giovedì 29 ottobre 2015
La lotta di classe dei ricchi mette in conto anche lo sterminio degli anziani non abbienti
“Sempre più anziani malati. È colpa dei tagli alla Sanità”
Lo
studio: gli over 75 con problemi di salute aumentano dell’8% E il 32%
delle medicine innovative non arriva nelle farmacie italiane
di Paolo Russo La Stampa 29.10.15
Eccolo qui l’effetto tagli sulla nostra sanità: avevamo nonni tra i più
in salute d’Europa ed ora stiamo perdendo terreno; oltre il 30% dei
farmaci innovativi non arriva sui banchi delle farmacie; la spesa
privata per curarsi sale del 14% e 2,7milioni di italiani rinunciano a
visite e analisi; crescono le diseguaglianze da una regione all’altra
per l’accesso alle prestazioni; per vaccinare i nostri figli spendiamo
meno che nel resto dell’Unione europea.
Quanto siano state poco indolori gli ultimi anni di manovre sanitarie lo
dice l’undicesimo Rapporto del Crea sanità dell’Università Tor Vergata,
presentato ieri a Roma con il titolo non casuale «L’universalismo
diseguale».
Il gap con l’Europa
La nostra spesa è oramai inferiore del 28,7% a quella dei Paesi Ue. E
gli effetti iniziano a vedersi. Solo 10 anni fa i nostri
ultrasettantacinquenni con problemi di salute erano meno del 55%. Un
record europeo, visto che la media era quasi di 10 punti superiore. Ora
quella forbice si è ridotta a soli 4 punti con noi al 63%. «Il
peggioramento della performance italiana non è distribuito equamente»,
sottolinea il rapporto, che indica nella classe media quella più a
rischio di “razionamento” delle cure. Questo probabilmente perché i più
ricchi possono comunque ricorrere al privato, mentre i più poveri sono
almeno esenti dai super-ticket. I fenomeni di impoverimento per le spese
socio-sanitarie si sono ridotti (100mila famiglie in meno avrebbero
varcato la soglia di povertà), ma resta il fatto che 2,7 milioni di
italiani ha rinunciato a curarsi per motivi economici. La cura
dimagrante ha riguardato anche l’offerta dei farmaci. Il consumo di
quelli innovativi approvati dall’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, è
inferiore del 38,4% rispetto a quelli medi di Francia, Germania, Spagna e
Regno Unito. Siamo più bravi nel contrastare il fenomeno del consumismo
farmaceutico si dirà. Ma un’altra tabella del rapporto mostra il
contrario: dal 2009 al 2014 oltre il 32% dei medicinali approvati
dall’Ema non ha varcato i confini italici. Neanche in fatto di
vaccinazioni stiamo messi bene. Ci lamentiamo di avere indici di
copertura sotto la soglia di sicurezza del 95% ma poi per immunizzare i
nostri bimbi spendiamo appena 4,79 euro a testa contro i 10 della
Francia, gli 11,3 della Germania e i 19 della Svezia.
Lo stato di salute della nostra sanità varia però da regione a regione.
Tra differenti modi di applicare i ticket, maggiori o minori liste
d’attesa, mini prontuari farmaceutici regionali, l’indice di equità per
l’accesso alle prestazioni sanitarie stilato dal Crea mostra differenze
abissali. Fatto cento l’indice nazionale si va dalla maglia nera
Campania con indice 206 all’equo Trentino Alto Adige con indice 33. Ma
con l’aggiunta delle Marche tutte le regioni meridionali sono sotto la
media nazionale.
Cittadini penalizzati
Stesse iniquità si ritrovano sul piano fiscale, con i cittadini delle
regioni in piano di rientro dal deficit penalizzati dalle
super-addizionali Irap ed Irpef. Basti pensare che nel Lazio
l’addizionale della tassa sul reddito da lavoro è superiore dell’88% a
quella versata in Basilicata. Come si esce da questo impasse lo spiega
Federico Spandonaro, Presidente del Crea: «Occorre una moratoria che
mantenga invariata la spesa sul Pil. Con la certezza delle risorse
disponibili sarà poi possibile rivedere la lista delle priorità
d’intervento». Magari senza continuare a spacciare il razionamento delle
cure con il falso universalismo del tutto gratis a tutti.
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