che frequenza, e quanto peso abbia nella sua capacità di immaginazione del presente, e anche quanta energia nervosa consumi. Risultati imprevedibili.




Vite condannate a un eterno presente
Saggi. «24/7» di Jonathan Crary per Einaudi. Un avvincente affresco di un mondo che considera il sonno un ostacolo all’accumulo della ricchezza
Benedetto Vecchi Manifesto 14.10.2015
Nel pros­simo futuro non ci saranno sol­dati cyborg sui campi di bat­ta­glia. Pro­durre Ter­mi­na­tor o Robo­cop è infatti per il momento impos­si­bile. Troppi gli impre­vi­sti, alte le pos­si­bi­lità di insuc­cesso. La mente umana non è ancora ripro­du­ci­bile da un soft­ware. Quel che negli Stati Uniti, Rus­sia e Cina stanno ipo­tiz­zando sono però sol­dati che restano sve­gli per una set­ti­mana, senza che il corpo ne risenta e perda in «effi­cienza». Allo stesso tempo, un pro­getto con­giunto tra le due sponde dell’Atlantico ha avuto la biz­zarra idea di pro­vo­care arti­fi­cial­mente la scom­parsa della notte, ipo­tiz­zando un sistema di spec­chi nell’atmosfera per deviare la luce solare e illu­mi­nare così a giorno regioni intere del pianeta. 
Due pro­getti tut­ta­via fan­ta­siosi. Il secondo infatti è stato abban­do­nato per le pro­te­ste di ambien­ta­li­sti e scien­ziati della natura. Il primo neces­sita di far­maci e dro­ghe che richie­dono ancora anni di per­fe­zio­na­mento per evi­tare col­lassi ner­vosi e disfun­zioni del corpo. Per il momento, tut­ta­via, ci sono pri­gioni mili­tari e non (Guan­ta­namo è una di que­ste) dove i dete­nuti sono segre­gati in celle con­ti­nua­mente illu­mi­nate e sot­to­po­sti al con­trollo di psi­co­logi, neu­ro­logi e neu­ro­psi­chia­tri per capire come rea­gi­sce il corpo umano a una con­di­zione di giorno per­pe­tuo. Una sot­tile forma di tor­tura per ridurre sen­si­bil­mente la resi­stenza di chi vi è sot­to­po­sto e capire dun­que il modo per mani­po­lare emo­zioni, deci­sioni, com­por­ta­menti dei sin­goli. Il sol­dato dell’avvenire sarà fles­si­bile e dut­tile come la creta per essere pla­smato ad ope­rare in situa­zioni che non pre­ve­dano dubbi, libero arbi­trio, auto­no­mia indi­vi­duale, pronto cioè a obbe­dire a qual­siasi comando. 

L’obbedienza del Golem 
Sono solo alcuni degli esempi di una ten­denza a can­cel­lare il con­fine tra veglia e sonno citati da Jona­than Crary nel sag­gio 24/7. Il capi­ta­li­smo all’assalto del sonno pub­bli­cato da Einaudi che inau­gura la nuova col­lana I Mave­rick (pp. 134, euro 18). La glo­ba­liz­za­zione, afferma il docente sta­tu­ni­tense di arte moderna, sta pre­fi­gu­rando una società orga­niz­zata per pro­durre e con­su­mare 24 ore al giorno per 7 giorni la set­ti­mana, cioè una realtà a ciclo con­ti­nua dove il sonno e il riposo sono osta­coli all’accumulo di ric­chezza. Con mali­zia, infatti, l’autore ricorda che da sem­pre i risul­tati con­se­guiti nelle ricerca scien­ti­fica con­dotte da mili­tari sono state poi river­sate nella vita civile. E se que­sto è facile esem­pli­fi­carlo con l’energia ato­mica, i micro­pro­ces­sori, i nuovi mate­riali resi­stenti, meno evi­dente, ma pur sem­pre certo, è come la ricerca mili­tare sul fun­zio­na­mento del cer­vello sia stata poi ricon­ver­tita dall’industria far­ma­ceu­tica per pro­durre nuovi far­maci o sostanza psi­coat­tive. Crary non ha inol­tre timore ad affer­mare che die­tro tutti i ten­ta­tivi di aggi­rare il sonno come biso­gno rige­ne­ra­tivo del corpo umano ci sia l’obiettivo di un umano addo­me­sti­cato alle neces­sità del capi­ta­li­smo. Dun­que, non è l’ombra di Ter­mi­na­tor quella che si sta­glia die­tro que­sti pro­getti, bensì quella del Golem, l’inquietante figura che nella Praga di ini­zio Nove­cento ese­guiva con dili­genza e fero­cia la sua mis­sione purificatrice.
24/7 non è però una ricer­cata apo­lo­gia del sonno inteso come il tempo sot­tratto al capi­tale. Crary è con­sa­pe­vole che il con­fine tra tempo di lavoro e tempo di vita è stato ormai can­cel­lato e che il riposo, dun­que il sonno, è ormai ridotto a una fun­zione mec­ca­nica di recu­pero delle ener­gie. Anche per­ché una volta sve­glio il sin­golo è avvolto, risuc­chiato in un flusso inin­ter­rotto di mail, sms, imma­gini, infor­ma­zioni. La glo­ba­liz­za­zione, annota Crary, sta­bi­li­sce cioè il domi­nio indi­scusso di un eterno pre­sente, dove il pas­sato è un ammasso di rovine dal quale tenersi a distanza e il futuro è avvolto da una neb­bia dalla quale tenersi, anche qui, a debita distanza. Il mondo del 24/7 è cioè una realtà dove il tempo non pre­vede nes­sun divenire. 
L’esemplificazione dell’eterno pre­sente è ovvia­mente la Rete, che annulla appunto le dif­fe­renze tem­po­rali e rende insi­gni­fi­canti quelle spa­ziali. Il giorno di Roma, o Milano, è la notte di Los Ange­les o di Pechino, ma quel che viene deciso in un luogo alla luce del sole è inviato come ordine a chi ha orga­niz­zato il flusso lavo­ra­tivo per ese­guirlo in piena notte. 

La società del controllo 
Il sag­gio è una incal­zante ras­se­gna di come il capi­ta­li­smo, nella sua forma neo­li­be­rale, sia riu­scito, per aggi­rare l’ostacolo costi­tuito dai limiti impo­sti dal lavoro vivo – la tri­par­ti­zione della gior­nata, tra otto ore di lavoro, 8 ore di tempo libero e le restanti otto ore di sonno – abbia appunto a pro­iet­tare sul pia­neta la sua pre­tesa di can­cel­lare o annul­lare dif­fe­renze tem­po­rali e spa­ziali. Per orga­niz­zare la resi­stenza, aggiunge però Crary, non serve certo invo­care il tempo della natura per con­trap­porlo a quello sociale. È infatti carat­te­ri­stica dell’umano pie­gare la natura ai suoi fini. Con un movi­mento teo­rico ina­spet­tato, visto che viene da chi si occupa pre­va­len­te­mente di sto­ria dell’arte, Crary invita a misu­rarsi con le ana­lisi di Marx e delle teo­rie sulla vita quo­ti­diana di come Henry Lefeb­vre. E se l’autore del Capi­tale ha messo al cen­tro della sua cri­tica all’economia poli­tica il tempo – quello del lavoro -, Lefeb­vre negli anni Ses­santa e Set­tanta del Nove­cento stig­ma­tiz­zava le tesi di chi con­si­de­rava il tempo libero e il sonno come tempo sot­tratto al capi­tale. Anche fuori le mura della fab­brica o dell’ufficio, il tempo è ormai colo­niz­zato dal capi­tale. La cri­tica al con­su­mi­smo ha pro­prio l’elementare con­sta­ta­zione che la catena del valore non riguarda solo la pro­du­zione, bensì anche la cir­co­la­zione e il con­sumo di merci. Da qui la cen­tra­lità sulla società dello spet­ta­colo e di quel pas­sag­gio dalla società disci­pli­nare a quella del con­trollo che autori come Guy Debord o Gil­les Deleuze hanno ripe­tu­ta­mente messo al cen­tro della scena pub­blica. Già per­ché anche il sonno aveva la ambi­va­lente fun­zione di riposo, ma anche come un fetic­cio da usare come fat­tore che disci­plina la vita al lavoro. 

La super­fi­cie globale 
24/7 è una pic­cola miniera di pre­ziose pagine quando l’autore passa in ras­se­gna il ruolo svolto dai mate­riali audio­vi­sivi dif­fusi a livello pla­ne­ta­rio – film, musica, ma anche video­clip – gra­zie alla Rete come un sofi­sti­cato sistema di sin­cro­niz­za­zione delle coscienze e di annul­la­mento della memo­ria che ha come primo, diri­mente e impre­vi­sto effetto col­la­te­rale di caduta ten­den­ziale dell’innovazione e di can­cel­la­zione delle iden­tità locali. Quella di Crary è però una non sem­pre con­vin­cente visione della glo­ba­liz­za­zione come una super­fi­cie liscia e senza alte­rità. E segnata anche dalla con­vin­zione che tutto ciò abbia a che fare con la pos­si­bi­lità di un con­sumo just in time e h.24. 
Il regime h 24, come d’altronde di deduce anche dalle pagine che l’autore dedica all’analisi cri­tica di un film – La Jetée di Chris Mar­ker – e di un qua­dro – Il coto­ni­fi­cio di Ark­w­right di Joseph Wright of Derby –, vuol certo ren­dere omo­ge­neo il tempo a livello pla­ne­ta­rio per svi­lup­pare un ciclo inte­grato tra pro­du­zione, cir­co­la­zione e con­sumo. Nel primo caso, signi­fica forme radi­cali e tut­ta­via sofi­sti­cate di pro­cessi lavo­ra­tivi dif­fusi su tutto il pia­neta. Sulla logi­stica – movi­mento di merci e gestione delle mate­rie prime – non c’è molto da dire, basta solo ricor­dare che i tra­sporti su strada, fer­ro­via, su acqua e nei cieli sono orga­niz­zati per garan­tire i movi­menti delle merci come un flusso con­ti­nuo. Sui con­sumi, poco da aggiun­gere al fatto che il com­mer­cio e elet­tro­nico e la pre­senza di cen­tri com­mer­ciali aperti 24 ore al giorno per sette giorni la set­ti­mana sono ormai la regola in molti paesi. 
E tut­ta­via non siamo in pre­senza di un moloch inat­tac­ca­bile e imper­mea­bile. Le stra­te­gie della «eco­no­mia dell’attenzione» e i dispo­si­tivi giu­ri­dici per garan­tire l’innovazione e la pre­ca­rietà del lavoro vivo, testi­mo­niano che non tutto fun­ziona così linear­mente e che quella super­fi­cie liscia pro­spet­tata da Crary è invece piena e costel­lata da alte­rità. Per­ché il diritto all’ozio e a una vita affran­cata dalla neces­sità con­ti­nua ad essere uno dei diritti che nes­suna colo­niz­za­zione della vita sociale rie­sce ad addomesticare.

Se la tecnologia ci deumanizza
Adriana Castagnoli  Domenicale 10 1 2016
Che cosa accomuna il «passero dalla corona bianca» e il Dipartimento della difesa americano? Lo stato d’insonnia di questo volatile che gli consente di rimanere in una condizione di veglia per una settimana durante la migrazione e al contempo di avere un funzionamento produttivo efficiente. Questo insolito comportamento ha attratto l’attenzione dei ricercatori americani che, nel più ampio tentativo da parte delle forze armate statunitensi di ottenere una forma di controllo sul sonno umano ben oltre lo stato di veglia, secondo Crary, mirano a ridurre il sonno come bisogno naturale del corpo.
Si tratta di uno dei numerosi effetti della globalizzazione neoliberista, dei processi e paradossi che contrassegnano la modernizzazione del mondo occidentale e l’espansione del capitalismo nel XXI secolo. Una di tali condizioni è appunto l’«inquadramento generalizzato della vita umana in un tempo senza interruzioni, contraddistinto da operatività incessante e senza limiti d’orario». 
È la società 24/7 che rinnega ogni legame con ritmi e scansioni periodiche dell’esistenza umana. Molte istituzioni del mondo sviluppato sono già operative 24/7 da diversi decenni. Ma solo di recente vi è stata una riorganizzazione dei modi in cui avviene la costruzione dell’identità personale e sociale dell’individuo, al fine di ottenere un adeguamento completo alle attività incessanti dei mercati, delle reti informatiche e di sistemi consimili. 
Il futuro percepito e rappresentato da Crary è inesorabilmente distopico: un mondo illuminato 24/7 come «miraggio capitalistico finale della post-storia, l’esorcismo dell’alterità», il vero motore del cambiamento storico.
Il 24/7 rappresenta il tempo dell’indifferenziato davanti al quale la fragilità della vita umana non ha difese e in cui il sonno non ha una propria necessità e inevitabilità. Tuttavia, la distopia è collegata anche alla catastrofe ambientale conseguente alla spesa permanente e all’incessante spreco funzionale al suo mantenimento.
Il presupposto di siffatta prospettiva è, per Crary, il collasso dei modelli di capitalismo controllato o mitigato negli Stati Uniti e in Europa che ha fatto venire meno ogni giustificazione interna dell’inattività e della quiete come componenti della crescita economica e della redditività. Negli ultimi decenni del XX secolo e all’inizio del XXI, la progressiva perdita d’importanza del lavoro umano nel lungo periodo non incoraggia affatto l’inserimento del riposo e della salvaguardia della salute fra le priorità economiche. 
Nel contesto attuale, l’espressione 24/7 può essere concettualizzata come parola d’ordine, la cui efficacia consiste nell’incompatibilità o discrepanza che rivela tra il mondo della vita degli esseri umani e l’evocazione di un universo perennemente “on” e in cui la modalità “off” non è assolutamente prevista.
In questo scenario, la tecnologia diviene nemica poiché implementa un mondo de-individualizzato e perennemente produttivo. L’accrescimento di consumi tecnologici, in corso da almeno due o tre decenni, ha la finalità principale di condurre l’utente a svolgere in modo sempre più efficiente i propri compiti e la propria funzione nella quotidianità. Secondo Crary, c’è un equivoco sostanziale anche in molti di coloro che pensano possibile un altro mondo: che la giustizia economica, la riduzione dei cambiamenti climatici e l’uguaglianza nei rapporti sociali possano realizzarsi nello stesso mondo in cui continuano a esistere multinazionali come Google, Apple, General Electric. Se per il filosofo Bernard Stiegler è in corso una «sincronizzazione di massa» della coscienza e della memoria, Crary va oltre. Perché l’epoca iniziata negli anni Novanta non è post-industriale, ma iper-industriale, in cui le logiche della produzione di massa sono state affiancate da tecniche capaci di organizzare in modi del tutto nuove fabbricazione, distribuzione e soggettivizzazione su scala mondiale. 
Di fatto, avviene una colonizzazione sistemica dell’esperienza individuale. Così l’azione dell’industria farmaceutica, «con il sostegno delle neuroscienze» è un esempio di finanziarizzazione ed esternalizzazione della realtà un tempo nota come vita interiore poiché le emozioni sono trasformate in patologia, procedendo all’omogeneizzazione di esperienze un tempo separate. Quanto alla credenza che sia possibile sussistere in modo indipendente dalla catastrofe ambientale, non è che un’illusione che si accompagna alla fantasia di sopravvivenza individuale o di proprietà nel bel mezzo della distruzione della società civile e della cancellazione delle istituzioni che continuano a offrire una parvenza di protezione sociale o di solidarietà.

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