mercoledì 28 ottobre 2015

Tra Casarini e Laclau, per Podemos e i suoi estimatori italiani si prepara una bella botta


Le vite a izquierda dell’Europa. L’assalto di Podemos 

Sinistra. La predominanza della comunicazione e l’illusione della politica dal basso. Sull’ultimo numero di Micromega, Pablo Iglesias ne parla con il professore Fernando Vallespin 



Simone Pieranni  Manifesto 24.10.2015, 23:59 
Dice Pablo Igle­sias che la scin­tilla — per lui e per gli altri fon­da­tori di Pode­mos — si è accesa durante le mani­fe­sta­zioni degli Indi­gna­dos nel 2011. Ma quello che li colpì non furono tanto le migliaia di per­sone in piazza a rap­pre­sen­tare «la fru­stra­zione poli­tica delle nuove classi medie». O meglio non solo quello. L’idea di Pode­mos, infatti, nasce al pen­siero «dei milioni di tele­spet­ta­tori che segui­vano que­gli avve­ni­menti sugli schermi tele­vi­sivi». Con que­sta osser­va­zione, o intui­zione, Pode­mos sta­bi­li­sce un assunto chiave per la pro­pria sto­ria: «Lo sce­na­rio poli­tico più impor­tante è quello della comunicazione». 
Si potrà pure pen­sare e soste­nere che Pode­mos sia popu­li­sta, biz­zarro nella sua atten­zione alla comu­ni­ca­zione, irri­tante quando insi­ste sulla inu­ti­lità di una dif­fe­ren­zia­zione sta­tica tra destra e sini­stra. Ma in un dibat­tito sulla sini­stra euro­pea biso­gna pur tenere conto di due ele­menti che pro­ven­gono da quella espe­rienza: i suoi lea­der sono cre­sciuti poli­ti­ca­mente nel post 1989 e nella loro espe­rienza poli­tica hanno visto la sini­stra com­piere solo la para­bola della scon­fitta: «Dal momento della sua nascita — spiega Igle­sias — Pode­mos attacca la sini­stra, mette in evi­denza che la sini­stra non ha capito nulla».
In secondo luogo i teo­rici di Pode­mos si sono con­fron­tati fin da subito con un’apparente con­trad­di­zione nella volontà e nell’affermazione di voler gestire potere e con­flitto, governo e scon­tro sociale, com­pro­messi e improvvisazioni. 
Que­sti due ele­menti emer­gono in modo pre­ciso nella chiac­chie­rata tra Pablo Igle­sias, lea­der di Pode­mos e can­di­dato pre­mier in Spa­gna, e il pro­fes­sore Fer­nando Val­le­spin sull’ultimo numero di Micro­mega dedi­cato pro­prio all’«Europa in debito di sini­stra». Nel volume sono ospi­tati inter­venti di poli­tici e stu­diosi (Alain Tou­raine, Ada Colau, Ama­dor Fernandez-Savater tra gli altri) che pro­vano a inter­ro­garsi sull’entità della sini­stra in Europa, foca­liz­zan­dosi su alcuni punti, o meglio inter­ro­ga­tivi, piut­to­sto pre­cisi: è pos­si­bile con­si­de­rare l’Europa come il ter­reno comune di uno scon­tro poli­tico e delle lotte sociali, è pos­si­bile coniu­gare uno sforzo popo­lare ed egua­li­ta­rio in un sistema politico-economico che ha mostrato il suo volto più duro — e i limiti ogget­tivi di un governo di sini­stra in un ambiente poli­tico ostile — nella vicenda in cui è stata com­ple­ta­mente iso­lata la Gre­cia? Ma si tratta anche, e prin­ci­pal­mente, di capire — come stiamo facendo sulle pagine del mani­fe­sto — se «c’è vita a sini­stra» e come si intende e cosa può signi­fi­care una bat­ta­glia poli­tica di sini­stra all’interno dell’Europa. Secondo Flo­res d’Arcais, lo scrive nell’introduzione, è il tema dell’eguaglianza a costi­tuire un ele­mento di rifor­ma­zione di una sini­stra comune nel Vec­chio con­ti­nente. «Syriza, Pode­mos, Cor­byn, Sinn Féin, per taluni aspetti il Movi­mento 5 Stelle, vei­co­lano il ritorno dell’aspirazione all’eguaglianza». 
Si tratta di arti­co­lare e Igle­sias nella sua discus­sione con Vil­le­spein pone sul tavolo alcuni punti che costi­tui­scono al con­tempo una pre­ci­sa­zione sulle pro­prie moda­lità e idee, e moti­va­zioni e metodi che potreb­bero essere utili anche per altre for­ma­zioni poli­ti­che. Vil­le­spein a un certo punto dell’intervista, coglie una carat­te­ri­stica essen­ziale del movi­mento spa­gnolo: Igle­sias, e Pode­mos, sono «machia­vel­lici» nel loro agire e il lea­der della for­ma­zione poli­tica è inso­li­ta­mente sin­cero su Micro­mega quando mette bene in chiaro tre cose in par­ti­co­lare (che spe­ci­fica non direbbe mai a un gior­na­li­sta): l’importanza e la pre­do­mi­nanza della comu­ni­ca­zione sulla poli­tica, l’illusione della poli­tica del basso e dei pic­coli passi e la necessità-volontà di appa­rire post ideo­lo­gico (post 1989, tema ricor­rente).
Igle­sias spe­ci­fica infatti che Pode­mos ha pen­sato a un vero e pro­prio blitz, «un assalto a par­tire dalla nostra ipo­tesi secondo la quale ci volesse innan­zi­tutto una lea­der­ship» poli­ti­ciz­zando dall’alto un movi­mento sociale già in atto. I motivi di que­sto «posi­zio­na­mento» di Pode­mos non sono casuali, anzi, sono il frutto di un ragio­na­mento a tavo­lino di quelli che Igle­sias defi­ni­sce «poli­to­logi fru­strati, pro­ve­nienti dalla sini­stra che mesco­lano le loro aspi­ra­zioni di mili­tanti di sini­stra con le pro­prie cono­scenze teo­ri­che che li por­tano a un pes­si­mi­smo dell’intelligenza». Così come sono il risul­tato sto­rico del par­ti­co­lare pro­cesso demo­cra­tico spa­gnolo, dove — ad esem­pio al con­tra­rio della Gre­cia — «non c’è modo che l’elemento nazio­nale si tra­sformi in un signi­fi­cante unico di riven­di­ca­zione, non esi­ste qual­cosa come una sot­to­cul­tura di valori, non c’è niente». 
C’è poi un altro ele­mento par­ti­co­lar­mente intri­gante: Igle­sias, come Flo­res d’Arcais, cita più volte il M5S, come espres­sione poli­tica capace di fare più o meno quanto ha fatto Pode­mos in Spa­gna. Con alcune dif­fe­renze che forse Igle­sias non sot­to­li­nea a suf­fi­cienza (aprendo a pos­si­bili col­la­bo­ra­zioni). Il pro­cesso dall’alto, di cui parla Pode­mos, nel caso dei 5 Stelle non è arri­vato da un nucleo di per­sone di «sini­stra» (vedi gli sci­vo­loni ricor­renti sul tema dell’immigrazione) e anzi può essere visto come un argine «gen­ti­sta» a movi­menti più radi­cati a sini­stra; inol­tre men­tre quello dei 5 Stelle è un movi­mento (ancora) con due padroni che pos­seg­gono pro­prietà (sim­bolo e sito del par­tito ad esem­pio), Pode­mos è un par­tito con una lea­der­ship forte, ma non pro­prie­ta­ria del movi­mento.
Nel numero di Micro­mega si trova anche un’intervista a Mar­tina Ander­son, «tre­dici anni tra­scorsi in car­cere dopo la con­danna per ‘cospi­ra­zione armata’», che a Gia­como Russo Spena spiega le ragioni dell’inaspettato suc­cesso del Sinn Féin, che oggi si appre­sta a diven­tare un par­tito di note­vole impor­tanza anche nell’Eire. La par­la­men­tare euro­pea spiega la natura del par­tito e non si può non notare una dif­fe­renza imme­diata pro­prio con Pode­mos, quando Ander­son spiega che «i nostri mili­tanti sono impe­gnati sul ter­ri­to­rio, siamo tra la gente e costruiamo quo­ti­dia­na­mente pra­ti­che di mutua­li­smo e soli­da­rietà dal basso». Due modi di inten­dere l’occupazione dello spa­zio poli­tico, ma entrambi con­cen­trati sulla volontà di governo.

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