Il Pd stregato dal “riformismo radicale” del Papa
Un seminario sulla “svolta” del pontefice fa il pienone: da Bersani a Cuperlo tutti alla ricerca dei valoridi Giovanna Casadio Repubblica 13.11.15
ROMA «Francesco è il Papa dello “svoltone” e io sono per prendermi a gratis delle consulenze da questa Chiesa». Pier Luigi Bersani entra nel vivo del rapporto tra il Pd e il Pontefice. Ma prima di lui lo fa anche Graziano Delrio. L’ex segretario e il ministro, il laico e il dossettiano prendono la parola mercoledì sera nella Sala Berlinguer di Montecitorio dove Gianni Cuperlo, il leader della Sinistra dem, ha organizzato un seminario con lo storico Alberto Melloni e con Lucio Caracciolo, il direttore di Limes. Alla spicciolata e a sorpresa arriva tutto il partito, senza distinzione di corrente. La saletta si riempie, Ettore Rosato il capogruppo dei deputati, è in prima fila, invita a sospendere qualche minuto per tornare a votare in aula e poi tutti di nuovo su, ad ascoltare, a discutere del centrosinistra, dei valori perduti e del Papa.
Bersani e Delrio sono d’accordo su un punto: Bergoglio ha un radar sulla modernità, noi no. «Siamo tutti una curia, e non c’è radar neppure qua, ci accorgiamo delle cose solo quando le periferie esplodono, ma la gente periferica sta crescendo a dismisura. Se apprendiamo le cose dai giornali, allora è troppo tardi… le cose accadono dove noi non andiamo più», bacchetta Bersani. Gli fa eco Delrio: «Se i marginali non sono più marginali, ma esclusi, persi dall’orizzonte, allora la scommessa è fallita».
Serata anomala per il Pd. Una di quelle per dibattere delle “ricadute politiche” della Chiesa di Bergoglio. Introduce Cuperlo. Il ministro Guardasigilli, Andrea Orlando si siede un po’ indietro. Bersani è in prima fila. Delrio sui gradini. «Vuoi imitare Francesco? » lo prende in giro Teresa Piccione. Corradino Mineo, il fuoriuscito, in disparte compulsa l’i-phone. Stefano Fassina, altro ex dem che ora minaccia di appoggiare con Sinistra Italiana i candidati dei 5Stelle alle amministrative, non c’è. Avrebbe voluto, dice che gli dispiace. Ma è alla riunione del nuovo gruppo. Sandra Zampa, ex civatiana, e Matteo Richetti, renziano, vanno via per ultimi.
Melloni ricorda i tabù rotti dal Papa, la durezza verso la Curia, Vatileaks: «Questi ultimi fatti sono la reazione alla cura, all’acqua ossigenata del Papa… radicale è il cambio di passo di Bergoglio». E Bersani riprende il concetto: «Il riformismo radicale di Francesco ci chiama in causa…». Lo hanno già compreso in giro nel partito, almeno in quel che resta dei circoli dem. Su Facebook circola persino una pagina “«Francesco segretario del Pd”.
Battutacce a parte, il «Papa delle demistificazioni », come lo definisce Caracciolo, piace molto al Pd. «Avete ascoltato cosa ha detto a Firenze? – esordisce Delrio – A chi gli chiede cosa faremo, lui risponde che decideranno il popolo e i pastori, ovvero responsabilizza. Invita al discernimento. Questo è un fatto eminentemente politico. Come la convivialità. La sobrietà. Anche nelle comunità politiche dovrebbero avere cittadinanza». Vero è che non si parla di Pd, ma qualche stoccata sempre scappa. Concetto di comunità su cui si è soffermato anche Bersani: «Cominciamo a rassegnarci all’idea di guardarci dal di fuori». In platea qualche battuta su De Luca, sulla legge di stabilità. Mormorii. Ma quando si parla del rapporto tra il Papa e Marino, Bersani esplode: «Cosa volete che gliene freghi a Papa Francesco del Campidoglio! ».
Torna la coalizione sociale di Maurizio Landini
Con la Fiom di Landini sabato 21 novembre contro la legge di stabilità e a sostegno della vertenza del contratto dei metalmeccanici. L’opposizione al Jobs Act, Sblocca Italia, «Buona scuola», a difesa della Costituzione, per investimenti pubblici e un altro sviluppodi Ro. Ci. il manifesto 12.11.15
La «coalizione sociale» esiste e, dopo un periodo di silenzio, torna in piazza con la Fiom di Landini a Roma il prossimo 21 novembre. Lo si apprende da un post di martedì scorso sulla pagina facebook della «coalizione sociale» (21.680 «like»), rilanciato ieri da un’agenzia Adn Kronos. Il sito della rete di associazioni e movimenti ancora ieri sera era fermo all’assemblea nazionale del 13 settembre scorso al Teatro Ambra Jovinelli di Roma, il suo penultimo atto pubblico. L’ultimo è stato il 17 ottobre scorso, sempre al teatro Jovinelli, in occasione della giornata mondiale contro la povertà in una manifestazione indetta da Libera contro le Mafie.
Doveva essere l’occasione di una manifestazione nazionale contro la povertà e per il reddito minimo, annunciata nel corso delle assemblee, poi su facebook e in Tv. C’è stata invece un’assemblea dove singoli, gruppi, componenti hanno esposto le ragioni della lotta contro le povertà, la necessità di un reddito «di dignità» cioè un reddito minimo diverso dal sussidio contro le povertà assolute che sarà adottato. In quella sede, come riportato da Il Manifesto, sono state precisate le ragioni dell’opposizione alla legge di stabilità del governo Renzi. Non è stata invece fornita una motivazione di questo cambio di agenda, almeno ufficialmente.
La manifestazione di sabato 21 sarà presentata ufficialmente oggi nella sede Fiom nazionale a Roma dove Landini illustrerà le ragioni contro la legge di stabilità e a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici. Il documento che ha indetto la manifestazione si spiega che la protesta è contro «il Jobs Act che ha reso più facili i licenziamenti», lo Sblocca italia, la «Buona Scuola», la «politica della diseguaglianza» e si chiede «investimenti pubblici e privati e nuova occupazione stabile», un «contratto nazionale per tutti», «ridurre le tasse al lavoro, combattere l’evasione fiscale e la corruzione», «cancellare il pareggio di bilancio imposto dalle politiche di austerità» «affermare e realizzare i princìpi della nostra Costituzione». Il corteo dovrebbe essere l’occasione di una prima prova in piazza del gruppo parlamentare «Sinistra italiana». Nello stesso giorno, a Napoli, il movimento «Possibile» di Pippo Civati terrà un’assemblea.
Per la coalizione sociale si prevede un appuntamento intermedio a Milano lunedì 16 novembre. All’incontro «Le nostre vite valgono più dei loro profitti» all’auditorium Stefano Cerri (via Valvassori Peroni 56, ore 20,30) parteciperanno Giuseppe De Marzo (Campagna «Miseria ladra»), Andrea Di Stefano (direttore della rivista «Valori»), Don Massimo Mapelli della Caritas Ambrosiana, Moni Ovadia, gli attivisti della fabbrica recuperata Rimaflow a Trezzano sul Naviglio e Maurizio Landini.
Dal documento su facebook emerge l’intenzione di riprendere un bandolo di una vicenda interrotta a partire dall’opposizione alla legge di stabilità. La manovra economica del governo non dà risposte ai bisogni e alle necessità più urgenti del Paese e si esprime «in piena continuità con i provvedimenti precedenti: dal Jobs Act, allo Sblocca Italia, alla Buona Scuola, alla privatizzazione dei beni comuni e alle riforme costituzionali».
«Nel frattempo le condizioni generali del paese continuano a peggiorare, le disuguaglianze sono cresciute ulteriormente e il divario tra nord e sud sembra sempre più incolmabile. La crisi democratica del paese è ogni giorno più evidente. Si attaccano il diritto allo sciopero, allo studio, alla salute, si riducono le tutele del patrimonio ambientale del Paese, si alimenta un nuovo ciclo di privatizzazioni dei beni comuni e dei servizi pubblici». «Saremo in piazza per far sentire le nostre voci, convinti che coalizzandoci, praticando democrazia dal basso come facciamo ogni giorno nei territori e nelle vertenze in cui siamo impegnati, difendendo e attuando i principi costituzionali che orientano la politica verso la legalità, la solidarietà, la dignità, l’equità, la libertà, il lavoro e la cultura, la pace; facendo convergere le lotte di chi si batte per cambiare le cose, potremo dare forza alla domanda di giustizia, di lavoro di qualità, di diritti, di conoscenza, di reddito, di democrazia che appartiene alla maggioranza del paese per cambiarlo in favore di tutti».
È finita l’apnea, la sinistra torna a respirare
di Massimo Villone il manifesto 12.11.15
È stata un’operazione di palazzo? La platea del Quirino, gremita e partecipe, ci dice di no. E del resto oggi il palazzo si manifesta con tweet e battute, o magari insulti televisivi. Ma dobbiamo ricordare che è facile entusiasmarsi per una buona assemblea.
Decisivo è il dopo.
La fase costituente che si avvia — se vera, e non di facciata — può avere un obiettivo ambizioso. Che non è tanto o solo quello di togliere con maggiore efficacia il velo alla pubblicità ingannevole del governo nel confronto parlamentare.
Molto di più conta la possibilità di orientare il sistema politico, oggi sostanzialmente organizzato su tre poli, verso un modello quadripolare.
Un obiettivo minore? Niente affatto. È anzitutto l’unico obiettivo realistico, perché è quello oggi e nel futuro prossimo consentito dalle condizioni del political market. Ma ancor più il successo di Sinistra Italiana e il suo consolidarsi avrebbero l’effetto — di assoluto rilievo – di chiudere definitivamente la strada al partito della nazione. E al disegno renziano di far regredire il paese portando il Pd a essere la Dc del nuovo millennio.
Per quelli di memoria corta, ricordiamo che la Dc ha mantenuto per decenni la sua egemonia avendo a destra e a sinistra partitini satelliti cui elargiva di volta in volta briciole di potere. Con i dovuti aggiornamenti, è il disegno di Renzi.
Che può essere battuto da una sinistra non ristretta a numeri di mera sopravvivenza, fortemente radicata, di governo ma non subalterna. Rompendo, nel fare questo, la mistica della “ditta” che ha consegnato agli scaffali polverosi della storia il gruppo dirigente del fu più grande partito della sinistra.
Si può fare. L’esito è reso possibile dalla politica di Renzi, che ha rotto con le radici storiche del suo partito, e lo ha spostato irreversibilmente verso politiche centriste, e spesso regressive. Anche le mosse con cui oggi cerca di evitare erosioni di consenso per lui pericolose – come le imposte sulla casa — non sono certo di sinistra.
E le cose già fatte – riforme istituzionali, Jobs Act, scuola – comunque danno al renzismo una identità lontana dalla sinistra e con essa incompatibile. E che proprio le riforme sono tese a rendere permanente.
Comunque, un percorso non facile. Un primo nucleo di programma e progetto politico esiste già, e bisogna completarlo e perfezionarlo. Ma da solo certo non basta.
È indispensabile costruire nei tempi più brevi un radicamento territoriale. Qui l’occasione è data dal dissolvimento della struttura organizzata Pd in gran parte del paese.
Uno spazio c’è, e va occupato. È il modo migliore per dare il messaggio di una politica nuova, e contrastare l’accusa che pezzi di vecchia politica cercano solo di non affondare. Per questo saranno decisive le prossime elezioni amministrative.
È giusta la scelta di essere in campo, e va condivisa anche la posizione favorevole all’eventuale appoggio ai candidati M5S. Non si fa politica con un braccio legato dietro la schiena. Né deve far velo la dichiarata disattenzione di M5S, che evidentemente non ha alcun interesse a favorire la crescita di un nuovo polo nel sistema politico.
La sinistra che nasce dovrà sgomitare parecchio per riguadagnare lo spazio che la sinistra di prima ha perduto, per debolezza culturale, ignavia, motivi futili o anche abietti.
Ma soprattutto fare politica a tutto campo è l’unico modo di provare che la “ditta” non è più un richiamo irresistibile. E che nemmeno le poltrone nel governo locale offrono un analogo richiamo.
Vanno capite le difficoltà di Sel, parte della maggioranza per molti esecutivi locali. Ma, in termini generali, la nascita di Sinistra Italiana pone Sel davanti alla scelta se rimanere un partitino satellite da pochi punti percentuali, o essere il nucleo fondativo di un esperimento politico che può incidere sul futuro del paese. Se dovesse su tutto vincere il solo istinto di sopravvivenza individuale, ne verrebbe la prova che anche questo pezzo di una fu grande sinistra non è all’altezza del compito.
La posta in gioco si capisce meglio considerando che siamo all’avvio di una stagione referendaria di attacco alle politiche di Renzi. Una stagione da cui uscirà l’Italia di domani, quale che sia. Messa la mordacchia al parlamento, dissolti i partiti, marginalizzati i sindacati, lo strumento referendario è il solo disponibile per riportare nelle nostre mani le scelte che incidono sulla vita di ognuno, sui diritti, sulle speranze. Il solo che possa contrastare le pulsioni autocratiche del governo in carica. Su questo Sinistra Italiana si dovrà misurare.
Le amministrative saranno la prova generale di una presenza sul territorio che potrà mostrarsi essenziale per il referendum NoTriv, quello sulla riforma costituzionale, la raccolta delle firme per i referendum abrogativi possibili nel 2017 su Italicum, scuola, Jobs Act.
Un anno e mezzo per costruire una politica nuova e una sinistra degna di questo nome, abbastanza forte da superare le forche caudine di soglie e premi di maggioranza.
Un tempo breve, che non ammette ritardi.
Molti di noi hanno vissuto con sofferenza, talvolta con disgusto e rabbia, le vicende politiche degli ultimi anni.
Siamo rimasti sommersi, in apnea. Vogliamo respirare.
Palazzo Chigi misurala distanza tra il Pde il Movimento di Grillo
Sondaggi migliori di quelli proposti da Ballaròdi Carlo Bertini La Stampa 12.11.15
È vero che mancano otto mesi alle comunali, ma che il clima sia già caldo ben prima della primavera lo dimostra una sorta di competition che il governo sottotraccia ingaggia su un tema sensibile come la fotografia del consenso che esce dai sondaggi: comparando quelli di alcuni talk show, ultimo quello di Ballarò, con i dati delle rilevazioni riservate che arrivano periodicamente su tablet e cellulari del premier e dei vertici Pd. Da questa disputa ad uso mediatico - i sondaggi in mano al governo sono più positivi, pur dentro una forbice fisiologica del 3% - emerge però un primo dato politico evidente: e cioè che l’unico vero competitor preso in considerazione come avversario da battere sul campo è Grillo con i 5stelle. Perché i dati fatti filtrare indicano solo due forze a confronto sul ring della politica: sondaggio di Ballarò, Pd al 31,5% (+0,3), M5S 26,5 (-0,5%); sondaggio riservato di Palazzo Chigi della Doxa: Pd al 34,4% (+0,2) e M5S 25,7 (-0,1); simile l’altro sondaggio riservato di Swg: Pd al 34,3 e M5S al 25,5% (-1,3). Questo per rimarcare che la vulgata di un M5S in continua ascesa non risulta, anzi c’è chi li dà in flessione. E che il partito del premier è più in salute di quanto sembri. Quelli che per Renzi tengono sotto controllo i vari rilevamenti notano che c’è una tendenza alla bipolarizzazione del consenso tra Pd e i grillini, che questo trend poi possa riversarsi realmente nelle urne nazionali è tutto da vedere; e ancor di più alle comunali dipenderà da candidati, coalizioni, alleanze e quant altro.
Il secondo dato politico è che si registra - lo rimarcano gli strateghi del premier - «una costante ripresa di Renzi e del Pd», dovuta principalmente, a loro dire, al fatto che la gente comincia a intravedere i risultati su lavoro e crescita, dovuti alle misure di governo già realizzate. Insomma, «noi abbiamo una percezione diversa, siamo tranquilli perché abbiamo dati buoni, registriamo una netta e costante ripresa di Renzi e del Pd dopo l’estate». Ma cosa succederà in questo panorama nazionale quando verranno testati i consensi della Sinistra italiana di nuovo conio è da vedere, bisognerà aspettare una decina di giorni, anche se a Palazzo Chigi non sono preoccupati. «Non è di sinistra fare convegni e piccoli partiti che non vinceranno mai», è l’ultima stoccata del premier contro i compagni fuoriusciti dal Pd. Che potranno però dare grattacapi alle comunali in quelle realtà dove il loro apporto può esser determinante, per evitare o per vincere i ballottaggi. Una di queste è Torino: a metà ottobre i sondaggi riservati circolati nel Pd piemontese davano a Fassino una possibilità di vittoria al primo turno al 51% solo se accanto all’apporto di quel 9 per cento della lista dei Moderati di Portas, vi fosse pure quello di una sinistra vicina a Sel. Ora che è scoppiata la guerra a sinistra le carte si scompagineranno, «se si andrà al ballottaggio non bisogna avvelenare i pozzi, va evitato un clima di scontro», suggerisce Portas, che di sondaggi se ne intende. Stesso consiglio che con altre parole formula uno dei big del Pd, il milanese Emanuele Fiano. «È importante fare squadra per tornare a vincere come centrosinistra a Milano». Tradotto, nella città dove invece lo scontro sarà con il centrodestra, ora testa a testa nei sondaggi, potrebbe fare la differenza la variabile di un appoggio di Pisapia e dei mondi più di sinistra al candidato che dovrà passare per la via crucis delle primarie, cioè Sala: che potrebbe però pure attirare pezzi dell’elettorato di centro.
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