martedì 6 ottobre 2015

Le bombe americane sono sicuramente piu intelligenti dei loro laudatori italiani

Risultati immagini per bomba intelligentePer giustificare la NATO, hanno gia venduto la madre SGA

L’ironia cinica sulle bombe intelligenti
di Pierluigi Battista Corriere 5.10.15
In pochi minuti a Roma, il 19 luglio del 1943, caddero bombe «come neve» in piena estate, come canta Francesco De Gregori. A San Lorenzo soprattutto, ma anche al Prenestino e al Casilino, morirono circa 3 mila civili e i feriti furono quasi 11 mila. I bombardieri buttavano giù i loro ordigni per ottenere il massimo della potenza distruttiva, con la devastazione delle infrastrutture e con l’obiettivo di colpire duramente anche la popolazione civile. Chi sogghigna sarcastico sull’espressione «bombe intelligenti» dovrebbe ricredersi. Quelle che massacrarono Roma non erano «intelligenti»: lo fossero state, il numero di morti sarebbe stato di gran lunga inferiore. Volete sostenere che tre o tremila morti sono la stessa cosa? Anche una sola vita sacrificata è uno scandalo. E non c’è guerra che non sia schifosa. Ma lo schifo non è sempre uguale. Sarebbe bello se la guerra fosse abolita, ma finché non riusciremo ad abolirla la minimizzazione del danno è la benvenuta. Non è cinismo sostenerlo. È cinismo negarlo. Piangiamo le vittime delle scellerate bombe Nato che hanno distrutto per errore un ospedale in Afghanistan. Ma non dovremmo sghignazzare sulle «bombe intelligenti». Fossero state ancora più intelligenti, non sarebbe accaduto il disastro.
   La guerra è schifosa, sempre. È diventata ancora più schifosa quando, nella modernità, si è perduta qualunque distinzione tra «civile» e «militare». Un conto è morire da soldato in combattimento. Un altro è morire, bambini, sotto un bombardamento. Per fortuna la nostra solidarietà è cambiata, in meglio: oggi consideriamo intollerabile la morte di un bambino sotto le bombe. Ma per piegare Hitler, durante la Seconda guerra mondiale Winston Churchill decise di radere al suolo le città tedesche. Winfrien Sebald, nella sua meravigliosa Storia naturale della distruzione ha raccontato come Churchill si opponesse alla volontà dei genitori inglesi di colpire solo le infrastrutture tedesche: no, per piegare la resistenza nazista, bisognava fiaccarne il morale annientando Dresda e tutti quelli, vecchi e bambini compresi, che vi abitavano. Il numero delle vittime è ancor oggi incalcolabile. Immaginiamo la sorte di tanti bambini tedeschi sotto tonnellate e tonnellate di bombe «non intelligenti»? Sarebbe stato più «intelligente» non fare la guerra a Hitler? La guerra fa schifo. Sempre. Ma renderla un po’ meno schifosa, nell’attesa della sua abolizione, forse è l’unica cosa intelligente da fare.

«Non è stato un incidente»
La reazione di Gabriele Eminente, direttore generale di Msf Italiaintervista di Emanuele Giordana il manifesto 4.10.15
«Danni collaterali? Inaccettabile, semplicemente inaccettabile. Incidente? Non è stato un incidente: l’ospedale è stato colpito ripetutamente per più di un’ora». Non è una reazione rabbiosa quella di Gabriele Eminente, direttore generale di Msf Italia. Al telefono da Ferrara, dove partecipa con la sua organizzazione al Festival di Internazionale, risponde con una freddezza e un distacco che non lasciano spazio a commenti o arzigogoli.
Msf ha iniziato a lavorare in Afghanistan nel 1980 e lo fa a Kunduz, Kabul, Lashkar Gah, Khost; riceve esclusivamente fondi privati e non accetta finanziamenti dai governi.
Ci tiene ai principi «E c’è un principio umanitario chiarissimo e condiviso per cui non solo le strutture sanitarie non dovrebbero essere oggetto di attacco ma anzi andrebbero protette».
Anche se ci sono dei feriti dalla parte del torto?
Noi non facciamo distinzioni, non le abbiamo mai fatte. Chiunque ha bisogno di cure viene curato
L’ospedale adesso è distrutto.
E devo purtroppo confermare che, a ora (le 20 di ieri, ndr), ci sono 12 vittime tra il personale e 7 tra i pazienti, tra cui 3 bambini. I feriti sono 37, 19 dei quali fanno parte del nostro staff. 5 casi sono critici. Abbiamo dovuto trasferirli tutti a Pol-iCharki, a due ore di macchina da Kunduz.
Come spiega che l’errore di cui parla la Nato sia durato tanto.
Questo è davvero il punto che va assolutamente chiarito. E non si può parlare di «incidente»: tutti sapevano le nostre coordinate che erano state reiterate all’inizio della battaglia. L’ultima comunicazione è del 29 settembre. Questa per noi è una prassi: tutti devono sapere dove operiamo e cosa facciamo. Sia per potersi curare, sia perché – sapendo dove sono le nostre strutture – si eviti di colpirle. Tutti sapevano non solo dell’ospedale ma anche delle residenze, degli uffici e della nostra unità di stabilizzazione a Chardara (a nord di Kunduz, ndr).
Però i raid vi hanno colpito. E per oltre un’ora…
Purtroppo non è la prima volta che accade: è successo in Sud Sudan, Ucraina, Repubblica Centroafricana. Per questo comunichiamo sempre a a tutti la nostra posizione
L’ipotesi di un atto deliberato?
È quel che andrà chiarito nel dettaglio perché siamo stati colpiti più volte e per oltre mezz’ora dopo che avevamo avvisato l’autorità militare che eravamo stati bombardati a partire dalle 2 di venerdi notte. Gravissimo. Chiediamo un’indagine approfondita e trasparente proprio perché l’ospedale è stato colpito più volte, a differenza degli edifici vicini. L’aereo colpiva, spariva e ritornava a bombardare.
La Nato non vi ha fatto una comunicazione diretta? Si è limitata al comunicato dove si parla di errore e di danni collaterali?
Per quel che mi risulta non c’è stata nessuna comunicazione diretta che vada oltre quel comunicato.
L’ospedale era sovraffollato…
Dai 90 posti letto che abbiamo normalmente eravamo arrivati a 110, utilizzando corridoi e uffici. Al momento c’erano 105 pazienti e 80 membri dello staff.
Un rapporto di quasi uno a uno?
L’ospedale è una struttura chirurgico ortopedica specializzata: un centro complesso che si è trovato la settimana scorsa sotto forte pressione perché le altre strutture sanitarie cittadine sono collassate. È diventato l’unico punto di riferimento.
Quanta gente avete curato?
Da lunedì scorso quasi 400 persone. Vorrei sottolineare che tra questi c’erano anche molti bambini. Voglio dire che noi non facciamo distinzioni nelle cure, ma che è indubbio che la maggior parte dei nostri pazienti sono civili.
Abbiamo letto di 89 pazienti arrivati in gravi condizioni, 44 dei quali sono morti al loro arrivo.
La maggioranza dei pazienti aveva subito ferite da arma da fuoco: gravi lesioni addominali, degli arti, della testa. Poi bisogna mettere in conto la distanza: quando il conflitto è divampato è diventato difficile raggiungere l’ospedale se si proveniva da un’altra zona della città. Pazienti che avevano bisogno di cure immediate hanno magari dovuto aspettare ore prima di poter raggiungere la struttura. 

Nessun commento: