giovedì 29 ottobre 2015
Sinistra minea no grazie abbiamo già dato: bastonate gli dovevano dare, altro che processo
di Corradino Mineo il manifesto 29.10.15
Il rapporto con il gruppo del Pd si era logorato. Se rivedo il film degli
ultimi mesi, ho votato in dissenso su jobs act, scuola, Rai, Italicum e
legge costituzionale. Cosa che mi metteva un po’ in imbarazzo e capisco
che mettesse in imbarazzo anche chi aveva approvato quelle scelte
sbagliate. Inoltre la battaglia nel gruppo aveva perso appeal, aveva
minore agibilità dopo che la maggioranza della minoranza si era messa a
lavorare Renzi ai fianchi, per logoralo.
Ma senza contestarne la narrazione che è, secondo me, parte fondante
della sua politica. Io penso al contrario che solo una generosa
assunzione di responsabilità politica possa aiutare il paese, e quel che
resta della sinistra, a uscire dal cono d’ombra lo sta cacciando una
politica tanto pirotecnica quanto inconsistente.
Sono queste le ragioni politiche delle mie dimissioni dal gruppo. Poi
c’è la cronaca, il motore ultimo di una scelta. Quella provo a
raccontarla da cronista. Martedì 27, Luigi Zanda convoca i senatori in
assemblea, non si sa per discutere cosa. Il direttore del gruppo mi
chiama due volte: «Vieni?», «partecipo a tutte le riunioni», «Stavolta
Zanda ti vuole». Capisco.
Si aprono le danze. Il capogruppo loda i suoi senatori, «siete il
sostegno della legislatura — dice — e dunque della Repubblica». Loda
persino chi «gli ha fatto male» votando in dissenso sulla riforma
costituzionale, «ma almeno con loro ho parlato, con la Amati, con
Casson, ho parlato con Tocci». Solo Mineo è stato sleale: «Non è venuto
nella mia stanza a dirmi che avrebbe votato contro. E questo (severo!)
viola il nostro statuto».
Ma lo sapevano tutti, l’avevo detto nel gruppo, nei corridoi, ovunque.
Cosa non ho fatto? Ho omesso di baciare la pantofola del Presidente.
Subito si scatena il processo: durerà due ore e mezzo. Protagonisti, nel
ruolo della base indignata, senatori incravattati e senatrici
tiratissime.
«Mi ha fatto male vederlo inviare un tweet dopo che il governo era
andato sotto sul canone Rai». «Lo hanno applaudito i grillini! (Alzando
la voce)». «Raggiungiamo un compromesso sul senato, neppure siamo
contenti e lui viene in aula a demolirlo!». «Vuole farsi espellere
perché cerca visibilità». «Un partito non è un pollaio e Renzi ha
vinto».
Ci sono stati anche interventi di tenore diverso, pochi!. Tocci,
sull’assurdità di imporre una disciplina da centralismo democratico nel
partito in franchising di Matteo Renzi. Fornaro, che ha ricordato come
la narrazione renziana demonizzi la minoranza prima che la minoranza
parli o pensi. Lo Giudice, per il quale la libertà non può valere solo
quando conviene al vertice (come per le unioni civili).
Poi Zanda conclude pronunciando la parola «incompatibilità» (tra me e il
suo magnifico gruppo). E cala l’asso: li avrei definiti «servi», in
aula, quando avevo obiettato alla Finocchiaro che Ponzio Polito non era
stato affatto, come ella pretendeva, un politico incapace di decidere,
ma un servo ipocrita del suo padrone, l’imperatore, che condivideva le
ragioni del Sinedrio e voleva che si mandasse a morte Gesù. Se qualcuno
del gruppo si è sentito offeso — avevo scritto a suo tempo a Zanda dopo
aver subito una contestazione in aula ad opera di taluni del Pd– se
qualcuno s’è sentito offeso deve avere una gigantesca coda di paglia.
Zanda sapeva.
Nel partito della nazione convive tutto e il contrario di tutto, ma la
narrazione deve essere una sola, quella del segretario premier. Tutto
qui. Ora imbiancheranno i sepolcri dicendo che la mia uscita era
scritta, che l’assemblea non c’entra, che il partito di Renzi non
espelle. E questo è vero, non espelle, usa la sua macchina narrante per
far sì che i dissidenti si auto espellano, uno alla volta. Civati,
Fassina, Mineo. E domani, chi? Mentre gli iscritti e gli elettori se ne
vanno più numerosi. Ma che importa, basta vincere anche per un voto,
anche se al ballottaggio voterà meno della metà degli italiani.
L’importante è vincere, contro un avversario che si cerca di costruire
come perdente.
E ora? Gruppo misto, battaglia in senato dove la maggioranza balla e
ballerà ancora. Lavoro nelle città perché e con le persone, perché «c’è
vita a sinistra». A condizione di saper essere unitari e generosi. E di
rilanciare una battaglia culturale, dopo un quarto di secolo di
subalternità alla cultura della destra.
Mineo lascia il Pd “Ora sinistra unita e Renzi ballerà”
“Zanda ha riunito il gruppo contro di me. La minoranza lancia i sassi e ritira la mano”
“Non ho detto ‘serva del potere’ alla Finocchiaro, le ho parlato del servilismo di Pilato”
intervista di Tommaso Ciriaco Repubblica 29.10.15
«Vuole la verità? Andarsene era inevitabile. Io sono per il confronto
leale, aperto, franco. La minoranza del Pd ha scelto la linea di
lavorare ai fianchi Renzi. Legittimo, ma non è la mia. Se dissento da
qualcuno, in questo caso una persona molto valida come Matteo, glielo
dico in faccia. Non è che considero la riforma costituzionale un rischio
per la democrazia e poi avallo soluzioni ridicole... ». È come se
Corradino Mineo si sentisse liberato. Da Renzi, dal Pd e pure dalla
sinistra del partito. Continuerà a combattere il premier dal nuovo
scranno nel gruppo Misto.
Alla fine è andato via. Perché?
«Nei mesi scorsi ho votato molte volte in dissenso, dal Jobs act alla
scuola fino alle riforme. Segno di un disagio mio, ma anche del gruppo
verso di me. Come le spiegavo, la minoranza vuole colpire Renzi tirando
il sasso e ritirando la mano. Tutto questo riduce la mia agibilità
politica. Poi è arrivato l’incidente di martedì».
La riunione del gruppo del Senato, intende?
«Sì. Zanda mi imputa di non essere andato nella sua stanza per
comunicargli l’intenzione di non votare il ddl Boschi. Peccato che
l’avevo detto in tv, durante le riunioni e perfino scritto
pubblicamente. Niente, mancava il bacio della pantofola. E allora il
capogruppo convoca una riunione, tutta su di me. “Domine, non sum
dignus”. Non credevo ai miei occhi».
Pensa che cercassero solo la scusa?
«Certamente. Per questo vado via. È un gesto solitario, perché non
faccio correnti. Consideri che io dialogo più con i renziani che con
Gotor e Chiti. Ora comunque tolgo il disturbo, ma continuerò a dare
battaglia con chi sta fuori dal gruppo e tra la gente. Anche perché,
glielo giuro, ovunque nel Paese incontro un numero enorme di persone che
mi dice “fai bene, non mollare”. Non sarà consenso politico, altrimenti
ci sarebbe già un altro soggetto. Lo chiamerei consenso morale, verso
chi si oppone alla deriva plebiscitaria e personalistica in atto».
Sempre a Renzi, dunque?
«Sa qual è il dramma della riunione di ieri? Discutevano come se Renzi
non esistesse. La verità è che è Matteo che organizza risse da pollaio e
si scaglia mediaticamente contro le minoranze! Nel partito ci possono
stare dentro Verdini e Tocci, per lui conta solo che nessuno tocchi la
narrazione renziana. Io però sono giornalista e una narrazione
alternativa la facevo. E questo per Renzi era intollerabile».
Andrà con Civati o con Fassina e Vendola?
«Serve uno spirito unitario, generoso. Occorre una battaglia culturale ».
Insisto: con chi andrà?
«Sono nel Misto. Credo che la cosa giusta sia un patto di consultazione
tra le diverse forze. Possiamo dare battaglia a partire dalla
Finanziaria. Se ci uniamo, il Pd balla. Se invece seguiamo lo schema di
Renzi e ognuno resta da solo, allora stravince Matteo».
Ultima curiosità: ha detto alla Finocchiaro serva del potere?
«No. Ho detto, correggendola, che Pilato non era stato neutrale davanti
alla condanna di Gesù perché il suo padrone, l’imperatore, era dalla
parte del Sinedrio. E dunque quel lavarsi le mani era stato un atto di
servile ipocrisia».
Mineo lascia il Pd: “Deriva plebiscitaria”. D’Attorre: “In atto mutazione genetica”
Il senatore approda al gruppo misto e “chiama” Civati e Fassina
di Francesco Maesano La Stampa 29.10.15
Nel tramestio di palazzo Madama che si prepara alla sessione di
bilancio, il senatore Corradino Mineo ha deciso che col Pd può bastare.
Lascia il gruppo e si iscrive al misto dopo una riunione con i colleghi
per discutere l’organizzazione dei lavori sulla finanziaria.
Lui, che alla politica è arrivato dal giornalismo Rai, la spiega così:
«Ho provato fino all’ultimo a restare nel Pd ma non è stato possibile.
Dopo due ore e mezzo di dibattito, ridurre il dissenso a una questione
disciplinare è buffo e grottesco. Mi è stato contestato un tweet sulla
scuola o il fatto che il Movimento 5 Stelle abbia applaudito un mio
intervento». Gli altri, i colleghi senatori, la raccontano diversamente.
Tutto sarebbe partito dal capogruppo Zanda, che avrebbe mosso a Mineo
il seguente appunto: «Io te lo devo dire Corradino, comunicare il
proprio dissenso alla presidenza del gruppo prima che in aula o ai
giornali è una questione di stile. Come lo sarebbe evitare di utilizzare
argomentazioni insultanti per i compagni nel farlo». E li, raccontano i
parlamentari «apriti cielo».
Lui, che non rinnega le tante posizioni in contrasto con la linea del
partito, si prepara a un giro dell’Italia rossa: «Con i vari compagni
proverò a vedere se ci sono le forze necessarie per opporsi alla deriva
plebiscitaria imposta dal presidente del Consiglio e per costituire un
grande gruppo politico di sinistra. Mi rivolgo a Possibile di Civati
come a Sel e a Fassina: ci vuole un lavoro di ricucitura unitaria e
generosa. Incontro molte persone che mi chiedono di tenere duro per
contrastare la svolta a destra del presidente-segretario». In quel campo
il fermento dell’ultimo anno si sta addensando in strutture
parlamentari in via di definizione. «Hic manebimus optime. Beh, non
proprio optime», sibilava ieri Cuperlo, mentre Fassina, che è già fuori,
lavora alla costituzione di gruppi parlamentari. Se al Senato
permangono le posizioni critiche di Tocci, Tronti e Casson alla Camera
ci sarebbero altri nomi pronti a lasciare durante la sessione di
bilancio Galli, Dolino, Monaco e D’Attorre. Quest’ultimo ieri ha
smentito l’esodo di massa ma ha avvertito: «Non credo che ci sarà l’ora X
della scissione del Pd con uscite in blocco, ma se il Pd conferma
questa rotta di governo e la sua mutazione genetica, il processo di
distacco di parlamentari e militanti è destinato a intensificarsi nelle
prossime settimane e mesi».
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento