lunedì 19 ottobre 2015

Studio della storia e previsione storico-politica: Marc Ferro

couverture du livre : L'aveuglement - Une autre histoire de notre mondeMarc Ferro: L’aveuglement. Une autre histoire de notre monde, Tallandier


Risvolto

Pourquoi sommes-nous tellement aveugles devant la réalité ? La durée de la Grande Guerre, la montée du nazisme, l’extermination des juifs, Mai 68, la chute du communisme, l’attaque du 11 septembre 2001, les crises économiques ou la montée de l’islamisme radical : autant d’épisodes de notre siècle qui ont bouleversé l’ordre du monde et nous ont pris au dépourvu. À l’heure où l’on n’a jamais été autant informé, où les experts se bousculent, où les éléments d’analyse se multiplient, disponibles aujourd’hui quasiment en temps réel, l’implacable catalogue des situations que l’on n’a pas anticipées ne cesse de s’allonger. Moments critiques où pays entiers, dirigeants politiques ou simples citoyens, n’ont pas su, n’ont pas pu ou n’ont pas voulu après coup voir la réalité des faits. Tous ont été en proie à différentes formes d’aveuglement : manque de discernement ou de connaissances, déni, crédulité, poids des illusions ou des doctrines. Aveuglés aussi faute de courage devant les tragédies ou les convulsions en cours. Mais peut-on tout prévoir ? Face aux retournements de l’Histoire, est-il possible d’en imaginer l’issue, d’agir ou de les comprendre ? Avec rigueur et passion, le grand historien Marc Ferro explore ces questions, décrypte les causes des aveuglements de notre monde et repère la lucidité de quelques visionnaires. Entièrement inédite, son enquête éclaire notre réflexion et aide à plus de clairvoyance.


“È la cecità che muove la storia” 
Parla il contemporaneista francese Marc Ferro: dal nazismo all’Isis, gli errori dell’Occidente vittima dei suoi pregiudizi 

Leonardo Martinelli  Stampa 19 10 2015

L’Isis? Gli occidentali non l’hanno visto arrivare: una forma di cecità di fronte alla storia, anche la più recente. Perché già dalla rivoluzione iraniana era chiaro che l’integralismo islamico aveva un solo obiettivo: distruggere gli Stati-nazione per dominare il mondo». Parla dall’alto dei suoi 90 anni Marc Ferro, tra i maggiori storici francesi. Sommerso dai libri, nel suo piccolo studio. «C’è anche l’atlante storico che pretesi come regalo a nove anni, per aver superato un esame di nuoto. La storia è una vecchia passione». Grande specialista dell’Urss («Mai stato comunista, né anticomunista, ma sempre un uomo di sinistra»). Ancora oggi l’uscita di un suo libro è un evento a Parigi. L’ultimo si intitola L’aveuglement, pubblicato da Tallandier, sull’accecamento dei grandi dirigenti o di persone molto normali rispetto alla storia che stanno vivendo.
È l’ideologia che acceca?
«Non sempre: spesso è il razzismo a offuscare la mente. I francesi nelle loro colonie, fino all’ultimo, non potevano pensare che degli arabi, dei malgasci, dei vietnamiti sarebbero stati capaci di organizzare e strutturare una sollevazione politica. Solo per razzismo».
Ritorniamo all’Isis.
«La cecità rispetto all’integralismo islamico riposa su una concezione europea della storia. Ai tempi della rivoluzione iraniana l’islam si allea agli inizi con i partiti della sinistra. Nell’Occidente sono sicuri che poi si metterà da parte: si pensa che lo Stato si servirà della Chiesa, come è sempre accaduto, almeno in Europa. E invece avviene il contrario. È la prima volta che l’islam giudica che lo Stato-nazione è il nemico, che va distrutto».
Perché?
«Perché gli Stati-nazione dividono l’islam. Quei leader islamici riprendono il ragionamento dei socialisti secondo i quali gli Stati-nazione dividevano la classe operaia. Vari anni dopo sono andato a tenere una conferenza in un’università marocchina. Alla fine i docenti mi consegnarono un pacchetto: ecco un regalo per te, mi dissero. Ma avrei dovuto aprirlo solo al mio ritorno a Parigi».
Cosa era?
«Un libro, dal titolo islamizzare la modernità. Sulla copertina c’era un immenso grattacielo, composto di cifre, e in cima la bandiera dell’islam. Insomma, la dominazione del mondo. Era il 1997, quattro anni prima delle Torri gemelle».
InL’aveuglementlei cita anche i casi di normali cittadini piombati in mezzo alla storia con la S maiuscola. E che restano inesorabilmente ciechi. Un esempio?.
«Ho ritrovato la lettera di un medico delle SS, di quelli che facevano esperimenti sugli ebrei nei Lager. Alla moglie descrive il tran-tran quotidiano. Dice che fa il suo “lavoretto”. Non si rende conto che commette un crimine contro l’umanità. È accecato, ma lo fa con grazia».
Lei fu uno dei primi storici a capire che l’Urss sarebbe crollata.
«Ma il primo in assoluto che fece quella predizione e in modo matematico fu Emmanuel Todd. Era la metà degli Anni 70. Vide che la mortalità infantile cresceva nell’Urss, in controtendenza rispetto agli altri paesi industrializzati. Capì che il declino del colosso comunista era iniziato».
Chi tra i grandi statisti del ’900 non è rimasto cieco?
«Franklin D. Roosevelt è stato uno dei più lucidi. Prima della Seconda guerra mondiale volle aiutare gli ebrei, già nel mirino dei nazisti che però al momento si limitavano a spingerli con ogni mezzo fuori dalla Germania. I Lager allora non li immaginava nessuno. Roosevelt accolse tantissimi ebrei negli Stati Uniti. Organizzò alcuni vertici internazionali perché altri paesi facessero altrettanto. Ma nessuno li voleva. La lucidità di Roosevelt è stata tale che ha accecato pure gli altri».
In che senso?
«Un sondaggio alla fine del ’39 indicava che solo il 2% degli americani era favorevole a un intervento degli Usa accanto a inglesi e francesi. E il Congresso era isolazionista. Ma Roosevelt voleva aiutare le democrazie occidentali. Aveva già iniziato a parlare fin dal ’37 di una necessaria “quarantena” da imporre a certe nazioni, “perché siamo minacciati da una peste che è il nazismo”. Per lui le cose erano chiare. Cercò di convincere i suoi connazionali senza parlare esplicitamente di guerra: in un certo senso li accecò. Poi i giapponesi attaccarono per primi, ritenendo che gli americani mai e poi mai avrebbero partecipato a quel conflitto mondiale. Si fecero fuorviare dall’atteggiamento ambiguo di Roosevelt. Non solo, pensavano che negli Stati Uniti avrebbero guardato ai costi di un conflitto. E avrebbero rinunciato, perché consideravano quello americano un popolo troppo materialista, senza ideali. I giapponesi non capirono Roosevelt e quella realtà storica in movimento: ciechi pure loro».
Altri visionari?
«Curzio Malaparte viaggiò a Mosca nel 1928. Lo ricevette Olga Kameneva, la moglie di Kamenev e sorella di Trockij. Parlava come un disco rotto della loro rivoluzione fatta dalla classe operaia. Malaparte non si lasciò abbindolare. Vedeva bene i limiti del sistema».
Anche nella sua vita vissuta, lei si è ritrovato al centro di tristi momenti della grande storia. Sua madre fu deportata ad Auschwitz nel 1942 e non fece più ritorno. Si arruolò a vent’anni nella Resistenza nel 1944...
«... poi ho insegnato a Orano, in Algeria, dal 1948 al ’56, in quegli anni così difficili».
Si è ritrovato anche lei accecato dinanzi alla storia? Rispetto alla sorte di sua madre?
«Non ho immaginato un solo istante che non sarebbe ritornata. Nel maggio 1945, come molti altri, sono andato all’hotel Lutetia di Parigi, dove si attendevano i sopravvissuti. L’avevano fermata per strada in città, due anni prima, solo perché aveva la stella di David messa male sul vestito: solo per quello. Per me mamma doveva tornare a casa».

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