domenica 11 ottobre 2015

Studi su Della Porta

P. Piccari, Giovan Battista Della Porta. Il filosofo, il retore, lo scienziato , Franco Angeli, Milano, pagg. 144, € 17.50.

Edizione nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta , a cura di R. Sirri, ESI, Napoli, 17 voll., € 575.50. In particolare per esempio il nono volume: De ea naturalis physiognomoniae parte quae ad manuum lineas spectat libri duo , e in appendice Chirofisonomia, a cura di O. Trabucco, ESI, Napoli, pagg. CII+166, € 22,00.

La “mirabile” natura. Magia e scienza in Giovan Battista della Porta , Convegno Internazionale Napoli-Vico Equense, 13-17 ottobre 2015

giovan battista della porta (1535-1615)

La natura di un «mago»
Un convegno celebra uno dei più enigmatici e intriganti pensatori del Rinascimento italiano quattro secoli dopo la sua scomparsa

Maria Bettetini Domenicale
«L’inventione dell’occhiale in quel tubo è stata mia inventione», non di quello studioso padovano, Galileo Galilei, che «l’have accomidato», l’ha fatto suo, e ne ha anche fatto buon uso, perché col cannocchiale «ha trovato quattro altri pianeti in cielo, e numero di migliaia di stelle fisse, et nel rivolo latteo altrettante non viste anchora, e gran cose nel globo della luna, ch’empiono il mondo di stupore». Se di furto si è trattato, di un felice furto, quello denunciato da Giovan Battista Della Porta. Il quale poi divenne amico di Galileo, fino a scherzare come tra bontemponi. Infatti nel 1614, pochi mesi prima di morire, si ingegnò a costruire «una nuova forma di telescopio», dall’effetto «centuplicato più del solito», tanto da dire al pisano: «se con ’l solito si vede fin nella ottava sfera, con questo si vedrà fin nell’empireo, e piacendo al Signore spiaremo i fatti di là su, e faremo un Nuncio Empireo». Che grande momento, per la cultura europea e in particolare italiana, questi decenni tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo. Anche solo considerando il soggetto di questo articolo e del convegno internazionale che annuncia, Giovan Battista Della Porta (Vico Equense 1535- Napoli 1615) potè incontrare e conversare con Tommaso Campanella, Paolo Sarpi, forse Giordano Bruno nel 1600 a Venezia, innumerevoli cardinali, sovrani, anche papi, fu amico di Federico Cesi, il fondatore dell’Accademia dei Lincei, di cui divenne nel 1610 il quinto socio, mentre Galileo nel 1611 fu il sesto. 

Della Porta viaggiò molto, ma riuscì anche a scrivere moltissimo, libero da altri impegni, per quanto ne sappiamo, sia famigliari che di insegnamento o segretariato, che invece erano sulle spalle di tanti suoi colleghi. Dichiarò di aver scritto a quindici anni la sua prima opera in quattro volumi, quel trattato sulla “magia naturale” (rivisto e pubblicato poi nel 1558), che segnò la sua vita e i suoi rapporti con l’Inquisizione, e per il quale è noto ai più. La magia naturale non è altro che il frutto della constatazione che molti eventi, fino allora creduti magici e soprannaturali, cominciavano a essere spiegati dalle scienze della natura. I secoli dell’alchimia stavano lasciando il posto a quella scienza che proprio Galileo, di una trentina d’anni più giovane, avrebbe sistematizzato. Questo non impedirà naturalmente che nei secoli successivi maghi e fattucchiere continuino a esercitare una professione ormai resa nulla, ma finché qualcuno crederà e pagherà per avere profezie e guarigioni, non si potranno evitare i millantatori, da Cagliostro alle sensitive delle reti televisive locali. 
L’Inquisizione però fu insospettita dal tema, quindi impose al Della Porta di lasciar perdere la magia e di studiare solo le scienze naturali. Il rapporto tra lo studioso e il Tribunale voluto dal dominio spagnolo fu continuo, ma non arrivò mai oltre ingiunzioni come la precedente, o proibizioni di pubblicare libri che più o meno il nostro osservò. Non gli toccarono torture come a Campanella, non fu ucciso come Giordano Bruno. La poliedricità dei suoi interessi e la velocità di scrittura giocarono probabilmente a suo favore, unite a un ascendenza nobile di famiglia e soprattutto a un’accorta arte della dissimulazione onesta, l’arte che in quegli anni si pratica in tutte le corti e i tribunali, descritta da Torquato Accetto in quei decenni. Si diceva scrittura veloce: la sua seconda opera è un trattato di crittografia, che però alcuni ritengono un poco copiato da un libro di dieci anni prima, scritto da Giovan Battista Bellaso, La cifra del Sig. Giovan Battista Belaso, gentil’huomo bresciano, nuovamente da lui medesimo ridotta à grandissima breuità & perfettione. Non ci possiamo tuttavia soffermare sulla paternità della cifra polialfabtica, perché dovremmo tralasciare gli altri campi d’indagine del Della Porta. Che ogni due o tre anni scrive un trattato: sull’arte del ricordare, sulla coltivazione delle mele e poi quella degli ulivi, sulla fisiognomica, sulla fitognomica (riconoscimento delle piante e del luogo in cui si sviluppano), e poi ottica, astronomia, arte militare, meteorologia, chimica. 
Oltre alle opere citate, la Magia Naturale e la Crittografia, quelle che maggiormente hanno avuto influenza sulla cultura europea sono i trattati di arte del ricordo e di fisiognomica, un’opera pubblicata postuma che dice molto del gusto per il divertimento senza argini intellettuali del periodo barocco. Si tratta del De ea naturalis physiognomoniae parte quae ad manuum lineas spectat libri duo, uno studio sulla fisiognomica delle mani. La pubblicazione postuma si deve alla possibile accusa di chiromanzia, naturalmente, anche se Della Porta prende le distanze dall’indovinare il passato e il futuro guardando le mani di qualcuno. La sua è una scienza che analizza i segni lasciati dal tempo e dalla vita. Per esercitarsi studia le mani dei giustiziati, che sono appesi ai ponti a monito dei passanti. Copia le linee delle mani e dei piedi di questi corpi in disfacimento, a volte ne prende dei calchi in gesso, per poterli studiare meglio. Ottiene il permesso per studiare anche le mani dei carcerati (vivi), convinto di trovarvi i segni della perdizione, scritti dalla stessa natura. Una lettura delle mani scientifica, dunque, senza pretese di divinazione. Per tutta la vita questa fu l’accusa pendente sul suo capo, dalla quale si difese affermando di saper predire molte cose, ma perché «diligentissimo osservatore» della natura. Non a torto lo si sarebbe potuto chiamare mago, «come sono chiamati magi quei saggi e santi Re che visitarono Nostro Signore», del tutto innocui e innocenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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